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FOTO Conclusa la Visita Pastorale a Centobuchi, la testimonianza di Anna Calvaresi e Alessandro Straccia

Ringraziamo lo Studio Campanelli per le foto

MONTEPRANDONE – Si è conclusa sabato 30 aprile, con le celebrazioni eucaristiche delle ore 17:00 e delle ore 18:30, la visita pastorale del vescovo Carlo Bresciani all’Unità Pastorale Sacro Cuore di Gesù e Regina Pacis di Centobuchi di Monteprandone, guidata dei parroci don Armando Moriconi e don Matteo Calvaresi.

“All’inizio della Visita Pastorale – dichiarano don Armando e don Matteo – provavamo con queste parole a dare forma al nostro desiderio: ‘Attendiamo questa Visita con la lieta e grata consapevolezza che – nel segno – è il Signore che ci viene incontro. Nel segno, è la Sua Presenza che si fa prossima a noi, ci raggiunge lì dove stiamo, dove abitiamo, prendendosi il disturbo di farci visita e di soccorrerci proprio lì dove si svolge la trama della nostra vita.’ Dopo questi giorni, estremamente intesi, riconosciamo corrisposta questa attesa. Nel susseguirsi degli incontri – personali e comunitari – che il Vescovo ha vissuto nella nostra Comunità, la vita di ciascuno di noi ha potuto fare esperienza di quell’unico Incontro che realmente compie il desiderio di ogni cuore d’uomo: il Signore Gesù, presente e vivo nella Sua Chiesa, ha continuato a prendere iniziativa, a venirci incontro, visitando e consolando il Suo popolo. Ogni momento ha portato con sé una ricchezza che merita di essere scoperta e riscoperta nella dinamica semplice del nostro cammino di fede: un cammino che indubbiamente ha trovato in questi giorni nuovo entusiasmo e nuove ragioni per essere ripreso con maggiore vigore e più matura consapevolezza.”

Queste le parole con cui il vescovo Bresciani, prendendo spunto dalla Parola di Dio, ha salutato la comunità: “La Parola di Dio di oggi – come del resto quella di ogni domenica – interpella tutti noi, ragazzi, giovani e adulti. In particolare oggi nella prima lettura ci troviamo in un contesto ben preciso: alcune persone hanno fatto esperienza della Resurrezione, hanno cioè visto Gesù Risorto e ne parlano, lo raccontano. Ma questo non piace a tutti. Il sommo sacerdote, infatti, non vuole che si parli di Gesù, anzi nel Vangelo c’è scritto che egli addirittura aveva proibito agli apostoli di insegnare nel nome di Gesù. Quante volte anche oggi a noi viene detto di lasciar perdere Gesù?! Magari abbiamo altre priorità, come il lavoro e gli affari. Altre volte si vuole che il cristiano stia buono, non parli, non si occupi di certe cose. Allora noi cosa dobbiamo fare? Ecco che ci vengono incontro le parole di Pietro: ‘Bisogna obbedire a Dio invece che agli uomini’. Ecco quindi cosa fare! Non devo nascondermi per timore che poi magari mi prendano in giro o mi dicano che sono bigotto oppure perché quello che dico potrebbe essere pericoloso o potrebbe farmi perdere qualche consenso. Anche Pietro rischia, rispondendo in quel modo: Gesù, infatti, è stato crocifisso, quindi anche per Pietro c’è il pericolo di poter perdere la vita; però, a differenza di qualche giorno prima, quando aveva rinnegato Gesù per ben tre volte, adesso finalmente ha il coraggio di parlare di Gesù e di rischiare. Pietro decide di prendere la Parola di Dio come fondamento per la sua vita. La stessa cosa vale per noi. Dunque cosa dice a voi, ragazzi, quel ‘devo obbedire a Dio’? Significa che non devo vergognarmi, non devo nascondermi, non devo obbedire al bullo di turno.

