MACERATA – «Chiedete alla Madonna la grazia della pace. Chiedete alla Madonna che questa guerra finisca, che il popolo ucraino non soffra più. Vi accompagno con questo pensiero».
È una voce accorata quella di papa Francesco che alle 20.40 di sabato 11 giugno riempie lo spazio dello Sferisterio.
Non sta portando un saluto di circostanza, non è scherzoso come le altre volte. Parla per 2-3 minuti, più che sufficienti per questa drammatica consegna ai duemila pellegrini che aspettavano di ascoltarlo, pronti a mettersi in cammino e chiedere l’impossibile perché a Dio tutto è possibile, come recita il titolo di questa 44° edizione. E ancora, con una voce segnata dalla consapevolezza della tragicità del momento, il Papa ha chiesto di pregare per l’Ucraina ma anche per la Russia, i due Paesi che egli stesso ha consacrato a Maria. «Buon pellegrinaggio e pregate per me, per favore», ha concluso Francesco. Parole, quelle del Papa, che sono arrivate pochi secondi dopo la testimonianza di Elena Mazzola, linguista, docente universitaria per quindici anni a Mosca, e da cinque anni, a Kharkiv in Ucraina, presidente di Emmaus, una organizzazione no profit, che accoglie giovani con disabilità, orfani e bambini appartenenti a famiglie rifugiate a causa della guerra. Al pellegrinaggio Elena, che vive in Italia come rifugiata, è arrivata insieme a quattro amiche.
Tre mesi fa era a Leopoli ed è subito venuta via con orfani e disabili. «Dopo un mese che eravamo in Italia – ha raccontato – una ragazza mi ha detto che non aveva paura di morire ma che, davanti a quella ferocia e a quella crudeltà, che io le dicessi che Dio non c’era. Questo non l’ho mai pensato neanche per un istante perché io ho incontrato Dio e di segni che Dio ha vinto ne ho avuti tanti. Andiamo a Loreto, da Maria che ha sofferto il dolore più grande del mondo e che per questo ci capisce e può mostrarci l’unica vera vittoria sul male». Dopo di lei, all’inizio della Messa, il vescovo di Macerata, Nazzareno Marconi, ha salutato i presenti (fra gli altri il prefetto Flavio Ferdani, il sindaco Sandro Parcaroli, il presidente della regione Marche Francesco Acquaroli). Il neo presidente della Conferenza Episcopale Marchigiana ha parlato della speranza, ricordando l’immagine di Peguy secondo cui, appunto, la speranza è “una bambina che va ancora a scuola”. «E noi – ha chiosato il Vescovo – davanti alla tragedia della guerra e a tutte le tragedie vogliamo andare a scuola da Maria santissima, per imparare che nulla è impossibile a Dio».
Il cardinal Zuppi, nella sua omelia, e ancor prima in un incontro in sala stampa, ha svolto il tema del Pellegrinaggio senza perdere di vista un solo istante quanto sta accadendo nel mondo, dai cattolici perseguitati in Nigeria alle tante guerre che insanguinano il globo, alle domande esistenziali. Ha chiesto di far nostro il dolore delle vittime e delle madri di tanti giovani morti in guerra. Zuppi ha messo in guardia dallo scetticismo verso la preghiera, che pervade anche tanti cristiani, e dall’indifferenza verso la guerra in cui sta scivolando tanta gente. «Credere nella pace non è velleitario né una ingenuità di anime belle – ha detto – e l’unica strada è quella della preghiera, come indica il Papa. E poi tessere i tanti fili del dialogo perché si arrivi al risultato». Il Cardinale, presidente dei vescovi italiani, ha invitato a camminare per i sentieri della vita senza avere paura, «perché anche nelle valli più oscure si scopre che il pastore è con noi; Lui, l’unica vera sicurezza nella notte del potere delle tenebre, nella notte terribile della guerra». Per camminare bene e capire il nostro cammino sulla terra dobbiamo guardare il cielo. «Guardiamo il cielo e le stelle che illuminano le notti più scure. La luce si vede di più proprio quando il buio è più fitto». E la luce di questa notte in cammino è la Santa Casa di Loreto: «E’ una casa di pace che ci attende perché vogliamo che il mondo intero sia una casa di pace. La beata Vergine Maria come una stella luminosa vi accompagni».
Zuppi ha invitato tutti a non pensare che siccome a Dio tutto è possibile allora penserà Lui a tutto. «Tutto è possibile? Sta a noi. Sta a noi ricordare al mondo che la vita umana vale per quello che è e non per quello che ha e che le vite di nascituri, anziani, migranti, uomini e donne di ogni colore e nazionalità sono sacre sempre e contano come quelle di tutti. Dobbiamo essere artigiani di pace e generatori di amore: l’unica via perché il mondo non si distrugga».
Mentre i pellegrini, in pettorina bianca, uscivano sulle note di Mozart e Rachmaninov, il cardinale ha voluto salutare le autorità. Un pensiero affettuoso è andato a don Giancarlo che, però, non lo ha sentito perché era già fuori dello Sferisterio. «Don Giancarlo è già partito – ha sorriso Zuppi – è un pezzo che lo vedevo andare avanti e indietro. Mi commuovono la sua passione e la sua gioia. Questi due anni di “fermo” per lui debbono essere stati terribili».
Domenico Bartolini