DIOCESI – Prende il via oggi la rubrica che ci porta a conoscere i diaconi che operano nelle parrocchie della Diocesi. Abbiamo sentito il diacono Walter Gandolfi.
Walter quando è nata la sua vocazione?
Si dice che la vocazione nasce in famiglia. Sì, è vero, ogni vocazione è una chiamata che il Signore fa dentro una relazione di amore e la famiglia è il luogo privilegiato dentro cui si riflette l’amore circolare della Trinità. Provengo da una famiglia numerosa: sono l’ultimo di dodici figli. Sono vissuto in un ambiente contadino da “Albero degli zoccoli” dove i valori umani e soprattutto quelli cristiani erano messi al primo posto. Papà e mamma, sorretti da una solida fede nel Signore, da una grande fiducia nella provvidenza, da un senso profondo del sacrificio e da un forte attaccamento al lavoro, mi hanno educato al rispetto per tutti questi valori. La partecipazione alla messa domenicale in paese era per tutta la famiglia un appuntamento a cui non si doveva assolutamente mancare. Era una festa per tutta la famiglia, i vestiti più belli erano per quella messa della domenica. La mamma non mancava mai di partecipare al mattino presto, anche alla messa di tutti i giorni, nonostante la cura, i pensieri e la preoccupazione per tutti i bisogni della casa; per il marito che dal suo lavoro in campagna si traeva il sostentamento, per i figli che crescevano e avevano bisogno di attenzioni per educarli, per cosa mangiare e per come vestirli. Anch’io, fin da piccolo facevo compagnia alla mamma nella messa feriale, con il compito “speciale” di stare sull’altare a fare il chierichetto durante la funzione religiosa. Nella mia famiglia si respirava quest’aria. Proprio dalla passione per le celebrazioni liturgiche, in particolar modo quelle della Settimana Santa e dall’amicizia con alcuni sacerdoti che venivano a fare servizio al mio paese per aiutare il parroco, ma soprattutto dalla testimonianza cristiana di mamma e papà nasceva in me il desiderio di fare qualcosa di più del semplice chierichetto che serviva alla messa. Così, iniziai l’esperienza della formazione in seminario, per un discernimento sulla mia futura vocazione.
Ci racconti il suo percorso in merito.
Dopo gli studi superiori, cosciente che quella non era la mia vocazione, mi sono reso tuttavia, disponibile per collaborare in parrocchia, prima al mio paese nativo e poi qui a San Benedetto, dove ho conosciuto e poi sposato la mia attuale moglie. Inserito nella vita della mia parrocchia San Giuseppe, Padri Sacramentini, mi è stato affidato il compito di formare e seguire il gruppo dei ministranti, di animare le varie celebrazioni domenicali con il gruppo liturgico, di accompagnare, insieme a mia moglie, le coppie nella preparazione al sacramento del matrimonio e poi anche come ministro straordinario della comunione, per la visita agli ammalati portando loro l’eucaristia per confortarli e per farli sentire parte di una comunità. Al termine di una “Settimana Eucaristica” animata dai padri Sacramentini, siamo nell’aprile del 1994 e dopo 16 anni di matrimonio, l’allora vescovo diocesano mons. Giuseppe Chiaretti mi fa la proposta del Diaconato permanente. Con quell’incontro ha avuto inizio il mio cammino diaconale insieme ad altri 3 amici: Giovanni Spina, Antonio Barra e Giovanni Vai. Nella piccola comunità, da poco creatasi, ci siamo aggregati al primo diacono permanente della nostra diocesi, il dr. Raul Moreschini di Comunanza, che ci ha fatto da “fratello maggiore” nel cammino per la formazione spirituale e pastorale. La presenza nel cammino di formazione di alcuni sacerdoti particolarmente sensibili alla realtà del diaconato permanente ci ha resi determinati e vogliosi di poter essere utili, accanto al Vescovo in primis e poi ai sacerdoti, come collaboratori nei vari servizi pastorali: della carità, della liturgia e della catechesi.
In particolare quali servizi porta avanti?
Fin dalla mia ordinazione, 18 maggio 1997, ho continuato a svolgere gli impegni pastorali che avevo precedentemente. La cura dei ministranti e l’animazione di alcune sante messe domenicali, con la possibilità di tenere anche una breve omelia. La visita agli ammalati portando loro la Comunione e farli sentire parte di una comunità. La preparazione delle coppie al matrimonio attraverso diversi incontri per un cammino di fede e che faccia riscoprire loro la vocazione battesimale, l’appartenenza alla Chiesa e l’amore fedele e gratuito del Padre. Cammini di formazione per le giovani coppie con incontri di gruppo e con giornate di ritiro per approfondire l’essere coppia dentro le prove e le fatiche del quotidiano, da superare con l’ascolto della Parola di Dio e nella condivisione delle proprie esperienze. Accanto a questi impegni c’è stata anche la chiamata da parte del Vescovo ad un aiuto nell’attività liturgica diocesana, in particolare nelle celebrazioni per l’amministrazione del sacramento delle Cresime nelle parrocchie della Diocesi, e al servizio come “Cerimoniere” nelle solenni celebrazioni in cattedrale. Infine, faccio parte della pastorale familiare diocesana come referente per la formazione delle coppie che si preparano a celebrare il sacramento del Matrimonio.
