GROTTAMMARE – A Grottammare, martedì 19 aprile, presso la chiesa di san Francesco da Paola, il vescovo della Diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone –Montalto Marche, Sua Eccellenza Monsignor Carlo Bresciani, ha presieduto la Celebrazione Eucaristica e concelebrata da don Giuseppe Giudici, responsabile dell’Ufficio Diocesano per l’Apostolato del mare.
La festa dedicata al santo patrono dei pescatori è molto sentita in tutto il territorio, i sambenedettesi un tempo lì nel giardino della Casa san Francesco andavano il martedì dopo Pasqua con le loro famiglie e a pregare il santo. La chiesetta è stata costruita intorno al 1742/1743 sui terreni della famiglia Bonomi di Ripatransone.
I pescatori hanno invocato questo Santo affinché venisse in soccorso delle proprie vite e delle proprie imbarcazioni, il più delle volte preda della furia del mare; ma San Francesco veniva invocato anche a terra da parte dei parenti dei marinari, nei giorni di burrasca o con il mare grosso. Il santuario da sempre è meta per la deposizione di “ex- voto”, quadretti acquerellati e corone d’inaugurazione delle barche.
Il vescovo Bresciani nell’omelia ha detto: “Ci sono due cose che emergono e mi pare che possiamo cogliere immediatamente, la prima è quella del Vangelo, Maria che va al sepolcro e pensa ormai di essere sola, pensa che la morte abbia creato una separazione ormai definitiva e piange, piange non solo perché ha perso Gesù, ma anche perché è sparito perfino il corpo e pensa che l’abbiano rubato. È il pianto della solitudine, è il pianto della mancanza di Dio che lascia solo e che porta quella desolazione che si traduce nel pianto. Questo pianto di Maria Maddalena fa pensare, fa pensare a come noi possiamo riempire e dare senso a quella solitudine che percorre la nostra vita, una solitudine che per quanto è riempita o comunque coperta da quelle relazioni umane che noi riusciamo a costruire e magari anche molto buone, non bastano mai, perché abbiamo un desiderio più profondo ed è un desiderio che nessun essere umano può compiere. Nel pianto di Maria troviamo la perdita di Gesù, ma anche quel desiderio di qualcosa di più grande che poi trova, perché Gesù si rende presente.
È quel desiderio che ha spinto san Francesco di Paola fin da giovane a ritrarsi in eremitaggio, a cercare quella comunione unica con il Signore che va aldilà dell’incontro con gli esseri umani e anche con i confratelli perché sappiamo che ha fondato la Congregazione religiosa, ha avuto anche una vita molto intensa alla corte di Francia come consigliere di re e altro, ma ha trovato sempre la pienezza della sua vita in questa comunione con il Signore.
Maria di Magdala diventa la prima che indica la strada anche agli apostoli, san Tommaso d’Aquino dice che è la prima apostola, o detta in maniera diversa: “L’apostola degli apostoli”, proprio per questo incontro, ma anche per questo amore, per questo affetto profondo che aveva per il Signore. Il secondo pensiero lo colgo dalla domanda che viene fatta a Pietro quando annuncia che Cristo è risorto ed è una domanda che nella Parola di Dio e anche negli Atti degli Apostoli ritorna più volte: “Che cosa dobbiamo fare?”, cioè, che cosa dice a noi questa risurrezione del Signore?…Come si ripercuote nella nostra vita? Nel senso che non è soltanto una verità da accogliere perché viene annunciata, ma deve coinvolgere la vita, quale importanza ha nella nostra vita? Cosa comporta nella nostra vita? È una domanda che tutti noi dobbiamo farci, è la domanda del cristiano, è la domanda di chi incontra Cristo.
