L’estate è tempo di scelte per chi sta concludendo il percorso della scuola superiore di secondo grado. Nei mesi trascorsi, per i giovani che sono prossimi al diploma, le scuole e gli enti territoriali hanno organizzato iniziative finalizzate all’orientamento degli studenti, tema piuttosto spinoso.
A generare incertezza è lo scenario occupazionale futuro estremamente fluido e soggetto a crisi e trasformazioni più o meno repentine. Le strade da intraprendere per maturare una professionalità sono lunghe e impegnative e non c’è alcuna garanzia di inserirsi rapidamente nel mondo del lavoro alla fine del cammino formativo.
A confondere le idee c’è poi il mondo dei social, molto seguito dai ragazzi, dove una schiera di aspiranti influencer raccontano facili guadagni ricavati da inedite (e fantasiose) professioni virtuali. Basta farsi un giro su tiktok o instagram per imbattersi in veri e propri banditori di fiera che, rilasciando interviste direttamente dal sedile delle proprie lussuose e rombanti automobili, parlano con disinvoltura di e-commerce, finanza online e facili investimenti in valute futuristiche.
Come si può, quindi, orientarsi al futuro con cognizione di causa e scegliere in maniera consapevole la propria direzione di vita?
Alcuni giovani decidono di proseguire lungo la strada già intrapresa alla scuola superiore, c’è poi chi analizza tutti i possibili sbocchi lavorativi di un corso di laurea per superare le proprie incertezze.
Certamente il proprio curriculum, le opportunità lavorative, i dati statistici possono essere concreti elementi di riflessione. Ma sono determinanti per effettuare la scelta giusta?
La strada che conduce all’acquisizione delle competenze che definiscono una professione è piuttosto lunga e “perigliosa”. Molto rischioso quindi non domandarsi, prima di scegliere, quali siano realmente le proprie caratteristiche e attitudini.
La decisione, quindi, prima di tutto deve rispondere alla domanda: ho tempo e voglia di continuare a studiare? Sarà molto difficile, infatti, portare a termine il percorso se alla base non c’è un reale interesse, ma piuttosto l’idea di dover avere un pezzo di carta in mano per trovare lavoro. Spesso l’abbandono avviene, infatti, non perché non siamo bravi in quella cosa e non ne abbiamo le capacità, ma perché non abbiamo abbastanza motivazione a volerla fare, e quindi fatichiamo a concluderla.
La domanda fondamentale dovrebbe essere: chi voglio essere?
La professione che svolgiamo è espressione della nostra identità, ne diventa parte integrante. Per fare una buona valutazione occorre chiamare a raccolta i propri interessi, le proprie passioni e i valori di riferimento. Un’analisi centrata non può non tenere conto anche delle nostre fragilità e dei nostri limiti. Per qualsiasi percorso si decida intraprendere occorrerà mettere in conto cadute, battute d’arresto e frustrazioni.
Alla base di un autentico processo di crescita c’è poi necessariamente la motivazione che non può essere “esterna”, come la richiesta del mercato o i dati statistici sugli sbocchi occupazionali del nostro Paese. Le leve motivazionali hanno a che fare con l’ambito delle relazioni sociali, le ambizioni individuali, il potenziale creativo di ciascuno e il desiderio di mettersi alla prova in vista di uno sviluppo personale. Occorre fare i conti con i propri desideri e l’inclinazione alla rinuncia, all’applicazione e al sacrificio. Bisogna misurarsi onestamente con il personale grado di autonomia e indipendenza.
Le proprie paure e anche quelle della famiglia che si ha alle spalle giocano anche in questo caso un ruolo piuttosto insidioso. Non è semplice scrollarsele di dosso.
C’è da dire che l’orizzonte fluido che il nostro tempo propone è anche ricco di possibilità, a saperle cercare, e non è detto che lo sbocco universitario sia l’unico orizzonte potenzialmente gratificante. Le strade quindi sono molteplici, ma vanno ponderate con consapevolezza e maturità.