Come riesce a conciliare questi impegni con la sua vita privata?
Ormai da qualche tempo sono pensionato, dopo tanti anni di lavoro in aziende private e negli ultimi anni, con la formula “part time”, anche nel pubblico impiego come insegnante di religione cattolica. Un’esperienza, quest’ultima, che mi ha dato grandi soddisfazioni dal punto di vista umano. Sul ricordino in occasione della mia ordinazione diaconale avevo fatto scrivere: “Signore, il Tuo Spirito mi guidi nel cammino verso una sempre più intensa armonia tra il ministero diaconale e il ministero coniugale e familiare, così da viverli ambedue gioiosamente e totalmente”. Con questa preghiera guardavo all’impegnativo percorso a cui ero stato chiamato. Pensando alla mia fragilità nell’armonizzare le tre diverse ministerialità, invocavo su di me la “Grazia” dello Spirito, senza la quale non ce l’avrei fatta. Sia il sacramento del Matrimonio e sia il sacramento dell’Ordine sono infatti fatti per la “missione” e pertanto ambedue proiettati verso l’altro/verso gli altri. L’impegno in questi anni c’è stato, per fare in modo che le tre realtà non andassero in sovrapposizione e che ognuna avesse lo spazio suo proprio. Purtroppo, a volte, succede che una parte prenda il sopravvento sull’altra. Come si concilia? Con tanta pazienza, con il supportarci e il sopportarci, con il dialogo per chiarire i diversi punti di vista e a volte anche superare le incomprensioni e tanta preghiera, perché solo la presenza “massiccia” dello Spirito, può armonizzare, consolare, incoraggiare il cammino della coppia chiamata a vivere la vocazione diaconale.
A quali sfide è chiamato oggi il diaconato permanente?
E’ importante concentrarsi, sempre di più, sulla “testimonianza” quale via maestra per rendere visibile ed efficace l’opera di annuncio e di catechesi. Un cammino di formazione diaconale che ponga attenzione alle spose e alle famiglie dei diaconi e dei candidati, per far scoprire loro e approfondire la grazia della duplice sacramentalità, quella dell’ordinazione e quella del matrimonio, che li chiama ad essere insieme un segno della diaconia. La formazione specifica deve puntare a coniugare meglio il ruolo ecclesiale e quello sociale del diacono. La sfida della “fragilità”, per un nuovo slancio missionario e per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. L’attuale situazione della Chiesa, profondamente cambiata rispetto ai tempi passati invoca nei diaconi, un supplemento di coraggio e di parrasia.
“In nome della speranza, coi loro gesti concreti, i diaconi devono essere capaci di vincere, innanzitutto, il senso di apatia e di assuefazione che sembra pervadere l’odierno tessuto sociale, intaccando talvolta anche la vita ecclesiale e insinuandosi spesso, purtroppo succede, anche nella mentalità di alcuni diaconi. I diaconi, educati nella luce del vangelo e insieme educatori ai valori evangelici, si devono prendere cura dell’interezza della persona, nei vari momenti, anche contraddittori o comunque drammatici, dell’esistenza che quotidianamente vive e sperimenta. La speranza per il futuro del ministero diaconale nella Chiesa italiana e nel mondo, dunque, è che la diaconia sacramentale torni ad essere un segno luminoso di testimonianza e di profezia, un luogo dove la Parola, l’eucaristia e i poveri possano essere di nuovo il cuore di una rinnovata vita ecclesiale. L’appello ad osare il coraggio della speranza,[…] è rivolto anche ai diaconi chiamati alla scelta di vivere a servizio del santo vangelo e dei poveri e a conformarsi sempre più a Cristo, per essere davvero, nella Chiesa e nel mondo, gli eletti dispensatori della carità”. (Enzo Petrolino).
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Ho seguito con commozione e tanti ricordi vissuti in Seminario a Seveso con l'allora don Gegè, come veniva amabilmente chiamato, la celebrazione dei suoi funerali, rivedendo dopo tanti anni il diacono Walter Gandolfi, del quale ho letto la testimonianza. Ho vissuto nel 1993 le Missioni al Popolo assegnato alla Comunità dei Padri Sacramentini. Ho conosciuto in quell'occasione Walter e Nicoletta, alloggiando presso il dott. Bachetti in Via Ugo Bassi. Quanti ricordi sempre vivi anche a distanza di anni; Saluto quindi Walter e Nicoletta. Ogni bene. Grazie
Carissimo Giulio. Le tue notizie mi rendono felice. Vedo che hai trovato la tua strada. Il Signore ti accompagni sempre e ti dia gioia e serenità. Chissà che le nostre strade un giorno non si possano incontrare. Sarebbe bello. Io e Nicoletta nutriamo un bel ricordo di te. Ti auguriamo ogni bene e ti abbracciamo affettuosamente. Tu prega sempre per noi. Grazie.