CUPRA MARITTINA – Dopo aver raccontato la storia di Walter Gandolfi, Natalino Marinozzi, Domenico Maria Feliciani e Pierluigi Grilli, proseguiamo il nostro viaggio per conoscere meglio i Diaconi che operano nella nostra Diocesi, incontrando oggi Luciano Caporossi che svolge il servizio diaconale presso la Parrocchia di San Basso a Cupra Marittima.
Partiamo dalla sua passione per l’arte e l’archeologia che in passato l’ha portata a collaborare anche con l’Archeo Club di Cupra Marittima per alcune pubblicazioni. Come giudica le recenti scoperte fatte dagli archeologi dell’Università di Napoli negli scavi in corso nella sua città?
Non è corretto parlare di passione per l’arte, bensì piuttosto di curiosità, una curiosità così grande che mi ha spinto a interessarmi, fin dai tempi del liceo, alla storia dell’arte e all’archeologia. Mi incuriosiva molto conoscere e informarmi sulle tecniche costruttive usate dagli antichi per realizzare gli splendidi monumenti che hanno consegnato alla posterità, dalle piramidi d’Egitto alle meravigliose cattedrali del Rinascimento. Basti pensare al trasporto di blocchi di marmo del peso di decine di tonnellate per centinaia di chilometri, al sollevamento e messa in opera degli stessi o al taglio e alla lavorazione del granito con utensili di bronzo o di ferro che non aveva sicuramente la durezza degli acciai speciali di oggi! Inoltre l’amicizia personale con i membri dell’Archeoclub di Cupra ha fatto sì che fossi sempre informato delle ricerche che venivano effettuate sul territorio cuprense e dei ritrovamenti di reperti archeologici. Da loro avevo sentito parlare a suo tempo della stupefacente somiglianza e corrispondenza delle misure del tempio della dea Cupra e del foro antistante arricchito di un criptoportico con quelle del tempio di Venere e del foro esistenti a Pompei. La recente scoperta, durante gli scavi di questa estate da parte di una equipe dell’Università di Napoli, di reperti ornamentali recanti tracce di pittura e decorazione di tipo e scuola pompeiana non fa che altro confermare l’intuizione degli amici dell’Archeoclub che parlavano di questo accostamento trent’anni fa!
La mia curiosità personale e la mia amicizia con l’Archeoclub, inoltre, ha rafforzato anche la collaborazione già esistente tra quest’ultimo e il Comitato Festeggiamenti San Basso, di cui sono membro: abbiamo, infatti, pubblicato delle ricerche curate dall’Archeoclub sulla figura del Patrono o su alcuni aspetti particolari legati al culto del Santo. Si è trattato di piccoli opuscoli interessanti con i quali si offriva alla popolazione cuprense la conoscenza più approfondita del Santo e della storia del paese e della sua chiesa fino al culto diffuso di San Basso sulle sponde dell’Alto Adriatico con una ricerca effettuata in loco fino a Venezia e alla penisola d’Istria, dove San Basso è co-patrono, insieme a San Nazario, della città di Capodistria.
Questa è solo una delle tante opere che lei ha messo in campo al servizio della sua comunità. La sua vita, infatti, è sempre stata caratterizzata da una spiccata propensione agli altri e da un grande impegno, sia all’interno della società civile che all’interno della comunità religiosa. Partiamo dagli anni in cui è stato amministratore. Come ha vissuto questa esperienza?
Parafrasando Dante, “Nel mezzo del cammin di nostra vita…”, ci fu una svolta importante. Era il 1986 e, in occasione della Prima Comunione ai miei figli, il parroco di allora, don Gerardo Di Girolami, verso il quale nutrivo stima e amicizia, mi propose di partecipare ad un Cursillo di Cristianità che, non sapendo di cosa si trattasse, accettai di frequentare per rispetto alla figura del parroco. Non l’avessi mai fatto (si fa per dire…)! Quattro giorni di ritiro in profonda riflessione con me stesso mi hanno portato alla conclusione che dovevo dare una svolta significativa alla mia vita di uomo, di marito, di padre e di cittadino! Non si può vivere solo per se stessi e per la stretta cerchia di parenti e amici, ma bisogna spendersi anche per gli altri perché “a chi molto è stato dato, molto di più sarà richiesto”. Da quell’anno, la mia vita è cambiata profondamente per gli impegni assunti in parrocchia come membro dei Consigli Pastorale e Affari Economici, su richiesta del parroco, e in Comune, come membro della Commissione Edilizia, su segnalazione del Sindaco, nomina – quest’ultima – che accettai anche per rispetto degli interessi della cittadinanza che vedevo lesi dai continui rinvii delle sedute di commissione per mancanza di numero legale! Nel 1990 questo impegno si è trasformato in partecipazione alle elezioni comunali con elezione a consigliere di maggioranza, rimanendo in carica per tre legislature fina al 2004, due volte in maggioranza e una volta, dal 1996 al 2000, in minoranza. Purtroppo nel frattempo era di molto cresciuto il mio impegno in ufficio, al Centro Elaborazione Dati della Carifermo, a seguito del prepensionamento del collega responsabile della sostituzione del sistema informativo di filiale, con conseguente mio accrescimento di responsabilità e presenza sul posto di lavoro. Ciò nonostante, ho sempre partecipato alle riunioni di preconsiglio e alle sedute di Consiglio Comunale, cercando di dare un contributo costruttivo alla gestione della cosa pubblica, raccogliendo e dando corpo alle tante segnalazioni provenienti dalla cittadinanza.
Per lungo tempo è stato anche volontario Unitalsi, un servizio che richiede dedizione e fatica. Come ha iniziato e come si è trovato?
Nel 1986, anno di svolta, dovendo dare concretezza agli impegni assunti durante il Cursillo, ho ripreso contatto con il Gruppo Unitalsi di Cupra, mettendomi a disposizione per i servizi che venivano svolti a favore degli anziani e ammalati del paese. È stato un ritorno di fiamma dal momento che nel 1963, a 17 anni, avevo preso parte al treno bianco per Loreto, invitato da un mio compagno di liceo che era membro attivo unitalsiano. Un’ esperienza che mi aveva molto colpito: ricordo, infatti, che allora venivano in pellegrinaggio veramente persone fisicamente e spiritualmente ammalate e bisognose di aiuto, ma si affrontava la fatica quasi con spirito giocoso, senza bisogno di riposo, tanta era la gratificazione di un sorriso e di una buona parola da parte degli assistiti! Dal 1986 al 1992 sono stato barelliere a Lourdes per sette anni, impegnandomi nel servizio con buona volontà e disponibilità; ma onestamente debbo dire che negli ultimi anni mi sentivo più un accompagnatore di turisti visitatori di un luogo famoso che di pellegrini in cerca di pace e di serenità spirituale! Dal 1993, pur continuando a collaborare nel gruppo Unitalsi durante l’anno, ho interrotto i viaggi a Lourdes, ove non ho più avuto occasione di ritornare per impegni familiari e di lavoro che capitavano nel periodo dei pellegrinaggi. Anche oggi, quando il gruppo ha bisogno di aiuto, cerco ancora di dare il mio contributo fattivo.
Quindi a 58 anni si è ritrovato con una vita vissuta in maniera già abbastanza piena. In ambito professionale, dopo essersi laureato in ingegneria elettronica, aveva lavorato prima come docente e poi come impiegato in banca. Nella vita privata, insieme a sua moglie Gabriella, aveva già avuto due figli da cui sarebbero arrivati successivamente anche tre nipoti. Infine si era speso anche per la comunità civile e religiosa – come ci ha appena raccontato – dando un importante contributo. Sarebbe potuto bastare anche così e invece è arrivata per lei un’ulteriore chiamata. Ci racconta come è avvenuta la sua chiamata al diaconato?
A sostituire don Gerardo malato, a metà degli anni ’90, era venuto il fratello don Marcello Di Girolami che purtroppo morì per malattia nel febbraio 2000. A seguire fu nominato parroco don Gianni Anelli a cui subentrò nel 2003 don Luigino Scarponi. In questo periodo di tempo, fin dal 1986, avevo mantenuto gli incarichi di membro dei Consigli Pastorale e Affari Economici Parrocchiali. Nel 2004, durante una riunione di Consiglio Pastorale, don Luigino che mi conosceva dagli anni 80 quando era stato vice parroco a Cupra, mi chiese a bruciapelo: “Ma tu hai mai pensato di diventare diacono?” Ricordo che rimasi sbalordito e mi schernii dicendo: “Ma il diaconato è il primo livello del sacramento dell’Ordine!”.
