“Una marcia della pace in questo momento sembra una iniziativa impotente perché siamo tutti impotenti di fronte ad una guerra così. Però non possiamo stare con le mani in mano e le braccia conserte a osservare”. È quanto afferma nunzio apostolico in Ucraina, mons. Visvaldas Kulbokas, in merito alla Marcia per la pace in programma ieri a Kiev.
Un’iniziativa promossa dal Progetto Mean (Movimento europeo di azione nonviolenta), e sostenuta da 35 organizzazioni italiane, tra queste anche l’Azione Cattolica. “Anche se ci sentiamo impotenti, abbiamo, da una parte Dio, se siamo credenti, e dall’altra parte abbiamo tutta quella attività civile e culturale per la non violenza che non interferisce minimamente in ciò che l’Ucraina, il popolo e il governo, considerano necessario fare per difendersi. È pertanto una iniziativa che si aggiunge e completa ogni sforzo per la pace”. Il nunzio spiega che “l’azione non violenta comporta un lavoro culturale, di immagine attraverso i mass media, e di sensibilizzazione delle coscienze a livello della società civile e internazionale e questo lavoro è necessario perché altrimenti noi abbandoniamo la guerra ai politici e ai militari e lasciamo soltanto a loro questo impegno. Invece, a mio avviso, ci deve essere uno sforzo enorme – ancora più grande di quello che si sta facendo adesso – per lavorare insieme perché tutta l’umanità sia unita – non soltanto per questa guerra in Ucraina ma per tutte le guerre in atto – perché in nessun momento le guerre scoppiano e quando ci sono, perché siano risolte il prima possibile”. L’Ucraina è in questi giorni sotto il fuoco con bombardamenti che purtroppo colpiscono e uccidono anche i civili e allontanano il progetto della pace. “A Dio tutto è possibile”, ricorda il nunzio. “E noi uomini, credenti e non credenti, dobbiamo fare la nostra parte e la nostra parte – se siamo credenti – è la preghiera, prima di tutto. Insieme, credenti e non credenti, possiamo sostenere l’azione non violenta, che non è né politica né militare. Ma agisce in un altro ambito, in un’altra dimensione. È un’azione che agisce sulle coscienze, nella sensibilizzazione delle persone, nell’incoraggiamento al dialogo. Certo, anche qui, il dialogo non c’è quando non c’è apertura e disponibilità di tutte le parti e purtroppo in questo momento non c’è. Però se non c’è apertura non significa che dobbiamo rinunciare. Ricordo un’immagine bellissima di San Crisostomo: anche una pietra può essere scalfita dalle gocce di acqua che cadono una dopo l’altra. Le piccole gocce d’acqua sono capaci di rompere anche una pietra. Qui possiamo paragonare la guerra ad una pietra difficile da scalfire. Però queste gocce sono necessarie, sono essenziali”. Riguardo alla visita di papa Francesco in Ucraina, il nunzio ripete: “Non c’è nulla da aggiungere a ciò che mons. Gallagher ha già detto anche chiaramente. Bisognerà valutare soprattutto le condizioni di salute fisiche del Papa quindi sì, non si esclude ma il Santo Padre e la Santa Sede valuteranno quando è possibile. È un desiderio, ma per ora non sappiamo quando concretamente si potrà realizzare. Spero il presto possibile. Personalmente lo spero”.
Il Mean è un’aggregazione di 35 organizzazioni italiane e da due mesi è al lavoro, con incontri e dialoghi con le organizzazioni della società civile ucraina, per mettere a punto l’organizzazione di iniziative nonviolente e di supporto alla pace. La scelta dell’11 luglio, è simbolica perché è il giorno di san Benedetto, patrono d’Europa, e l’anniversario dell’inizio della strage di Srebrenica, il peggiore massacro avvenuto in territorio europeo dalla fine della seconda guerra mondiale. Ieri sera, alla vigilia della manifestazione, sono state collegate con Kiev 15 piazze italiane ed europee.