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FOTO Messa crismale, Vescovo Bresciani: “Eucaristia e umanità del prete”

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Giovedì 14 aprile il vescovo della diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto delle Marche, Sua Eccellenza Monsignor Carlo Bresciani, ha presieduto la santa Messa Crismale nella Cattedrale Madonna della Marina. La Celebrazione, una delle più importanti e solenni di tutto l’anno liturgico, ha visto raccolti tutti i presbiteri e i diaconi della Diocesi attorno al proprio vescovo, insieme a molti fedeli, che dopo la pausa legata alla pandemia hanno potuto rivivere insieme questo momento di preghiera. La santa Messa Crismale sottolinea l’unità della Chiesa locale intorno al vescovo diocesano. Monsignor Bresciani ha consacrato gli oli santi: il crisma, usato nel Battesimo, nella Cresima e nell’ordinazione dei presbiteri; l’olio dei catecumeni e l’olio degli infermi. I preti della Diocesi hanno rinnovato, durante la Celebrazione, le loro promesse sacerdotali. Alla santa Messa ha partecipato anche il vescovo emerito della Diocesi, Sua Eccellenza Monsignor Gervasio Gestori.
Nell’omelia il vescovo Monsignor Bresciani ha detto: “Carissimi sacerdoti e diaconi, mi dà vera gioia sostare con voi in questo giorno a meditare sul grande dono che Dio ci ha fatto e ci ha chiamato a vivere con l’imposizione delle mani del Vescovo. Mi fa sentire in profonda comunione spirituale con tutti voi, colma di gratitudine, non solo per il grande dono del sacramento dell’ordine che condividiamo, ma anche per la vostra presenza e per il ministero che insieme ci impegniamo a donare alla nostra amata chiesa diocesana.

Il sacramento dell’ordine ci ha costituiti in una relazione particolare ed unica con l’Eucaristia fonte sorgiva e culmine della nostra vita spirituale, oltre che del nostro ministero. Ed è proprio l’istituzione dell’Eucaristia che in modo particolare noi celebriamo in questo giorno ritrovandoci tutti insieme a concelebrare la santa messa del crisma: ci sentiamo tutti uniti un po’ come gli apostoli nell’ultima cena consumata nel cenacolo con il Signore Gesù. Rinnoveremo le nostre promesse sacerdotali con lo stesso entusiasmo con cui le pronunciammo il giorno della nostra ordinazione.

Quale intimità in quella prima santa cena! Quanto amore di Gesù per i suoi apostoli e per noi! Lo sentiamo forte in modo particolare in questa giornata del giovedì santo. Lo sentiamo riversato su ciascuno di noi quando con lui, in piena comunione con il nostro papa Francesco e con tutta la Chiesa, celebriamo la santa messa e in nome suo proclamiamo, ripetendo le sue stesse parole: “questo è il mio corpo….per voi”; “questo è il mio sangue… per voi”. Per me, per te carissimo confratello nel sacerdozio. Lo sento detto a me e per me. Sentilo anche tu così, perché questa è la verità di ciò che celebriamo.
Di fronte alle sfide che il nostro tempo pone alla nostra vita sacerdotale, l’Eucaristia è il rimedio che alimenta la nostra vita spirituale e la ristora dalle molte fatiche e delusioni che incontriamo. Essa ci invita, infatti, ad entrare nel sacrario segreto della nostra spiritualità sacerdotale, là dove Gesù è presente e parla al nostro cuore e ci invita a seguirlo sulla via della donazione di noi stessi sempre e comunque. Solo nel silenzioso e prolungato incontro con lui, cuore a cuore, nella profondità della nostra interiorità, è possibile abbeverarsi e rinfrancarsi a questa fonte inesauribile di amore.
Da sacerdoti siamo chiamati a rendere la nostra vita eucaristica, cioè a lasciare che la nostra vita si ispiri all’Eucaristia: alla vita donata per amore del suo corpo che è la Chiesa. Ci domandiamo ogni volta che celebriamo: cosa dice per la mia vita sacerdotale il mistero che sto celebrando? Come ispira le mie intenzioni e le mie azioni? Come sto imitando Gesù eucaristico?

