M. Chiara Biagioni
Con una piccola scopettina in mano, la signora Tamara non smette di pulire per terra il piccolo marciapiedino fuori casa anche se attorno a lei c’è un ammasso di macerie, polvere, calcinacci. Due giorni fa, una bomba è caduta vicino alla sua abitazione. Erano le quattro del pomeriggio. “Ero qui quando è successo. Improvvisamente le finestre e le porte sono scoppiate”. Ha ancora la maglietta sporca di sangue e due fasciature: una sulla testa, l’altra alla gamba. Gli occhi di Tamara sono azzurrissimi. Quelli di suo marito invece sono pieni di lacrime. La loro vicina di casa è morta sotto le macerie ed è morto anche un uomo che passeggiava lungo la strada.
La vita a Mykolaiv scorre così: alterna momenti di normalità ad altri sotto attacco. Qui tutti sono consapevoli di poter essere colpiti, anche in casa, anche per strada, da un momento all’altro. Maskym Kovalenko, deputato del consiglio comunale di Mykolaiv, dice: “Non sono preoccupato per il futuro. Qui si vive giorno per giorno e si resiste”. Il 5 per cento della regione di Mykolaiv è sotto l’occupazione russa. Kherson dista solo 50 chilometri mentre il fronte dove si combatte, è ad una decina di chilometri da qui. Le esplosioni che si sentono in continuazione, di giorno e di notte, sono il segno che in questa parte dell’Ucraina, si stanno giocando ore cruciali perché le forze ucraine stanno combattendo per riprendersi la città di Kherson. A Mykolaiv si vede un carroarmato sulla strada. Un’ambulanza militare con un soldato ucraino a bordo sfreccia scortato dalle macchine della polizia. E all’improvviso un suono fortissimo attraversa il cielo di Mykolaiv. La gente alza la testa, ci si guarda negli occhi in modo allarmato e interrogativo. Alla fine si tira un sospiro di sollievo. “Le forze russe hanno molti soldati e molti mezzi ma noi abbiamo la capacità di resistere”, dice un ufficiale dell’esercito impegnato sul fronte di Kherson.
Camminare per Mykolaiv significa ripercorrere le ferite di questa guerra. In tutta la città sono 100 gli edifici colpiti e dall’inizio dell’invasione russa le vittime civili qui sono state circa 120. I siti più rischiosi sono quelli che si trovano a fianco o nelle vicinanze di postazioni sensibili, ritenuti dai russi come nevralgici o come deposito di armi. Purtroppo però i lanci non sono sempre precisi e nel mirino finiscono, forse anche solo per errore, case, alberghi, palazzi di uffici, una stazione di rifornimento del gas. Anche la sede della facoltà di pedagogia dell’Università di Mykolaiv è stata colpita due settimane fa ed in macerie è finito l’adiacente campus studentesco. Il Reikartz hotel che si affaccia sul lungo mare, sebbene sia stato colpito da due missili, ha ancora il wifi acceso. Il 60 per cento della popolazione è fuggita. Sono rimaste in città circa 200mila persone. Sono soprattutto uomini e donne anziani, spesso disabili e non autosufficiente. Gli uffici sono tutti chiusi. Sono aperti qua e là solo qualche supermercato, le farmacie e le banche dove le donne si mettono in fila per ricevere il sostegno governativo di 70 euro dato alle persone anziane e agli abitanti delle regioni sotto attacco russo. Mykolaiv è diventata una città povera.
“Anche noi non sappiamo come fermare questa guerra ma apprezziamo il fatto che ci siete vicini e che non ci lasciate soli”. Con queste parole Ganna Remennikova, capo della amministrazione di uno dei 4 distretti della città di Mykolaiv, ha accolto al secondo piano dell’istituzione cittadina i volontari della carovana della pace arrivati qui dall’Italia per portare tonnellate di aiuti umanitari. L’incontro ha sancito anche l’inaugurazione di un dissalatore che è stato costruito in città grazie ad una raccolta fondi sostenuta dalla Rete “StopTheWarNow” alla quale aderiscono 175 movimenti e associazioni italiani. “Rappresentiamo una istituzione che è molto impegnata nella distribuzione di aiuti, soprattutto alle fasce più deboli della popolazione”, spiega la vice-sindaco, “e questo lavoro lo possiamo solo grazie alle donazioni che ci arrivano. Non abbiamo parole per esprimere la nostra gratitudine”. Remennikova spiega ai volontari quanto sia difficile la situazione a Mykolaiv non solo dal punto di vista militare ma anche sociale. Mentre sul fronte di Kherson si combatte, qui a Mykolaiv la vita si è fermata. Il business si è spostato altrove. “Molti hanno bisogno di aiuto”, racconta, “e il nostro principale obiettivo ora è riuscire a dare supporto alle persone cercando di garantire almeno i servizi sociali primari. È un modo per tenere alto il morale e dare anche quella forza necessaria per andare avanti”.
Quello che preoccupa è l’arrivo dell’inverno. Il distretto sta già pensando di far evacuare le persone che vivono nei villaggi totalmente bombardati. Tra le criticità c’è anche l’assoluta mancanza di accesso ad acqua pulita e potabile. Fin dai primi giorni del conflitto, i russi hanno attaccato e distrutto la rete idrica locale e l’acqua che arriva nelle case è sporca e salata di mare. “Siamo consapevoli che possiamo essere attaccati in modo massiccio e siamo consapevoli che la città può essere rasa al suolo da un momento all’altro. Ma sappiamo che i nostri soldati stanno combattendo sul fronte e che resisteremo”, osserva la vice sindaco. Oggi, 1 settembre, ricominciano le lezioni online. Solo secondo dati ufficiali, i russi hanno ucciso 379 bambini in Ucraina, e 735 sono rimasti feriti; decine di migliaia di bambini sono andati fuori dall’Ucraina. Più di 2.400 scuole e istituti educativi sono stati distrutti dai russi. Il pensiero della vice sindaco vola ai ragazzi: “L’augurio che rivolgo ai nostri figli è molto semplice: poter crescere senza bombardamenti”.
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