Daniele Rocchi
“Un disastro. È tutto bloccato e nessuno sa come andrà a finire e cosa potrà accadere in futuro. Non c’è un sentimento di unità nazionale ma solo una mentalità settaria. Gruppi e fazioni in campo curano solo interessi di parte e non cercano il bene comune e l’interesse nazionale. Così facendo hanno distrutto il sentimento patriottico”.
Non usa mezzi termini il patriarca caldeo di Baghdad, card. Louis Raphael Sako, per esprimere al Sir tutto il suo disappunto circa lo stallo politico in cui versa l’Iraq. Una crisi che va avanti da ottobre scorso, quando dalle urne uscì vincitore il religioso sciita Muqtada al Sadr, uno dei personaggi iracheni più influenti del Paese, il cui movimento ottenne 73 parlamentari (su un totale di 239). Da allora ogni tentativo di eleggere il presidente iracheno, step necessario per procedere alla formazione del nuovo governo, è fallito. Il cardinale più volte, nei suoi interventi pubblici, ha richiamato l’urgenza di arrivare a sbloccare l’impasse istituzionale per dare al Paese un Governo forte e stabile.
Denaro e potere. Il patriarca indica nella “sete di denaro e di potere” i motivi del fallimento. “Denaro e potere – spiega – alimentano questa mentalità settaria, soprattutto adesso che il prezzo del petrolio è tornato a salire”. Desta preoccupazione, poi, la scelta di Muqtada al-Sadr di ritirare i 73 deputati del suo movimento politico: “si sono dimessi in massa – annota il cardinale – ed è un peccato perché lui è uscito vincitore dalle urne”. Guardando all’odierno panorama politico iracheno, Mar Sako sottolinea:
“non vedo un sentimento e una volontà di creare uno Stato sovrano, democratico basato sulla cittadinanza, sul progresso, sulla stabilità. Le sfide sono tante ed enormi ma senza il dialogo, le idee e la volontà sarà difficile affrontarle”.
“Si vuole perseguire solo il proprio interesse settario e per questo non vuole dialogare, e peggio ancora, ascoltare. Serve un dialogo coraggioso e leale, mai come adesso. Purtroppo – ribadisce il cardinale – ognuno avanza le proprie condizioni e ciò non fa altro che creare uno stallo pericoloso che porterà, probabilmente a nuove elezioni”. Emerge un quadro frammentato con “spaccature evidenti in campo sciita, tra Muqtada al-Sadr e suoi rivali sostenuti dall’Iran, divisioni anche tra gli stessi sunniti e tra le componenti curde. La frammentazione non è l’humus ideale per prendere decisioni importanti e buone”.
“Manca la libertà perché questi gruppi dipendono da attori regionali e dalla politica internazionale. Tanti Paesi – denuncia il patriarca caldeo – non vogliono un Iraq forte, stabile, unito e florido. Non è nel loro interesse”.
Crisi in aumento. Le conseguenze sono visibili e, aggiunge il cardinale, “ricadono sulla testa dei cittadini e dei più poveri che non vedono prospettive e sono privi di speranza. In questi ultimi mesi, complici anche la grande siccità e la guerra in Ucraina, sono aumentati i prezzi dei principali beni di consumo. In Iraq la produzione agricola, così come quella industriale, è poca cosa. Come Paese importiamo moltissimi di questi prodotti. Il grano comincia a scarseggiare. Ma i politici non hanno di queste preoccupazioni”. Da qui la previsione di Mar Sako: “Credo che al-Sadr punterà molto sul malcontento popolare e cercherà di bloccare la formazione di un nuovo governo organizzando grandi manifestazioni di protesta”. In questo quadro così complicato i cristiani non hanno la forza di incidere: “Come cristiani non abbiamo particolare rappresentanza.
Quattro dei 5 seggi riservati ai candidati cristiani, dal sistema elettorale nazionale, sono andati al ‘Movimento Babilonia’ collegato alle milizie sciite filo-iraniane, opposte ad al-Sadr. Candidati che non hanno libertà di movimento per proporre idee e progetti. A fronte di ciò la comunità cristiana è molto più rispettata grazie anche alla visita di Papa Francesco (5-8 marzo 2021), che ha contribuito ad aprire la mentalità della gente, ma non quella della politica. Speriamo – conclude – che tra i nostri politici emergano presto personalità che abbiano a cuore il bene dell’Iraq e del suo popolo”.