Riandiamo, carissimi confratelli nel sacerdozio, al giorno della nostra ordinazione, quando la Chiesa, consegnandoci il ministero, ci ha detto “Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai, conforma la tua vita al mistero della croce di Cristo Signore”. Lì ci è stata indicata, con l’autorevolezza della liturgia dell’ordinazione, la strada sicura di una spiritualità sacerdotale in profonda comunione con Gesù: imitare ciò che celebriamo e conformarci a Cristo che dona la sua vita fino alla croce.

La spiritualità del sacerdote o è intrinsecamente eucaristica, o non è. Se comprendiamo  che cosa celebriamo, “Chi” ci è affidato, non possiamo non conformare la nostra vita a Lui. Noi preti siamo configurati a Cristo e chiamati a conformarci a Lui. Configurati a Lui, lo siamo per opera della Sua grazia in noi. Ma per essere conformati a Lui è necessario il nostro impegno a dare forma eucaristica alla nostra vita. Si tratta di un impegno che ci accompagna per tutta la vita. La nostra vita spirituale non può che essere una progressiva e sempre più profonda conformazione alla sua vita.
Non dobbiamo mai dimenticare che la nostra spiritualità sacerdotale richiede un continuo cammino di purificazione a contatto con il mistero che celebriamo. Infatti, ciò che ci è stato affidato una volta per sempre nella nostra ordinazione è fuoco che arde e scalda il cuore, ma rischia di venire spento o intiepidito dalla superficialità, dalla abitudine, dai compromessi o da quelle “barriere difensive” che qualche volta, anche senza accorgercene, andiamo innalzando tra noi e il Signore. Si intiepidisce quando ci accontentiamo del minimo indispensabile, quando giochiamo al ribasso senza lasciarci mettere in discussione dal mistero di morte e resurrezione che celebriamo.

Eucaristia e umanità del prete
La spiritualità eucaristica realizza pienamente non solo il nostro sacerdozio, ma anche la nostra umanità in quanto ci fa persone capaci di comunione nell’amore, una comunione che anticipa ciò che vivremo nella felicità piena della comunione trinitaria, quando saremo fatti partecipi dell’amore stesso che Dio vive nella comunione della Trinità. Si tratta di quell’amore che è accettazione e piena realizzazione del nostro stato di creature, create dall’amore e chiamate all’amore. L’Eucaristia è l’amore di Cristo nella sua massima espressione. Non è solo rivelazione della sua divinità, in esso e con esso Egli dà compimento pieno alla sua umanità: è l’uomo perfetto. Gesù compimento dell’uomo: “Chiunque segue Gesù Cristo, uomo perfetto, diventa lui pure più uomo” (GS 41).
La nostra umanità di preti si nutre di questo amore di Dio donato nell’Eucaristia, lo vive come amore gratuitamente a noi donato e diventa in noi amore donato agli altri gratuitamente, come è di ogni vero ed autentico amore.

Carissimi sacerdoti e diaconi, viviamo una spiritualità eucaristica se, con Gesù, viviamo la fatica e il sacrificio dell’amore donato gratuitamente. S. Paolo, riferendosi al suo ministero di apostolo, scrive: “Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e do compimento a ciò che, dei patimenti di Cristo, manca nella mia carne, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1,24). Mi pare una bellissima sintesi della spiritualità eucaristica del prete in comunione con Cristo.
Infatti noi, nell’offertorio della santa messa, insieme al pane e al vino, offriamo noi stessi per la gloria del Padre e per la salvezza di tutti gli uomini. Pane, vino e le poche gocce di acqua unite al vino, lo sappiamo, rappresentano la nostra piccolezza umana, la nostra umanità posta nelle mani di Gesù e unita alla sua offerta al Padre. Lui accoglie la nostra offerta e ce la ridona come ‘Eucaristia’: niente di meno che come “cibo di vita eterna … bevanda di salvezza”. In altri termini, come pieno compimento dell’umano in Cristo.
La nostra umanità, vissuta come offerta d’amore insieme a Gesù, canta le più stupende melodie che l’umanità possa esprimere, fa crescere la  grandezza divina che vi è nascosta dentro e così porta frutto nella carità per la vita del mondo.

