“A molti la vecchiaia fa paura. La considerano una sorta di malattia con la quale è meglio evitare ogni tipo di contatto. È la ‘cultura dello scarto’. Ma, in realtà, una lunga vita – così insegna la Scrittura – è una benedizione, e i vecchi non sono reietti dai quali prendere le distanze, bensì segni viventi della benevolenza di Dio che elargisce la vita in abbondanza”.
Lo scrive Papa Francesco nel suo messaggio per la seconda Giornata mondiale dei nonni e degli anziani che si celebra la quarta domenica di luglio – quest’anno il 24 luglio – sul tema “Nella vecchiaia daranno ancora frutti”. Si tratta del versetto del Salmo 92, che il Pontefice considera una “buona notizia” che va “controcorrente” rispetto a ciò che “il mondo pensa di questa età della vita; e anche rispetto all’atteggiamento rassegnato di alcuni di noi anziani, che vanno avanti con poca speranza e senza più attendere nulla dal futuro”.
Sottolineando che “la vecchiaia, in effetti, è una stagione non facile da comprendere, anche per noi che già la viviamo”, il Papa evidenzia che “nonostante giunga dopo un lungo cammino, nessuno ci ha preparato ad affrontarla, sembra quasi coglierci di sorpresa”. “Le società più sviluppate spendono molto per questa età della vita, ma non aiutano a interpretarla: offrono piani di assistenza, ma non progetti di esistenza. Perciò è difficile guardare al futuro e cogliere un orizzonte verso il quale tendere”. La condizione di vita indicata da Francesco è la seguente: “Da una parte siamo tentati di esorcizzare la vecchiaia nascondendo le rughe e facendo finta di essere sempre giovani, dall’altra sembra che non si possa far altro che vivere in maniera disillusa, rassegnati a non avere più ‘frutti da portare’”.
Il Papa richiama quindi il salmo, che rintraccia la presenza del Signore nelle diverse stagioni dell’esistenza, per invitare a “continuare a sperare” con “una vecchiaia attiva anche dal punto di vista spirituale, coltivando la nostra vita interiore attraverso la lettura assidua della Parola di Dio, la preghiera quotidiana, la consuetudine con i Sacramenti e la partecipazione alla Liturgia. E, insieme alla relazione con Dio, le relazioni con gli altri: anzitutto la famiglia, i figli, i nipoti, ai quali offrire il nostro affetto pieno di premure; come pure le persone povere e sofferenti, alle quali farsi prossimi con l’aiuto concreto e con la preghiera”. “Tutto questo ci aiuterà a non sentirci meri spettatori nel teatro del mondo, a non limitarci a ‘balconear’, a stare alla finestra”.