“Anche nel brano del Vangelo di oggi – ha proseguito il vescovo Carlo – troviamo tanti spunti di riflessione importanti. Siamo di nuovo di fronte ad un’esperienza di vita. Dopo la Resurrezione di Gesù i discepoli sono tornati in Galilea e hanno ripreso a fare i loro mestieri. Simon Pietro e gli altri sono pescatori esperti che non hanno bisogno di nessuno che insegni loro il lavoro. Sono andati a pesca, hanno trascorso tutta la notte a provare a tirar su dei pesci, ma non hanno preso nulla. Però, sulla Parola di Gesù, gettano di nuovo le reti e questa volta pescano in abbondanza. In altre parole, questi uomini hanno fatto un’esperienza di fallimento ed è la stessa cosa che capita anche a noi: a volte non riusciamo a portare avanti un progetto, non riusciamo nel nostro lavoro, nella nostra vita quotidiana. Il Vangelo di oggi ci dice che, anche se abbiamo sperimentato il fallimento, possiamo ancora avere una possibilità, ma – per per farlo – dobbiamo fidarci della Parola di Dio, quella Parola che oggi ci illumina e rassicura. Questo vale per noi sia come singole persone sia come comunità, come Chiesa. Questa pesca così abbondante ci dice che l’opera di Dio è più grande della nostra, anzi, che l’opera di Dio rende feconda la nostra opera. Ecco come agisce Gesù. Egli prepara ai pescatori la cena, o meglio, una parte della cena, ma non fa tutto da solo: ad un certo punto, infatti, vuole anche la collaborazione degli apostoli. Questo è un grande insegnamento per noi perché ci fa capire come agisce Dio nella nostra vita: Egli prende l’iniziativa, ma vuole che collaboriamo con Lui. La stessa cosa succede durante la Messa: noi portiamo un po’ di pane e un po’ di vino e riceviamo Pane di vita eterna e Calice di salvezza. Il Vangelo di oggi ci ricorda dunque che, per essere Chiesa, occorrono da un lato l’opera di Dio e dall’altro la nostra collaborazione: senza questa collaborazione, non c’è Chiesa. Poi, nel racconto di oggi del Vangelo, c’è un secondo momento da sottolineare, quello in cui Gesù interroga Pietro e, al di là della cena e dello stare insieme, lo riporta al fondamento. Per Gesù non è importante né la pesca né la cena in sé, bensì quello che c’è alla base, cioè l’amore. Gesù, infatti, chiede tre volte conferma a Pietro dell’amore che prova per lui: ‘Pietro, mi ami?’. Pietro risponde di sì, all’inizio in maniera più incerta, poi con maggiore consapevolezza. Ma questo amore, da solo, non basta. Gesù, infatti, gli fa una nuova richiesta: ‘Pasci le mie pecore’. Ecco dunque un grande insegnamento per noi: alla base di tutto, c’è l’amore per il Signore, il fondamento di ogni cosa; in secondo luogo, facciamo Chiesa solo se accogliamo anche questa seconda richiesta, ovvero se ci prendiamo cura di noi come comunità. Noi siamo Chiesa insieme, solo insieme. L’amore per il Signore ci porta ad incontrare il fratello. Da soli non si va da nessuna parte. Se non incontriamo il fratello, non siamo Chiesa. Il Vangelo di oggi dunque ci pone questi interrogativi: ‘In che modo formiamo comunità?’, ‘In che modo diamo testimonianza?’. ”

“Ecco allora come possiamo agire. – ha concluso Bresciani – Dopo un fallimento, possiamo ripartire accompagnati da due certezze: prima di tutto che il Signore ci ama attraverso la Parola, l’Eucaristia e i Sacramenti e questa consapevolezza ci dà forza e coraggio; poi che il Signore, a sua volta, vuole il nostro amore, ce lo chiede e noi possiamo mostrarglielo concretamente attraverso l’amore per i fratelli. Fiduciosi nel Signore e forti di questa certezza, viviamo con gioia e carità nella nostra comunità.”

Al termine della celebrazione, Anna Calvaresi, segretaria del Consiglio Pastorale della Parrocchia Regina Pacis, e Alessandro Straccia, segretario del Consiglio Pastorale della Parrocchia Sacro Cuore di Gesù, hanno ringraziato così il vescovo Bresciani: “Siamo particolarmente grati al vescovo che, durante la visita pastorale, ha incontrato la nostra Comunità e le varie realtà del nostro territorio. Abbiamo riconosciuto l’atteggiamento di un padre che vuole incontrare i propri figli, si siede e li ascolta con semplicità e amorevolezza, cercando di capire ciò di cui hanno bisogno e ciò di cui ha bisogno la nostra giovane unità pastorale in cammino. È stato particolarmente bello e commovente vederlo in chiesa a disposizione della comunità: come la presenza di un padre buono e misericordioso che aspetta il ritorno dei figli e cerca sempre di sostenere il loro cammino. E sappiamo tutti che non è mai semplice essere un buon padre, un ruolo che porta tanta gioia ma anche tanta fatica e sofferenza; sofferenza accentuata dal periodo che stiamo vivendo con la pandemia ma anche dalle tante difficoltà che si incontrano.

Proprio durante uno degli incontri con le comunità del Sacro Cuore e Regina Pacis, il vescovo ci ha detto che è proprio attraverso la croce che si fanno passi in avanti, nulla va perso e ci si ritrova in sintonia, forse rafforzati da quello che è successo. Sappiamo che non dobbiamo pensare al passato, ma che il passato è uno strumento per guardare meglio al futuro ed avere nuove prospettive, nella consapevolezza che non si può rimanere nella nostalgia per dare un senso allo stare insieme. L’infinita grazia dello Spirito Santo di ricominciare è tutto! Ed è bello pensare che anche il Signore che ci ha creati accoglie il coraggio di ripartire da dove ci si è forse un po’ arenati per percorrere nuove strade e raggiungere nuove mete secondo tutto ciò Lui ci ha già preparato. Il Signore ci precede sempre e quindi non dobbiamo temere e avere coraggio di ridare quello slancio e quell’attenzione particolare a bimbi, giovani e ragazzi come era un tempo, magari percorrendo o costruendo strade diverse, affidandoci in maniera che al di sopra di tutto ci sia sempre la Carità. Siamo grati al Vescovo per le sue parole di incoraggiamento, per la semplicità, la sensibilità e la tenerezza di padre con cui è stato in mezzo a noi, chiedendogli di non smettere mai di portarci nel suo cuore.”

La comunità infine ha voluto omaggiare il vescovo Carlo con un piatto in ceramica decorato a mano in cui sono rappresentati lo stemma Episcopale e le sagome delle due Chiese parrocchiali: il dono vuole significare l’unità tra le due Parrocchie e la comunione con il proprio pastore. I fedeli hanno elargito copiosi applausi, a più riprese, in segno di gratitudine verso il vescovo Carlo per la sua visita.

Foto Carla Di Blasio