M.Michela Nicolais
La guerra “riempie il cuore di incertezze per i rischi imprevedibili che porta con sé”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, nell’indirizzo di saluto con cui ha aperto il Consiglio permanente straordinario della Cei, svoltosi oggi in videoconferenza. La guerra “è una pandemia terribile, che rivela anche tante complicità, omissioni, rimandi, la inquietante facilità con cui il suo incendio può distruggere la vita normale delle persone”, ha denunciato il cardinale, secondo il quale “non basta solo esortare o deprecare, ma occorre contribuire positivamente con la riflessione, la cultura, la competenza, il coraggio evangelico”. “La guerra, in questo mondo dalle connessioni globali, si contagia anche a Paesi lontani, come vediamo con la preoccupante crisi alimentare, che metterà in gravissima difficoltà tutte le economie, specie quelle del Sud del mondo!”, ha proseguito Zuppi: “Questo comporta anche gravi conseguenze sociali nel nostro Paese che ci responsabilizzano e che richiedono interventi dello Stato e maggiore solidarietà”.
“Dobbiamo attrezzarci a questa situazione di emergenza anche in Italia per i nuovi bisogni e le povertà che si apriranno”,
l’appello del presidente della Cei: “E questo richiede un rinnovato e responsabile senso di unità e di ricerca del bonum comune, capace di mettere da parte approcci ideologici sterili e pericolosamente opportunistici, interessi di parte, polarizzazioni controproducenti e di contribuire ciascuno con la propria visione, ma nella consapevolezza di un destino che ci unisce.
Le prossime scelte segneranno la vita della nostra gente per molto tempo!”.
Per Zuppi, “sarà necessario anche rinvigorire e riorientare la nostra azione di solidarietà, come Chiesa in Italia, in tante parti del mondo che saranno toccate drammaticamente dalla crisi economica e alimentare, aggiornando ai bisogni e alle emergenze il nostro modo di aiutare ed essere vicini”.
“La migrazione – ha denunciato il presidente della Cei – è stata troppo a lungo affrontata come fenomeno emergenziale o con approccio ideologico,
mentre rappresenta un fatto strutturale della società e richiede approccio umanitario, realistico, istituzionale, di sistema e di visione del futuro per difendere e onorare la propria identità”. “Concedere la cittadinanza italiana ai bambini che seguono il corso di studi con i nostri ragazzi –
il cosiddetto ius scholae o ius culturae – deve suscitare delle idee e non delle ideologie per trovare le risposte adeguate”,
ha precisato il cardinale, ricordando che su tale istanza la Cei si è espressa da tempo.
“Una politica nuova della famiglia e dell’accoglienza, che permetta di uscire dal precariato, dall’incertezza e promuova uno sguardo fiducioso nel futuro”. Nell’auspicarla, Zuppi ha esorato ad “intervenire con chiarezza su alcune priorità per la difesa della persona, sempre e chiunque, anche con la necessaria interlocuzione con la politica”. Tra le priorità, “quella degli abusi e la necessità di essere conseguenti agli impegni presi, nella trasparenza delle risposte, assumendoci, come deve essere, la piena responsabilità davanti a Dio e davanti agli uomini, migliorando se necessario gli strumenti già decisi”. “Ci aiuteranno professionisti che sono e saranno chiamati a verificare il nostro lavoro, sia a livello centrale come diocesano, verso i quali sospetti di compiacenza sono offensivi per la loro professionalità”, ha spiegato il cardinale.
“Siamo chiamati a un rinnovamento”,
la tesi del presidente della Cei. “Ce lo richiedono con urgenza e determinazione – ha spiegato – la sofferenza e la povertà della nostra gente, acuite dall’isolamento e da un tessuto di relazioni così lacerato. Non voglio dimenticare gli anziani, tutti i fragili, come i giovani che non escono di casa e le tante persone con problemi psichiatrici. I poveri sono sempre all’origine della vocazione della Chiesa e la Chiesa è di tutti se è particolarmente dei poveri”. Richiamando le parole di Papa Francesco al Convegno Ecclesiale Nazionale di Firenze, Zuppi ha incoraggiato a dare vita a una “Chiesa lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza”.
“Non abbiamo – ha sottolineato – una nostra vicenda a parte, nel recinto delle nostre istituzioni, ma c’è una storia in comune con le donne, gli uomini, i poveri, i popoli del nostro tempo”.
Di fronte a questi “segni dei tempi drammatici”, ha continuato, “sentiamo la necessità di non fare mancare il nostro aiuto alla costruzione di una società più umana e giusta, abitata dalla fraternità. Ma, per questo, non basta solo esortare o deprecare; occorre invece contribuire positivamente con la riflessione, la cultura, la competenza, il coraggio evangelico”.
Il primo pensiero del cardinale è andato a “quanti con semplicità, dedizione, silenziosamente offrono la vita per amore del Vangelo”. Il presidente della Cei ha quindi ricordato “con emozione e senso di riconoscenza e debito” suor Luisa Dell’Orto, Piccola sorella del Vangelo di Charles de Foucauld, uccisa sabato 25 giugno a Port-au-Prince, ad Haiti, e con lei “tutti i nostri missionari e missionarie che restano in tanti Paesi spesso teatro della guerra mondiale così poco ricordata”. “Il nostro è un Paese di donne e uomini generosi. La Chiesa, formata dal Cammino sinodale, è chiamata tutta a entrare in dialogo con questi uomini e donne”, ha detto il cardinale che ha concluso il suo indirizzo di saluto citando padre Pino Puglisi, ucciso nel 1993 a 56 anni, e confidando il desiderio di recarsi, all’inizio del suo mandato, a Brancaccio e sulla tomba di don Primo Mazzolari.
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