Pietro Pompei
DIOCESI – “Son tutte belle le mamme del mondo”, così cantavamo una volta e così erano le nostre madri nella loro bellezza naturale addolcite da uno sbuffo di cipria, dopo aver usato acqua e sapone. Non c’era la proliferazione delle estetiste e i luoghi di bellezza restavano nella fantasia tra i desideri proibiti. Non che oggi le mamme facciano male a curare il loro corpo; anzi non si può voler bene agli altri se si trascura se stessi. Non se ne faccia però un fine o una fissazione, correndo il rischio di irreversibili malattie. Narciso, personaggio mitologico, si specchiava continuamente nell’acqua del pozzo e si innamorò tanto della sua immagine che ne diventò vittima cadendovi dentro.
Per il figlio la madre è sempre bella; egli si ritrova nel suo sguardo e tra le sue braccia continua la sicurezza del cordone ombelicale. Scriveva il poeta greco Anghelos Sikelianos: “Madre, m’hai dunque allattato con il fuoco/ perché il mio cuore sia una stella”. “Mamme, mamme, mamme!”: quante ne sono e dove sono, se le statistiche gracidano che le culle non piangono più? Ne prendo una: “ L’Italia è il paese dove si nasce di meno e dove, se non si cambierà nel 2050 saremo 41 milioni di abitanti”.
Non c’è più spazio per la vita, quando si violenta il bacino per mostrare le rotondità. E c’è il lavoro e ci sono gli impegni di società dove ci si vuole realizzare ed allora le culle vengono poste nello scantinato ad arrugginire tra le cose che non si ha il coraggio di gettare, sperando un giorno di poterle riutilizzare. Il tempo fugge e con la ruggine lo smalto della giovinezza. “Quant’è bella giovinezza che si fugge tuttavia” ed il poeta è andato in pensione, perché non trova più chi “ vuol essere lieto”. Il pessimismo del nostro Leoperdi si fa più cupo non trovando più “ la donzelletta che vien dalla campagna”.
Molti fanno ricorso alla scienza per produrre figli in serie, ma non ci saranno le mamme nei cui occhi i figli si ritrovano. Neppure quella che nella sua disperazione, strappa il frutto delle sue viscere e lo abbandona alla pietà degli altri. Quando una società lascia arrugginire le culle, non può più sperare in un futuro. Il Cardinale Angelo Comastri, nel lontano 2007 scrisse: “Se si annebbia il mistero della maternità, il mondo precipita nell’inciviltà
Gli antichi Romani quando si ritrovarono senza donne, andarono a rubarle ai popoli vicini. Fu violenza che si perpetuò per secoli fino a caderne vittime essi stessi. I figli non sono merce da acquistare o da rubare, perché essi sono tali solo se ci sono le mamme.
Torniamo nella convinzione che ci si può realizzare come madri di famiglia, anche con qualche chilo in più che poi in fin fine non fa torto all’estetica. Alla società spetta il dovere di aiutare le mamme nel loro compito. E’ vero che le culle non piangono più, ma piangono spesso le mamme che sanno di non poter essere tali, perché non c’è chi le aiuta, perché della famiglia si fa un gran parlare, ma mai una seria legge che fosse di supporto ai suoi tanti problemi. Le rivendicazioni finora hanno avuto il nome al singolare e portano più a disunire che ad aiutare.
Così scriveva la giornalista C.Dowling :” La nostra generazione di madri è quella che ha visto più ambivalenze e conflitti come donne. Siamo state dunque madri meno serene di quelle del passato e con richieste superiori nei confronti delle nostre figlie… Però la mia è stata l’ultima generazione di donne che hanno potuto scegliere tra il ruolo tradizionale e l’emancipazione. Le nostre figlie no: devono lavorare e devono riuscire bene sia nella famiglia sia nella carriera. Ecco perché per le ragazze di oggi è molto più difficile”.
Spesso non trovano un incoraggiamento nell’ambito della propria famiglia, affinché i giovani che si preparano a questo importante momento della vita intravvedano la strada per riuscire nel matrimonio e la capacità di una famiglia felice. Invece di tutto ci si preoccupa meno che di questo e la società ironizza su questa istituzione definendola “tomba dell’amore”. Il filosofo Benedetto Croce reagì contro questa definizione e suggerì di aggiungere l’aggettivo “selvaggio”. Nella “Etica e politica” (Laterza,pag.27),scrive:” L’efficacia del matrimonio consiste nel non contrastare l’intima tendenza dell’amore che è bisogno di procreazione, ma anzi nel favorirla impedendone lo sviamento e l’isterilimento, e insieme nell’elevarla e ampliarla, facendola creazione di un consorzio di vita, la famiglia”.
Dopo anni ed anni di “forum” di statistiche, di promesse e di richieste, non si è andati più in là di una qualche elemosina. Si son fatte tante leggi, anche in difesa degli animali, ma nulla di serio per aiutare la famiglia.
“Son tutte belle le mamme del mondo”, peccato che sia una “razza” in estinzione:” Ahi madre– scriveva il poeta L.Angioletti– mi si è consumato/ il tuo nome sulla bocca/ ahi donna il tuo grembo è lontano”.
Ma noi Cristiani non dobbiamo perdere la speranza e dobbiamo adoprarci perché si torni a gioire alla notizia del concepimento e non a cercare rimedi per far morire una vita. Solo il pensarlo faceva rabbrividire Santa Madre Teresa di Calcutta.
Tornando al Cardinale Comastri e alla sua opera: “L’Angelo mi disse “Autobiografia di Maria” , vorrei terminare con il commento di una poesia di Giuseppe Ungaretti dove campeggia la figura de “La Madre”; il più bell’AUGURIO che mi sento di fare, poesia alla quale come scrive il Cardinale, mi sento ugualmente “affezionatissimo”.
“Soprattutto mi ha aiutato una poesia, una poesia alla quale io sono affezionatissimo ed è una poesia di Giuseppe Ungaretti intitolata ‘La Madre’. Qui il poeta riesce a focalizzare il mistero della mamma come colei che dimentica sempre se stessa, o meglio potremmo dire con più forza colei che non riesce a pensare a se stessa, perché vive totalmente per gli altri”.
“Ebbene il poeta immagina che l’ultimo battito del suo cuore faccia cadere la parete che lo separa dall’eternità. E quando entra nell’eternità cerca la mamma, perché un figlio resta sempre figlio. Dentro di sé resta sempre qualcosa del bambino”, ha aggiunto.
“Ed ecco la sorpresa: la mamma non guarda verso il figlio, la mamma guarda verso Dio, fissa gli occhi di Dio e davanti a Dio fa intercessione per il figlio. E soltanto quando negli occhi di Dio ha letto la certezza che il figlio è stato perdonato, allora la mamma fa un sospiro di sollievo e va incontro al figlio per abbracciarlo”.
“Ecco la madre: la madre è colei che sulla terra realizza la più bella e la più profonda visibilità del mistero di Dio”, ha continuato.
“Dio ha voluto nella grande opera della salvezza coinvolgere una madre. Se fosse mancata la madre sarebbe mancato un colore, un colore materno; sarebbe mancato un calore, un calore materno”.
“Per questo Dio ha voluto che accanto alla croce nel momento del più grande, del più sublime atto di amore, l’amore che contrasta tutto l’odio, tutta la cattiveria, tutta la violenza dell’umanità, ci fosse una madre quasi per tradurlo con il linguaggio materno all’umanità”, ha spiegato.
“Allora è chiaro che se Dio ha voluto accanto a sé una madre, la madre ha un grande ruolo nella storia dell’umanità e nella storia dei popoli, e se entra in crisi, se si annebbia il mistero della maternità, il mondo precipita nell’inciviltà”, ha commentato.
“Un grande statista, tra l’altro non frequentatore di Chiesa, Clémenceau, ebbe a dire che i popoli vengono educati sulle ginocchia della madre”.
Se viene a mancare la madre, e oggi siamo in una crisi della maternità, ci dobbiamo rendere conto e capirne tutto il rischio e la drammaticità, precipita la civiltà: non si riesce più a leggere l’alfabeto della vita, non si riesce più a leggere nemmeno l’alfabeto della religione e viene a mancare una visibilità di Dio, la visibilità appunto attraverso la madre.