Pietro risponde: “Convertitevi e chiedete il perdono dei vostri peccati”, cioè staccatevi dal male, sapete che Dio è il bene e quindi cosa dobbiamo fare? Non possiamo vivere in comunione con Dio se non cercando di togliere ciò che è male nella nostra vita, ciò che è male nelle nostre relazioni, ciò che rovina la nostra vita, magari anche se al momento si dovesse presentare attraente, si dovesse presentare buono, ma poi alla fine rovina la nostra vita. Se Dio vuole una cosa, se Gesù vuole una cosa, è che la nostra vita sia una vita buona, non buona solo nel momento immediato, ma per l’intero arco della nostra vita, perché noi non viviamo solo un giorno, non viviamo solo una settimana, quindi la nostra vita va vissuta in un prospettiva diversa. “Convertitevi” significa cercate di togliere dalla vostra vita quello che la segna in maniera negativa, sia per voi singoli, sia nelle relazioni sia nella vita della Chiesa. La fede non è soltanto un pensare, ma alla fine è un vivere, un vivere positivo, un vivere buono in Dio.
Questo è ciò che ha cercato di fare san Francesco di Paola attraverso la sua vita, attraverso quello al quale fin da giovane si è dedicato. Ricordiamo quell’episodio della vita di san Francesco di Paola dove gli venne rifiutato un passaggio sullo stretto di Messina, il rifiuto dell’uomo, l’uomo che dice: “No, io non ti do ciò di cui hai bisogno, io non ti do questo passaggio, io non ti do la barca, io non ti accolgo sulla mia barca”. È un pò la solitudine dell’uomo, è un po’ la solitudine dell’uomo di fronte al rifiuto degli altri. la solitudine è sempre la mancanza dell’altro, ma è ancora più profonda quella solitudine quando viene dal rifiuto dell’altro. San Francesco si ritrova solo e deve passare dall’altra parte, è a questo punto interessante e simbolico l’avvenimento che accade in questa circostanza: appoggia il mantello sull’acqua e riesce a passare dall’altra sponda. Nella solitudine del rifiuto degli uomini arriva l’aiuto di Dio, l’aiuto di Dio non è solo il “mantello”, ma la vicinanza di Dio, ogni miracolo rappresenta un aiuto ad affrontare la vita, le difficoltà. Allora arriva per tutti la domanda che si può ridurre in: “Qual è per noi il “mantello”che io prendo perchè la mia vita possa essere “retta”, il mantello che regge tutta la mia vita attraverso le onde, attraverso quello che devo “attraversare”, che devo passare…?
San Francesco di Paola ha trovato l’aiuto nel Signore, noi dobbiamo seguire il suo esempio e non fermarci solamente sul miracolo, ma cogliere qual è il significato che è nascosto dentro il miracolo. Io ci vedo personalmente due cose: uno è l’aiuto del Signore che non ti lascia solo, nemmeno quando gli altri ti lasciano solo; secondo: l’aiuto del Signore ti da ciò che “sorregge” la tua vita.
Il Signore ti da ciò di cui hai bisogno per riuscire a passare attraverso le difficoltà. Quel miracolo accaduto a san Francesco di Paola dice qualcosa di fondamentale per ciascuno di noi. La nostra devozione a san Francesco di Paola, patrono dei marinai e pescatori proprio per questo fatto, porta a dire che ci sono le barche, cerchiamo di tenerle solide, cerchiamo di tenerle forti in modo che reggano, però abbiamo bisogno di un qualcosa di più, questo qualcosa di più soltanto Dio ce lo può dare. La devozione dei pescatori a san Francesco di Paola viene da qui, la sicurezza del navigare non si basa solo sui mezzi materiali, ma sia garantita da quella manutenzione, da quell’aiuto che viene dal Signore e che invochiamo attraverso l’intercessione di san Francesco di Paola, è quello che vogliamo fare anche questa mattina in questo bellissimo luogo, in questo bellissimo giardino sistemato davvero molto bene. Facciamo la benedizione del mare da questo bellissimo luogo, ringraziando il Signore di tutti i doni che continua a dare alla nostra vita e invocandolo perché non solo ce li ha dati, ma pure ce li conservi e ci aiuti sempre più a crescere e a raccogliere quella grazia che viene dalla risurrezione e che ci accompagni per sempre in ogni momento e ci protegga dalle difficoltà che la vita ci presenta”.
È stata letta la preghiera al santo scritta dal vescovo Bresciani che ha poi impartito la benedizione solenne al mare e ai presenti.
Alla celebrazione erano presenti il sindaco di Grottammare Enrico Piergallini e il sindaco di San Benedetto del Tronto Antonio Spazzafumo.
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