Eucaristia e liturgia
Come ben sappiamo, non basta celebrare belle cerimonie eucaristiche per vivere a pieno una spiritualità eucaristica. Siamo chiamati a penetrare e vivere il significato del rito. Per questo va sempre rispettata la sua disciplina per proteggere il suo valore espressivo e il suo significato simbolico che unisce umano e divino. Quando si impoverisce il simbolo si aumenta forse l’emotività, ma si diminuisce la verità che il rito vuole comunicare. Il rito è un linguaggio e ogni linguaggio ha la sua verità: chi non conosce il linguaggio o lo altera, non comprende e non vive la ricchezza del suo contenuto simbolico. Il linguaggio liturgico ha la sua profondità spirituale ed ecclesiale e va salvato: più è compreso e vissuto, più lo spirito si edifica veramente in Cristo in comunione con la Chiesa.
Precisione e dignità nel rito, senza improprie ricercatezze, arbitrarietà o nostalgie del passato, non sono  affatto esigenze secondarie; nulla nel rito è inutile e privo di senso, nulla deve essere ridotto a semplice e vuota esteriorità, nulla deve essere lasciato all’arbitrarietà. Certamente lo spirito non sta nell’esteriorità, è vero però che si esprime attraverso l’esteriorità in quanto siamo esseri corporei. Una mensa mal preparata o un’assemblea taciturna non rallegrano e non danno animo allo spirito. Non possiamo realizzare fino in fondo il disegno di Dio su di noi e sui fedeli che ci sono affidati, se il nostro celebrare è all’insegna della approssimazione, della estemporaneità, della esteriorità rituale o peggio della contestazione ecclesiale.
La trascuratezza nel rito liturgico ricade non solo sulla dignità della liturgia, ma soprattutto sulla intensità e sulla fondatezza della nostra spiritualità eucaristica, e quindi della nostra vita sacerdotale.

Ringrazio il Signore, carissimi sacerdoti, perché celebrate con dignità e con amore l’eucaristia edificando voi stessi e il popolo che vi è affidato, facendolo crescere in una vera comunione con la Chiesa universale, con il nostro papa Francesco e con il collegio episcopale, come è intrinsecamente richiesto dalla celebrazione eucaristica.
Ogni nostra attività sacerdotale trovi il suo fine e la sua sorgente nell’Eucaristia, che si tratti della predicazione della Parola o delle opere di carità, della celebrazione dei sacramenti o della preghiera personale.
Carissimi sacerdoti, miei confratelli nel sacerdozio, carissimi diaconi, rendo grazie al Signore, oggi in modo particolare, per il dono della vostra presenza nella nostra Chiesa, della fermezza della vostra fede, della profondità della vostra speranza e della costanza della vostra carità, delle quali ne gioisco nel Signore. Esse mi sono di conforto e di sostegno nel mio ministero tra voi.
Prego per me e per voi, oggi in modo speciale, affinché, nutrita del pane eucaristico, la nostra esistenza sacerdotale diventi sempre più eucaristica ad imitazione di Gesù Cristo, via, verità e vita, che nel mistero pasquale porta a compimento la donazione di se stesso per amore nostro e del mondo intero.”

Sono stati ricordati tutti i sacerdoti e i diaconi che in questo anno celebrano il loro particolare anniversario sacerdotale.

Patrizia Neroni: