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Giovani, il 72% ha paura del futuro

Paolo Bustaffa

Dopo l’esperienza del Covid un’indagine su 30.000 giovani, coordinata da Sip-Cgil- Rete studenti medi e universitari, documenta che il 92% della popolazione scolastica intervistata accusa qualche disagio psichico, Il 68% soffre di senso di noia, il 60% soffre di ansia, il 48% di paura e di rabbia, il 28 % dichiara di avere disturbi alimentari, il 14, 5% ha avuto esperienze di autolesionismo, il 12% ha fatto abuso di alcol, il 10% ha assunto stupefacenti.

Si stava uscendo dal tunnel della pandemia e improvvisamente l’ombra di una nuova tragedia che sempre più si allarga mette a rischio la tenuta psicologica e le speranze delle nuove generazioni.

I fatti di cronaca testimoniano nei giovani la volontà di reagire al pessimismo con la ricerca di relazioni soprattutto con coetanei. C’è un grande desiderio di rammendare un tessuto umano e sociale anche se le violenze di giovanissimi contro giovanissimi non possono essere lasciati alla cronaca nera.

Il quadro riassuntivo è chiaro: Il futuro fa paura al 72% dei ragazzi intervistati e il 75% di questi vede il futuro con insicurezza.

Che cosa hanno fatto di così grave queste ragazze e questi ragazzi per trovarsi imprigionati in un groviglio di sofferenze, di morti, di distruzioni? Perché devono pagare un prezzo così alto per un male di cui non hanno alcuna colpa? Dove sono gli adulti che avrebbero dovuto e dovrebbero aiutarli a crescere nelle difficoltà?

Di una generazione che è stata delusa non si parla nei talk show nonostante le molte indagini che dovrebbero scuotere le coscienze adulte e risvegliare le loro responsabilità educative. La “morte dei padri” è oggi in queste assenze e nell’incapacità o nella non volontà di intessere un dialogo serio con i giovani. Al contrario ancora accade che questi padri mancati oltre a non ascoltare riducano ad ingenuità i sogni di ragazzi e ragazze sul futuro del pianeta e dell’umanità.

Non può essere solo il bonus psicologico di 600 euro per quei 16.000 che ne avranno accesso la risposta a un male interiore che il più delle volte viene condiviso tra coetanei e nelle connessioni social.

C’è chi rompe il silenzio e promuove e valorizza esperienze di aggregazione in una disattenzione mediatica che però non sfugge ai giovani e diventa un motivo in più per aver paura di un mondo insicuro e spesso ostile.

Redazione: