Elisabetta Gramolini
Per una sera hanno indossato abiti scintillanti, ballato in pista e fatto un ingresso da star a bordo di una lunghissima limousine. Tutto questo non per vanità ma per la felicità di riconoscersi come persone. A Miami, nel Marian Center, una struttura del Cottolengo aperta quasi sessanta anni fa da un gruppo di undici suore, per salutare l’estate quasi cento giovani e meno giovani con varie disabilità hanno vissuto una serata da sogno.
L’idea di organizzare l’evento è venuta proprio dagli ospiti della casa famiglia e dai frequentatori dei laboratori protetti. “Nei due anni di pandemia abbiamo sofferto tutti. La serata invece è stato un modo per celebrare la vita, il bello di stare insieme e quello che c’è fra noi”, racconta suor Filomena Mastrangelo, direttrice della casa famiglia, da undici anni al servizio del centro in Florida. “Il momento più bello – dice – è stata la preparazione, il desiderio che ho letto nei loro occhi di vivere una giornata diversa, in cui ciascuno era protagonista. Vedere la gioia, la serenità e l’entusiasmo è stata una soddisfazione. Abbiamo avuto la conferma di far parte di una famiglia perché quando loro sono contenti anche noi lo siamo. Siamo qui per fare in modo che abbiano una vita dignitosa, degna di essere vissuta”.
La serata è stata sostenuta dall’associazione dei genitori che ha affittato la limousine, gli addobbi sfarzosi della sala, gli abiti e il tappeto rosso su cui hanno sfilato gli ospiti. “Sono arrivate in dono anche delle valigette con il make up – aggiunge la religiosa -. Sono sicura sia stata la provvidenza. Nel cuore ho una frase del Cottolengo che dice: ‘anche se molti di questi ragazzi non sono in grado di badare a loro stessi, voi dovete renderli amabili’.
E per me, renderli amabili è curarli nel corpo, nello spirito e, perché no, all’occorrenza truccarli. Durante la pandemia abbiamo tentato di tenere alto l’umore con iniziative per supplire alla distanza e alla solitudine. Questa gala è stata l’occasione per dare gioia e bellezza alla vita”. L’esperienza ha convinto tutti, tanto che l’intenzione è di replicare il prossimo anno. Anche la partecipazione dei volontari e della comunità locale è stata viva. Del resto, la struttura è ben inserita e considerata a Miami: “Qui chiunque è ben accetto – osserva suor Filomena -. Noi accogliamo il bisogno e la persona. Non guardiamo alla confessione religiosa. A Natale facciamo uno spettacolo in cui tutti sono coinvolti. Viene tanta gente a vederlo e siamo costretti a fare tre repliche. Il nostro coro di campane è richiesto per iniziative sociali ed ha suonato anche in piazza San Pietro a Roma per il Papa nel 2018. Ospitiamo gli studenti universitari che nei nostri laboratori compiono il tirocinio e teniamo molti rapporti di collaborazione con le altre scuole”.
I servizi offerti dal Marian Center sono negli anni aumentati. “Per prima è sorta l’abitazione poi la scuola per i bambini affetti da sindrome di Down. Via via sono cresciute le richieste e così sono nati i laboratori protetti per adulti. Solo in anni più recenti è sorta una casa che accoglie attualmente 13 ragazze diversamente abili che non hanno una famiglia in grado di assisterle. Lavoriamo in collaborazione con gli assistenti sociali e l’agenzia americana per le persone con disabilità. Anche in questa struttura di Miami cerchiamo di mettere in pratica lo spirito del Cottolengo, cioè offrire un ambiente familiare perché se le persone sono qui è perché hanno alle spalle delle situazioni di non accettazione. Abbiamo per esempio una ragazza che non ha nessuno al mondo. Noi siamo la sua famiglia e cerchiamo di darle tutto l’amore possibile”.
I numeri che ruotano intorno al centro sono alti. La scuola è frequentata da 28 bambini e ragazzi dai 6 ai 21 anni, i laboratori protetti da 85 adulti mentre il personale conta su quattro suore e 36 dipendenti fra insegnanti, operatori ed educatori. Come da tradizione delle strutture del Cottolengo, anche in Florida gli obiettivi delle attività spingono verso il raggiungimento dell’autonomia e della promozione umana. Le persone che frequentano il centro non sono impegnate solo nei corsi di cucina, computer, gioielleria o giardinaggio ma anche nello sport. “Alcune di loro – ricorda suor Filomena – gareggiano nelle Special Olympics per cui lo scorso anno a Orlando hanno vinto delle medaglie d’oro”. Poi ci sono le attività casalinghe come il riordino degli ambienti perché l’intento degli educatori è di aiutarli nella gestione di loro stessi. “Alcuni riescono meglio – commenta -, altri devono rifarle ma queste attività fa parte della dignità della persona che ciascuno ha nelle proprie mani”. La metà delle spese è coperta dalla raccolta fondi e dagli eventi di beneficenza. “La generosità è grande perché vedono quello che facciamo. Crediamo nella provvidenza che arriva sempre puntuale. Anche nei due anni di pandemia non ci ha mai lasciati”.
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