Dopo 18 giorni di proteste, i rappresentanti del Governo ecuadoriano e dei movimenti indigeni hanno firmato un primo accordo, che pone fine all’agitazione. Un risultato arrivato quasi all’improvviso, dopo che in settimana il tavolo era stato abbandonato dal Governo e il presidente Guillermo Lasso si era salvato per pochi voti dall’impeachment, chiesto dalle opposizioni. Ieri, invece, il dialogo, che avuto la Chiesa cattolica come mediatrice, ha ottenuto il risultato di porre fine allo sciopero nazionale a oltranza. Il documento è stato firmato nella sede della Conferenza episcopale. Per i vescovi ecuadoriani, era presente l’arcivescovo di Quito, mons. Alfredo José Espinoza Mateus.
La firma del documento rappresenta la cessazione delle mobilitazioni degli indigeni, il ritorno nei loro territori e la sospensione di ogni atto che possa incidere negativamente sull’ordine pubblico o sulla pace nel Paese. “Una decisione attesa dalla maggioranza dell’opinione pubblica – commenta al Sir da Cuenca, nel sud del Paese, Damiano Scotton, padovano, docente di Relazioni internazionali all’Università dell’Azuay -. La nostra città, la terza del Paese, non è stata particolarmente coinvolta in manifestazioni, ma di fatto era isolata. Da giorni non arrivavano benzina, gas, prodotti alimentari, tutto era bloccato. L’altro ieri solo all’ultimo minuto un camion è riuscito a portare l’ossigeno per l’ospedale, se non ci riusciva sarebbero morte cinquanta persone, tra cui alcuni neonati”.
L’accordo prevede l’abrogazione del Decreto 95, il che significa che non sarà possibile estendere il confine per svolgere attività petrolifere, questo per tutelare i territori e quindi i diritti collettivi degli indigeni.
Un’altra delle misure che andranno a diretto beneficio delle popolazioni autoctone è la riduzione del prezzo del diesel, che passerebbe da 1,90 dollari a 1,75 dollari mentre la benzina passerebbe da 2,55 a 2,40 dollari. Una diminuzione inferiore a quella chiesta dai manifestanti, ma alla fine accettata. È stato anche stabilito che inizierà un processo per definire quali settori richiedano ulteriori sussidi, per quanto riguarda agricoltori, trasportatori e pescatori.
Altro aspetto di grande importanza è la riforma del Decreto 151, che consente di concludere che attività come quella mineraria non possono essere svolte in aree protette o territori ancestrali, in aree dichiarate immateriali, di importanza archeologica o che rappresentano un’area di tutela delle acque. L’obiettivo è garantire la consultazione preventiva, libera e informata dei Comuni, delle comunità, dei popoli e delle nazionalità indigene, in accordo con la Corte interamericana dei diritti dell’uomo. Saranno, inoltre, rafforzate le operazioni e i meccanismi di controllo dei prezzi, cercando di porre fine alle speculazioni sui beni di prima necessità.
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