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San Benedetto, Direttore Pompei: “Più che il servizio per il bene comune predomina l’invidia”

 

Di Pietro Pompei

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Sono forse tornate le “quinte colonne”?

Di questa crisi cui stiamo assistendo, non abbiamo ancora capito il perché e a che cosa dovrebbe giovare. Se non ci fosse  stato il caldo torrido di questi giorni, che ci ha spinti a cercare un po’ di refrigerio, con la giunta di una guerra scellerata che anche nei nostri confronti rimane sospetta, forse non l’avremmo accettata con tanta indifferenza.

Le “quinte colonne” sono   uscite dal linguaggio usuale; mentre qualche decennio fa se ne faceva uno spreco, specialmente nel periodo in cui c’erano i comunisti veramente comunisti e guardavano “mamma Russia” come l’ultimo ritrovato paradiso terrestre. Nel periodo in cui volevano farsi adottare da babbo “baffone”, si procedeva in forma sospetta consapevoli che se questi romantici avessero avuto il sopravvento, per il popolo italiano sarebbe iniziato un nuovo periodo di grande sciagura. E nonostante i racconti di quelli che erano riusciti a dare una sbirciatina al di là della “cortina di ferro” e le notizie di “gulag” che giungevano clandestinamente, molti rimasero cocciutamente legati a quella giustizia proletaria fatta di violenza e di morte.

Tutto questo certamente non giovò allo sviluppo della nostra nazione ed ancor oggi stiamo pagando i ritardi di un’opposizione forte di un PCI  che, allora, era, numericamente, il  più numeroso rispetto ai tanti dei vari paesi europei.

I metodi delle “quinte colonne” sono sempre deleteri. Un tempo con una  etichetta simile  (il quinto potere) fu qualificata la stampa che nelle maggiori testate, riusciva ad orientare i cittadini in opposizione al potere liberamente scelto. Quante crisi di governo abbiamo ricordato! L’aborto avveniva prima del concepimento. Ed ora aggiungiamo anche questa. Intanto mentre le altre Nazioni, specie Europee,  tornano a guardarci con sospetto, noi rimaniamo al palo in attesa di un salvatore della patria sempre tra gli stessi che continuano con la politica di muro contro muro, con l’aggiunta di promesse che invece di farci piangere, ci fanno ridere pensando alle tante ricevute dagli stessi in tempo di elezioni. E questo è pericoloso, anche perché  stiamo ancora pagando le conseguenze di riforme non fatte e di debiti contratti.

Certo nella nostra città sarebbe ridicolo parlare di “quinte colonne”, ma assistiamo con molta preoccupazione all’uso di metodi da parte delle varie componenti politiche che, in qualche modo hanno ottenuto gli stessi risultati. Più volte ho scritto che, a differenza di altre città vicine  che riescono ad ottenere privilegi da noi insperati, qui manca una classe politica capace di uscire dal proprio bozzolo, essendo ideologicamente incapsulata. In altre città, quando si intravede la possibilità di ottenere un bene comune, ci si ritrova uniti superando gli steccati di appartenenza politica. Da noi si fa opposizione  per l’opposizione e intanto la città ristagna. Quante occasioni stiamo perdendo nella assurda lotta di poteri ideologicamente contrapposti. Una situazione di stallo favorito anche da rivalità interne agli stessi partiti, dove più che il servizio per il bene comune predomina l’invidia… È una “virtù” questa che nella storia delle nostra città ha avuto un posto di grande rilevanza sfociando talvolta in azioni violente. Suscitava invidia certamente quando il giorno de “lu rolle” si poteva issare il gran pavese sull’albero maestro a dimostrazione di un risultato di pesca maggiore degli altri. Lo scrittore Giuseppe Spina ci ha lasciato scritto ricche novelle di rancori anche violenti.

L’emulazione, specie in politica, dovunque la si esercita, può produrre effetti positivi solo quando al proprio interesse si sostituisce il bene comune.

Finora in questi mesi che precedono le votazioni, stiamo assistendo ad una grande confusione e alla ricerca di promesse alla maniera di “panem  et circenses” .

Sembra di leggere Giuseppe  Parini che nella “Caduta” ai versi 64-71 scriveva questo suggerimento rivolto a lui: ” O, se tu sai, più astuto/ i cupi sentier trova/ colà dove  nel muto/ aere il destin de’ popoli si cova;// e fingendo nova esca/ al pubblico guadagno, l’onda sommovi, e pesca/ insidioso nel turbato stagno”.

Tutto questo sta disorientando l’elettore incerto che pensa di non andare a votare. Errore gravissimo!

Quale futuro per i nostri giovani? Basta un po’ di discernimento e un minimo di buona volontà per comprendere che in questo periodo non partecipare significa alimentare all’orizzonte “Lu Scijò”.

Redazione: