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FOTO Messa in Coena Domini, Vescovo Bresciani: “Lasciamo che Gesù ci lavi da ogni spirito di superbia, egoismo e vendetta”

DIOCESI – Giovedì 14 aprile alle ore 21, presso Cattedrale S. Maria della Marina di San Benedetto del Tronto, si è tenuta la Santa Messa in Coena Domini presieduta dal Vescovo Carlo Bresciani.

Durante l’Omelia il Vescovo Bresciani ha detto: “Siamo entrati del triduo santo, centro della liturgia e della vita cristiana. Ci siamo entrati facendo memoria dell’ultima cena di Gesù con i suoi discepoli. Tra poco ripeteremo il gesto molto significativo della lavanda dei piedi, gesto con il quale Gesù ha voluto comunicare ai suoi apostoli, e a tutti noi, un atteggiamento fondamentale della vita cristiana: la carità fraterna. Essa parte da piccoli gesti con i quali ci aiutiamo gli uni gli altri, senza sentirci umiliati se ci si deve abbassare, per un aiuto, anche a gesti molto umili. Il gesto di Gesù che lava i piedi ai suoi apostoli è semplice e umile, ma molto significativo. Gesto estremamente importante, se lo portiamo dentro la nostra vita e dentro le relazioni nelle quali siamo immersi con la nostra vita quotidiana.

Nella lavanda dei piedi, che Gesù compie per i suoi discepoli, ci viene raccontato per nostro ammaestramento della resistenza di Pietro. Egli non è immediatamente disposto a lasciar fare a Gesù. Forse la sua resistenza è dovuta al fatto che pensava che tale gesto fosse troppo umiliante per Gesù, il Maestro, non tanto perché ritenesse di non averne bisogno. Non si trattava forse del rifiuto del gesto in sé, ma che tale gesto venisse fatto da Gesù. Un rifiuto che forse voleva essere manifestazione di amore e senso di rispetto del Maestro. Sappiamo che Pietro aveva un carattere irruente, e talora un po’ impulsivo, ma molto generoso. Sappiamo che amava veramente Gesù, al punto da dichiarare che sarebbe stato pronto anche a morire per lui. Ma di fatto resiste al proposito di Gesù di lavare i piedi anche a lui. Probabilmente non ne capisce il grande significato simbolico. Solo per insistenza di Gesù, alla fine, accetta. Vorrei fermare la mia e la vostra meditazione su questo rifiuto di Pietro. È vero che il gesto della lavanda dei piedi invita il cristiano (non solo il cristiano, ma l’essere umano in quanto tale) a prestare agli altri i servizi di cui hanno bisogno. Questo viene solitamente richiamato e giustamente sottolineato. Ma qui, ciò che viene chiesto da Gesù a Pietro è: “lasciati lavare i piedi da me”; non è: “lasciati lavare i piedi da altri”; oppure: “lava i piedi ad altri”. A Pietro è chiesto di lasciarsi lavare i piedi da Gesù, quindi di accettare qualcosa che viene fatto o offerto a lui da Gesù; non gli viene chiesto di fare qualcosa lui per gli altri. Si tratta, quindi, di riconoscere di aver bisogno che ci sia qualcuno, Gesù, che fa qualcosa per lui e di saperlo accettare. Avrebbe potuto dire: lo posso fare da solo, ne sono capace, non c’è affatto bisogno di te per questo. I piedi sì, avrebbe potuto lavarseli da solo o farseli lavare da altri, ma in tal modo, però, non avrebbe accettato il gesto di amore che Gesù voleva in tal modo donargli.

