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In famiglia – Dio è una Persona, non un’idea astratta: rivolgiamoci a Lui con fiducia

Giovanni M. Capetta

Anche il salmo 17 potrebbe essere recitato la sera dalla famiglia al completo. Il testo è sia una sincera invocazione al Signore, sia un’ammissione di innocenza e un desiderio di giustizia, sia, infine, la richiesta di essere difesi dai nemici. “Ascolta, Signore, la mia giusta causa, sii attento al mio grido. Porgi l’orecchio alla mia preghiera: sulle mie labbra non c’è inganno” (v.1). Quanto è liberante poter rivolgersi così al proprio Dio e quanto può educare alla fede i figli, ascoltare un genitore che così si affida a Lui? É una Persona, non un’idea astratta, prima di essere un giudice è un padre a cui abbandonarsi, capace di ascoltare, commuoversi, leggere nel cuore dell’uomo.

“Dal tuo volto venga per me il giudizio, i tuoi occhi vedano la giustizia” e già qui i commentatori cristiani hanno rilevato che per noi il volto di Dio è quel Gesù che ha detto di non essere venuto per condannare il mondo ma per salvarlo (Gv 12, 47). “Saggia il mio cuore, scrutalo nella notte, provami al fuoco: non troverai malizia” (v, 3). E poi ancora un riferimento alla bocca, quindi alla parola che non si è lasciata andare al giudizio e all’arroganza: ha “evitato i sentieri del violento” (v. 4). C’è una pedagogia spirituale molto chiara: chi dichiara che la sua condotta è ispirata alla volontà di seguire il Signore, di lasciare a Lui ogni giudizio, ammette anche che la forza per mantenersi integro deriva proprio da questo affidamento “Tieni saldi i miei passi sulle tue vie e i miei piedi non vacilleranno” (v. 5). Talvolta percorriamo sentieri impervi, come in una gita in montagna. Basta una distrazione per mettersi in pericolo, è importante non perdere il segnavia e se si ammette di aver bisogno di una guida che ci preceda, allora non si potrà avere l’arroganza di giudicare, neppure i figli, come se noi non avessimo bisogno di nessuno. La richiesta di protezione utilizza la voce e l’udito (“Io t’invoco poiché tu mi rispondi, o Dio; tendi a me l’orecchio, ascolta le mie parole” v. 6), la vista: “custodiscimi come pupilla degli occhi”, (v. 8) e poi l’immagine suggestiva delle ali, come quelle possenti dell’aquila, che tornano in altri salmi e sono l’emblema della sicurezza avvolgente (“all’ombra delle tue ali nascondimi” v. 8). Poi c’è la condanna dei nemici, in cui ancora ha molto rilievo la calunnia – si pensi a quanto Papa Francesco invita a vincere la diffamazione e anche solo il chiacchiericcio – “le loro bocche parlano con arroganza” (v. 10). E poi ancora un’immagine in cui il nemico è un leone (cfr. vv 12-13), un animale ricorrente nella Bibbia, che rappresenta anche il peccato stesso, quello che è “accovacciato alla porta” di Caino ma che l’uomo può dominare (Gn 2,8) Chi prega con fiducia il Signore rinuncia anche ad avere la sua parte di bottino e pure questo è un comportamento che coinvolge tutta la famiglia: “sazia pure dei tuoi beni il loro ventre, se ne sazino anche i figli e ne avanzi per i loro bambini… Ma io nella giustizia contemplerò il tuo volto, al risveglio mi sazierò della tua immagine” (vv. 14-15). Come non vedere anche in questa chiusa, come in quella del salmo 16, l’intuizione fiduciosa di una vita oltre la morte, di una pienezza che oggi ancora non ci è data, ma che potremo contemplare nella Sua immagine che per noi è quella di Gesù crocifisso e risorto. Mi sono chiesto se possa immaginare che oggi riesca a pregare questo salmo anche un uomo o una donna ucraini angosciati per la loro famiglia, assediati dai nemici, costretti a lasciare le loro cose, con poco cibo e acqua, insicuri della loro stessa sopravvivenza. Chi sono io, nella mia comoda casa italiana, per immaginare di metter loro nel cuore le parole di questo salmo? Eppure in fondo all’animo custodisco la speranza che vi siano dei testimoni che, prima ancora di dare il sangue, da quell’inferno, dove sono vittime innocenti, ci indicano la via percorsa da Cristo e vedono già nel suo volto la speranza di pace a cui tutti siamo destinati.

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