Adriana Masotti – Città del Vaticano
Sapersi in viaggio e mai sentirsi una persona arrivata. Guardare lontano ponendo attenzione al cammino che si sta compiendo e a chi s’incontra sulla via: è di questo che Papa Francesco parla oggi commentando all’Angelus la parabola del buon Samaritano, la pagina del Vangelo di Luca proposta dalla liturgia di questa domenica. (Ascolta il servizio con la voce del Papa)
Lasciarsi interpellare da ciò che accade lungo la via
La strada, ricorda il Papa, “è quella che da Gerusalemme scende a Gerico, lungo la quale giace un uomo picchiato a sangue e derubato dai briganti”. Di lì passano un sacerdote e un levita ma non si fermano. Un Samaritano invece “lo vide e ne ebbe compassione”. Anche lui era in viaggio e Francesco osserva: “quel Samaritano, pur avendo i suoi programmi ed essendo diretto a una meta lontana, non trova scuse e si lascia interpellare da ciò che accade lungo la strada”. E’ ciò che il Signore ci insegna, a guardare alla meta finale, ma vivendo il “qui e adesso”. Il Papa prosegue:
È significativo che i primi cristiani furono chiamati “discepoli della Via” cioè del cammino. Il credente infatti somiglia molto al Samaritano: come lui è in viaggio, è un viandante. Sa di non essere una persona “arrivata”, ma vuole imparare ogni giorno, mettendosi al seguito del Signore Gesù, che disse: “Io sono la via, la verità e la vita”. Il discepolo di Cristo cammina seguendo Lui, e così diventa “discepolo della Via”. Va dietro al Signore, che non è un sedentario, ma sempre in cammino: per la strada incontra le persone, guarisce i malati, visita villaggi e città.
Aprire gli occhi sulla realtà
Seguendo Gesù il discepolo cambia e assomiglia sempre di più al suo Maestro che era sempre in cammino, visitava villaggi e città, andava incontro alle persone, guariva i malati. Il discepolo impara, afferma Papa Francesco, “a vedere e ad avere compassione”, come lui.
Anzitutto vede: apre gli occhi sulla realtà, non è egoisticamente chiuso nel giro dei propri pensieri. Invece il sacerdote e il levita vedono il malcapitato, ma è come se non lo vedessero, passano oltre, guardano da un’altra parte. Il Vangelo ci educa a vedere: guida ognuno di noi a comprendere rettamente la realtà, superando giorno dopo giorno preconcetti e dogmatismi. Tanti credenti si rifugiano nei dogmatismi per difendersi dalla realtà.
Saper andare oltre se stessi
Il Vangelo insegna poi ad accorgersi degli altri, ad avere compassione e ad agire come quel Samaritano. Il Papa fa notare che leggere questa parabola del Vangelo può suscitare due sentimenti: “colpevolizzare o colpevolizzarsi”. Puntare il dito verso altri, simili ai due che non si sono fermati, o verso se stessi ricordando le proprie disattenzioni. Ma il Papa suggerisce “un altro tipo di esercizio” e dice:
Certo, dobbiamo riconoscere quando siamo stati indifferenti e ci siamo giustificati, ma non fermiamoci lì. Questo dobbiamo riconoscere, è uno sbaglio. Ma chiediamo al Signore di farci uscire dalla nostra indifferenza egoistica e di metterci sulla Via. Chiediamogli di vedere e avere compassione, questa è una grazia – dobbiamo chiedere al Signore: “Signore che io veda, che io abbia compassione come tu vedi me e tu hai compassione di me, questa è la preghiera che oggi suggerisco a voi, – che abbiamo compassione di coloro che incontriamo lungo il cammino, soprattutto di chi soffre ed è nel bisogno, per avvicinarci e fare quello che possiamo per dare una mano.
Il Papa sottolinea l’importanza di toccare il bisognoso, di guardare gli occhi delle persone che soffrono perché la carità che facciamo non sia per noi, per la nostra coscienza, ma per loro. “Vi lascio questo pensiero – dice ancora Francesco – : vedere e avere compassione”. E’ un cammino di crescita, conclude, e la Vergine Maria ci è compagna di viaggio: che lei ci aiuti “a diventare sempre più ‘discepoli della Via’”.