Pietro deve capire che amare non è solo fare, ma anche accettare i gesti di amore che altri, in questo caso Gesù, hanno verso di lui. In altre parole, deve imparare a lasciarsi amare. Altro è dare o pretendere gesti di amore, altro è accettarli e non rifiutarli: sia nella pretesa, sia nel rifiuto può nascondersi la superbia di colui che è chiuso su se stesso e si rifiuta alla corretta relazione con l’altra persona. È vero che c’è più gioia nel dare che nel ricevere (At 20, 35), ma in alcuni casi è vero anche che si dà più gioia all’altro nel ricevere da lui che nel dare qualcosa a lui. Infatti, nella lavanda dei piedi Gesù chiede ai suoi apostoli di lasciarsi lavare i piedi e rimprovera Pietro, perché non vuole lasciarseli lavare. Chiede a Pietro di riconoscere che ha bisogno di ricevere da Gesù, di non chiudersi nella sua presupposta capacità di autonomia, illudendosi di non aver bisogno di Gesù e dei suoi gesti di amore. Pensava di essere pronto a tutto, anche a dare la vita per Gesù, ma deve constatare che porta in sé una debolezza insospettata, debolezza che lo porta ad addormentarsi invece che saper vegliare come Gesù più tardi nell’orto degli ulivi gli chiede; deve costatare di aver addirittura paura ad ammettere di conoscerlo quando gli viene chiesto nella casa di Caifa. Altro che non avere bisogno di lasciarsi lavare i piedi: ha bisogno di accettare un amore che gli lava le debolezze e il peccato del rinnegamento. Qualcosa di molto più grande della pulizia dei piedi.

Vedo in Pietro la debolezza che ci affligge tutti in modo particolare in questo tempo in cui un po’ tutti siamo tentati di pensare di non aver bisogno di Gesù, di non avere bisogno del suo amore e della lavanda del suo perdono. Ci sentiamo così sicuri di noi stessi che non solo non chiediamo il suo aiuto, ma lo rifiutiamo: rifiutiamo il dono di Gesù. Pensiamo che il nostro mondo, la nostra vita possiamo costruircela da soli; riteniamo di non avere più bisogno di lui e del suo perdono. Siamo anche noi degli illusi come Pietro. Illusi nella nostra superba autonomia, per poi scoprirci incapaci di amare, scoperti disarmati spiritualmente e moralmente di fronte a una pandemia (certamente grave) o a venti di guerra che soffiano violenti sopra le nostre teste. Come Pietro anche noi dobbiamo lasciarci guidare da Gesù, dalla sua parola e imparare sempre di nuovo ad accettare il suo aiuto nella nostra vita. Dobbiamo imparare a lasciarci lavare i piedi da lui, non solo i piedi, ma anche la mente che deve essere purificata da false ideologie che corrompono l’umano, intaccano le relazioni e tante ferite introducono nella nostra vita e in quella degli altri. Quanta debolezza c’è nella nostra fede che ci porta ad addormentarci di fronte ai pericoli che corre, invece che essere desti nella preghiera. Quanta debolezza che ci porta a nasconderci come Pietro per paura ha fatto nel palazzo del sommo sacerdote (cfr Gv 18, 15-18). Quanta sporcizia deve essere lavata via da quella supposta modernità che parla molto di amore e invece che promuovere l’umano, lo debilita e lo umilia rendendolo solo produttore e consumatore prima ancora che di beni della propria dignità umana e di figlio di Dio.

Carissimi, lasciamoci lavare da Gesù. Lasciamo che sia lui a togliere i virus che minacciano la nostra fede e la nostra umanità e non solo il nostro corpo e la nostra salute fisica. Riconosciamo che abbiamo bisogno di essere lavati da quei virus che minacciano le nostre famiglie disgregandole con enormi sofferenze di tutti, non ultimo dei figli. Lasciamo che Gesù ci lavi da ogni spirito di superbia, di rivalità, di egoismo e di vendetta così che emerga uno spirito di perdono e di carità fraterna. Abbiamo tutti bisogno di questa salutare lavanda per entrare in quella vita nuova, quella pasquale. È la vera vita che Gesù ci vuole donare, come l’ha donata agli apostoli dopo aver lavato loro non solo i piedi, ma la loro vita attraverso la sua morte e resurrezione. Se lo faremo, anche noi gusteremo il dono del suo amore e della sua vita divina, ne faremo una esperienza viva e saremo giunti a Pasqua”.

Al termine dell’omelia si è tenuto il rito della lavanda dei piedi.

Al termine della liturgia eucaristica, il Santissimo Sacramento è stato riposto nell’altare del Sacro Cuore, dove i fedeli hanno potuto adorarlo. Come previsto dalla liturgia del Giovedì Santo, l’altare è stato spogliato.