Di Pietro Pompei

SAN BENEDETTO DEL TRONTO A tirar dentro la storia del secolo passato, non è cosa da potersi fare in poche righe. C’è stato di tutto dalle forme più aberranti del qualunquismo agli esempi sublimi di altruismo, dalla devastazione più scellerata ad un progresso mai conosciuto. Gli storici avranno un gran daffare a catalogare il tutto, ancor di più a posizionarlo sulla scala dei valori. È questione anche del proprio colore di lenti a relativizzare i giudizi.
La cosa peggiore in questo compito è quel pizzico di nostalgia in cui si possono mescolare il vissuto proprio, i propri risultati e l’evolversi oggettivo degli avvenimenti.
La nostalgia è fondamentalmente antistorica, è basata su uno stato d’animo inquieto e insoddisfatto in contrasto costante con il sentimento della pace. Non per nulla i nostalgici cioè quelli che si voltano indietro, sia nella Mitologia sia nella Bibbia, si appesantiscono a tal punto che è impedito loro di avanzare. La nostalgia non ha nulla a che vedere con la ricerca delle proprie radici, queste vanno intese come il chiodo che dà senso alla catena che continua ad inanellarsi in prospettiva futura. I momenti di vuoto desiderano copiare il passato sic et simpliciter, nel ristagno di un presente incapace di una speranza.

La politica che stiamo vivendo è nutrita di nostalgici che non riescono a scrollarsi di dosso un passato romantizzato. Tutto viene miticizzato. Per politica non va intesa solo quella partitica, ma il quotidiano con il suo incedere inarrestabile. Il mito annebbia la storia e dà del passato una falsa immagine. Da quanti miti siamo circondati, con in più la mitizzazione anche del presente. E mentre da un lato piangiamo la precarietà del lavoro, le nuove povertà economiche e morali, la fatica delle famiglie, dall’altro ci sono sfilate di Vip ad eccitare le folle. E che dire di chi funambola dietro ad un pallone?

A Napoli Maradona ha il suo altare!
Il Che Guevara campeggia ancora sulle magliette e qua e là trova un concorrente nella faccia barbuta di Garibaldi. Il mitico eroe dei due mondi conteso tra destra e sinistra.
Balzato dai nostri “Sussidiari” quando si marciava in camicia nera, approdato tra i partigiani dal colore spiccatamente rosso, oggi riverito in parte da chi non ha un colore ben definito, e in parte strattonato da chi si bea del colore verde. C’è chi mitizza, nonostante i muri abbattuti che hanno messo in mostra i falsi storici, il ritorno al Comunismo, senza o con la violenza, e chi propone in faccia ai due terzi della popolazione del mondo che soffre miseria e fame, un liberalismo sfacciato.

E in questo mondo di “nostalgici” si fa fatica a fare quel salto di qualità che tutti, nelle parole, auspichiamo. Come ad esempio nella scuola, quanti vorrebbero tornare ai metodi maneschi per imporre una disciplina ottenuta con punizioni corporali che spesso erano forme di vera e propria violenza. Anche nella Chiesa i cambiamenti non sempre sono accettati, rimpiangendo comportamenti non essenziali alla vita religiosa e alla nostra fede. E si protesta nella convinzione che si è sempre nel giusto facendo delle proprie idee la base della verità. Quindi anche nella Chiesa c’è chi vive di nostalgia di un passato che viene idealizzato e chi ne trae occasione per dividere faziosamente come al tempo di San Paolo: io sono di Paolo, io di Pietro…(1Cor.);io sono di Benedetto XVI, io di Francesco.

La solita vecchia storia…ci sono sempre pretesti per ripeterla.

In questi comportamenti c’è una virtù che viene spesso ignorata: l’umiltà.

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