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Il Direttore Pietro Pompei ricorda l’amico don Domenico Vitelli

Di Pietro Pompei

RIPATRANSONE – Di fronte alla bara di un amico, come lo è stato don Domenico Vitelli, i ricordi tornano ad affollare la nostra mente e con essi le tante cose che avremmo voluto ancora dirci e le tante che avremmo desiderato fare insieme. E riaffiorano i pressanti interrogativi sul mistero della morte. Dove trovare una risposta? Lo scrittore Gibran, nel Profeta, dice:” Vorreste conoscere il segreto della morte. Ma come lo scoprirete se non cercandolo nel cuore della vita?”. Ma bastano la scienza o la filosofia ad acquietare la nostra ansia? Lo scrittore William Blake annuisce:” Nessun uccello si leva troppo in alto, se sale con le proprie ali”. Ecco allora sentiamo risuonare le parole:” Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me”. (Gv,14).Dice Gesù. E’ la Fede a darci un’esauriente spiegazione della morte. Aggiunge S.Paolo:” Ecco, io vi annunzio un mistero: non tutti, certo, moriremo, ma tutti saremo trasformati in un istante, in un batter d’occhio, al suono dell’ultima tromba”. (Corinzi,15). Grande è la nostra Speranza. Ed il pensiero della morte deve spingerci a riscoprire l’altro ,sia nel momento del distacco sia nel cammino fatto insieme.
Noi del settimanale “l’Ancora” voluto dal vescovo mons. Giuseppe Chiaretti, ci sentiamo di dire un grande “Grazie” a don Domenico che insieme a don Armando Alessandrini sostenne il gravoso incarico di iniziare una pubblicazione convinti dell’importanza della comunicazione oggi nell’opera pastorale. Bisognava superare tante difficoltà e nell’aiuto che alcuni di noi settimanalmente portavano anche in tipografia, abbiamo potuto constatare con quanto impegno e competenza don Domenico svolgeva il suo compito. Per noi è stato un esempio di etica professionale, tante volte ci faceva notare il rigore della notizia e il rispetto del linguaggio.
La morte ci ripropone la Carità:” Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi”. (Gv,17).

La vita che è alimentata dall’amore, torna ad interrogarci proprio nel distacco ed allora comprenderemo i dettagli della nostra esistenza, come ben esprime con i suoi versi padre Turoldo:” Ma quando da morte passerò a vita,/ sento già che dovrò darti ragione,/ Signore./ E come un punto sarà nella memoria/ questo mare di giorni./ Allora avrò capito come belli/ erano i salmi della sera…/ Allora/ riudirò la dolcezza degli squilli/ mattutini/ per cui tanta malinconia sentii/ ad ogni incontro con la luce…/ Mai/ canto di gioia intonò il mio cuore,/stordito dalla fragranza delle creature…/E, allora, perché, perché,/ dovunque ero così triste?”.
Il pianto della morte, ce lo portiamo dentro; non dobbiamo lasciarci condizionare:” Grande è la morte:/ Noi siamo suoi, suo è il nostro sorriso./ Credendoci giunti allo zenit della nostra vita/ osa piangere nel profondo di noi stessi”. Così si esprime il poeta Rainer Maria Rilke.

All’ingresso del cimitero di Ripatransone c’è un endecasillabo veramente incoraggiante che dice: “Mors regnat, regnum sed brevis mortis erit”. Alcuni di noi che hanno fatto un pezzo di strada insieme a don Domenico fin dalla adolescenza, ricordano il ritmare dato a questi versi nelle uscite a passeggio. E nella ricorrenza del 60° di sacerdozio di don Vitelli del marzo scorso, sono tornati i nomi di alcuni insegnanti, tra i quali ci piace ricordare don Pippo Consorti, canonico teologo del Duomo, professore di greco, studioso del Manzoni, il quale ci incitava con una frase di S.Agostino. “Quod aeternum non est, nihil est”.

Oggi, caro don Domenico stai sperimentando, quanto sia vero tutto questo e come la tua vita sia stata orientata da questa sollecitazione. Non dimenticarci, così come noi non ti dimenticheremo…“ché- come scrive Dante nel 3° canto del Purgatorio al verso 145- qui ( nel Purgatorio) per quei di là molto si avanza”.

Redazione: