Maria Elisabetta Gramolini
In altri Paesi europei i governi hanno già iniziato le campagne di sensibilizzazione per invitare la popolazione a ridimensionare il consumo di gas. In Italia invece l’argomento è poco dibattuto, complice la campagna elettorale in corso. Non c’è però alternativa secondo il professor Simone Tagliapietra, ricercatore presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, se non vogliamo trovarci impreparati di fronte a un eventuale stop totale del gas russo. “Alla gente non vanno chieste lacrime e sangue ma di ridurre semplicemente di due gradi il termostato e consumare in maniera più accorta l’energia”, afferma l’esperto. “Il rischio è che altrimenti arriviamo a marzo senza il gas necessario, il che genererebbe problemi più importanti”.
Professore, la Russia ha di nuovo interrotto le forniture di gas all’Europa attraverso il gasdotto Nord Stream.
I russi hanno già tagliato il gas di due terzi rispetto al volume che generalmente mandavano all’Europa. Un minimo storico che prelude i prossimi stop. Il tema è: l’Europa è pronta a vivere un inverno senza il gas russo? Questo è possibile se sul lato della domanda si va a intervenire in modo deciso.
Abbiamo un problema di sbilanciamento, dobbiamo quindi, da una parte, trovare tutte le alternative possibili sul lato dell’offerta, per cui nei mesi scorsi il governo Draghi si è mosso, ma, dall’altra, dobbiamo ridurre la domanda di gas e elettricità perché ci serve a far fronte al calo delle forniture russe.
Le imprese iniziano già a produrre di meno ma in Italia vanno fatte massicce campagne di sensibilizzazione già partite in Francia e Germania.
Cosa va chiesto alla gente?
Non servono lacrime e sangue ma semplicemente va chiesto di ridurre di due gradi il termostato e di consumare in maniera più accorta l’energia. È importante che ognuno faccia il suo: che a casa si faccia un uso più accorto, che le industrie possano rimodulare le produzioni, cercando di non consumare nei momenti di picco ricorrendo a altre fonti anche in modo temporaneo. Il rischio è che altrimenti arriviamo a marzo senza il gas necessario, il che genererebbe problemi più importanti. Prima di pensare al problema del prezzo, bisogna pensare alla sicurezza energetica che è una questione di quantità.
Va fatta una campagna di sensibilizzazione verso le famiglie?
Sì, spiegare che se tutti consumiamo di meno, insieme riusciamo ad avere un risultato importante. Le imprese dovranno usare di più il carbone. Questo va bene, anche se temporaneamente. In visione dei prossimi inverni, bisogna accelerare sull’efficienza energetica e sulle rinnovabili.
È molto importante continuare sulle semplificazioni normative perché abbiamo bisogno di più energie alternative.
Nei mesi scorsi l’Italia ha rafforzato gli accordi con l’Algeria per la fornitura di gas. Ciò ci ha fatto credere di stare meglio rispetto ad altri Paesi europei.
Rispetto ad altri Paesi siamo messi meglio per la nostra geografia e gli impianti che abbiamo come i rigassificatori. Abbiamo una diversificazione storica che ci mette in una posizione di vantaggio, per esempio, rispetto alla Germania. Dobbiamo però considerare che il problema del tempo è cruciale. L’Algeria infatti non ci manderà questo inverno grandi volumi in più perché ci vuole tempo. almeno uno o due anni. Abbiamo bisogno di gas nei prossimi mesi. Per farlo, dobbiamo usare di più i rigassificatori che abbiamo, prenderne altri, i fluttuanti che stanno arrivando, e avere così la possibilità di attrarre gnl (gas naturale liquefatto, ndr) che è l’unica cosa che nel breve periodo può dare un contributo aggiuntivo. Nonostante tutto questo sforzo sul lato dell’offerta, dobbiamo comunque ridurre la domanda di circa il 10% che è tra l’altro ciò che ha negoziato il governo Draghi con l’Europa.
Se non riusciamo a ridurre effettivamente sia il gas sia l’elettricità (in Italia prodotta in parte con il gas, ndr) non potremo far tornare i numeri se i russi taglieranno le forniture.
Come siamo messi sul piano delle rinnovabili in Italia?
L’Italia sta facendo di più sul piano delle rinnovabili rispetto ad altri in Europa. Siamo stati fra i primi a raggiungere i target del 2020 perché abbiamo molto avanzato l’idroelettrico e perché Enel è leader nel settore a livello mondiale. L’Italia ha un grande potenziale ma dobbiamo fare molto di più.
Il prossimo 9 settembre il Consiglio dei ministri dell’Energia dovrebbe fissare il price cap sul gas. Basterà?
In Europa non c’è una visione chiara sul price cap. Ci sono molte proposte sul tavolo. C’è quella del governo Draghi ma anche quella spagnola, portoghese e greca. Quello che si sta facendo è considerare le varie proposte e cercare di capire se una possa essere messa in essere a livello europeo. É una cosa complessa tecnicamente. Va ribadito però che il tema del price cap potrebbe essere utile per far fronte al tema dei prezzi ma non ci aiuta sul fronte della domanda e dell’offerta della materia prima.
È necessario dire che la priorità è ridurre la domanda che ci permetterà di arrivare alla fine dell’inverno. Quello che è certo è che ci dobbiamo aspettare uno scenario possibile ovvero l’interruzione totale del gas russo.
La situazione è difficile e seriamente emergenziale, andrà gestita con grande attenzione per capire la complessità di questo sistema che richiede tempi lunghi. Le conseguenze su famiglie e imprese saranno molto importanti. Bisogna mettersi in testa che non ci sono scorciatoie o illudersi che soluzioni, come il price cap, magicamente risolva. Qualche sacrificio va fatto.
Se fra due mesi la Russia interrompe l’erogazione, in Italia e in Europa cosa potrebbe accadere?
In Italia abbiamo un livello di stoccaggio molto alto. Se nel frattempo però riduciamo la domanda in modo ordinato riusciremo ad arrivare alla primavera senza scossoni importanti. Se invece consumiamo, non riduciamo la domanda di gas e giunge una interruzione dobbiamo arrivare a misure drastiche come la chiusura di imprese a livello locale per settimane.