Mercoledì 8 giugno, alcuni uomini armati hanno attaccato a Kashuga, nella provincia del Nord Kivu, nella Repubblica Democratica del Congo (Rdc), un campo in cui le famiglie avevano cercato riparo dopo essere fuggite dal conflitto tra gruppi armati e le forze armate nazionali (Fardc). L’attacco ha causato sette vittime, le ultime di una serie di 16 attacchi brutali e mirati ai campi di sfollati nelle province del Sud Kivu, del Nord Kivu e dell’Ituri, che negli ultimi 12 mesi hanno causato la morte di oltre 185 uomini, donne e bambini. Altre 82 persone sono state ferite.
“Hanno strappato le tende e decapitato mia figlia. Non ho più forze e non posso lottare per trovare cibo per i miei figli. Al mondo posso solo chiedere di aiutarci a ricominciare e a trovare un modo per guadagnare, vestirci e provvedere alle cure. Voglio che torni la pace per poter lavorare di nuovo”, ha raccontato un uomo ventottenne, sopravvissuto ad un attacco a un campo per sfollati a febbraio.
Questo l’allarme congiunto lanciato da varie organizzazioni che operano nel Paese – Action contre la Faim, Consiglio danese per i rifugiati, Magna, Medair, Mercy Corps, Consiglio norvegese per i rifugiati, Save the Children, Solidarités International – che “condannano senza riserve gli attacchi ai civili e alle infrastrutture civili, come scuole e ospedali. La violenza contro i civili, anche durante un conflitto, è vietata dal diritto internazionale umanitario. Gli attacchi a scuole e ospedali sono una grave violazione dei diritti dei bambini nei conflitti”.
Le organizzazioni chiedono a tutte le parti “di porre fine alle atrocità contro i civili, agli attacchi alle infrastrutture civili e all’impunità per queste azioni e alle autorità di ripristinare la pace e di garantire la sicurezza dei civili nelle aree di sfollamento e di ritorno, nonché di intraprendere indagini efficaci e di consegnare alla giustizia i responsabili delle violazioni dei diritti umani”.
Inoltre, è fondamentale, sottolineano, che “i partner bilaterali della Rdc sostengano il Meccanismo regionale di monitoraggio e gli sforzi di mediazione dell’Unione africana e di altri Paesi del continente, per contribuire a porre fine a questo brutale conflitto”.

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