E lui mi spiegò brevemente in cosa consistesse in sostanza il diaconato permanente e cosa comportasse a livello di rapporti in famiglia e nei confronti della comunità dei fedeli. Rimasi perplesso, ma il tarlo aveva incominciato a rodere nel cervello e rimuginavo su quello che don Luigino mi aveva illustrato. Ho impiegato qualche mese per elaborare una decisione ed ho aspettato di ritornare da un pellegrinaggio a Medjugorie con mia moglie e mia suocera per convincermi a parlarne seriamente con la mia famiglia. A Medjugorie avevo assistito con i miei familiari al fenomeno della rotazione vorticosa del sole per 10 minuti alle 18:45, ora dell’apparizione quotidiana della Madonna ai veggenti. Questo segno mi aveva convinto che di là Qualcuno si aspettava qualcosa da me. Inoltre Medjugorie mi era rimasta nel cuore da quando nel 1986, in pieno periodo comunista di Tito, c’ero stato con mia moglie e il mio primo figlio di 10 anni. Un pellegrinaggio veramente avventuroso che ci aveva fatto toccare con mano una realtà che non potevamo immaginare! Una testimonianza di fede veramente forte e sincera manifestata da una popolazione che viveva con dignità e fierezza una condizione di oppressione latente nei confronti della vita spirituale di quella regione e di bisogno materiale. Dopo quella esperienza i pellegrinaggi a Lourdes mi erano sembrati delle passeggiate distensive dove si pregava all’acqua di rose! A Medjugorie avevo visto gente pregare in ginocchio per ore con una fede e una partecipazione commovente che mi avevano fatto sentire vergogna per la nostra tiepidezza spirituale!
Come è stata accolta in famiglia la sua vocazione?
Quando ho parlato in famiglia con mia moglie di questa chiamata al servizio diaconale, anche lei è rimasta inizialmente sorpresa, ma non più di tanto, sapendomi già tanto preso nelle attività parrocchiali. Quello che più la lasciava dubbiosa era la possibilità di conciliare gli impegni della famiglia innanzitutto con quelli di questo nuovo servizio per il quale non è prevista la possibilità di tornare indietro una volta accettato. È il primo livello dell’ordine sacro e si fa promessa di obbedienza nelle mani del vescovo. Una volta rassicurata sulla precedenza dei doveri familiari rispetto a quelli diaconali, non si è sentita di porre ostacoli al compimento di questo nuovo percorso per me, anzi mi è stata di aiuto con comprensione e spirito di collaborazione e altrettanto è successo con i miei due figli. Trasferito per lavoro in filiale dal 2002 a San Benedetto del Tronto, ho approfittato della Scuola di Formazione Teologica presso i Padri Sacramentini dal 2005 per cominciare a colmare le mie lacune in campo religioso; il lunedì chiedevo un’ora di permesso a fine giornata per recarmi a lezione come un bravo scolaretto! Una volta accolta la candidatura al diaconato permanente, dal 2008 al 2014 ho completato la mia formazione religiosa presso la Scuola di Formazione Teologica dell’Arcidiocesi di Fermo, sotto la guida di valenti insegnanti di cui conservo un vivo e grato ricordo. E finalmente il 19 settembre 2015 il nostro vescovo Carlo Bresciani mi ha ordinato diacono alla presenza e col sostegno di preghiera della mia famiglia e di un numeroso gruppo di fedeli cuprensi.
Quali servizi ha svolto in questi anni?
Prima ancora di essere ordinato diacono e di svolgere quei servizi introduttivi al diaconato quali il Lettorato, l’Accolitato e il Ministero Straordinario della Comunione, sono stato impegnato in un lavoro di coordinamento all’interno del Comitato Festeggiamenti San Basso per lo svolgimento ordinato delle iniziative religiose e civili, come ad esempio, l’organizzazione della processione con la reliquia del santo, l’organizzazione della sagra o degli spettacoli musicali e pirotecnici che caratterizzano normalmente la festa. Una festa di cui si ha traccia sin dalla metà dell’ottocento e ripresa per iniziativa dell’allora vice parroco don Gerardo nel lontano 1960 con la costituzione del Comitato che, raccogliendo i fondi tramite una questua fra tutte le famiglie cuprensi del paese e della campagna, ha dato vita alla prima edizione nel lunedì di Pasqua del 1961. Il Comitato dà indicazioni sul programma che va portato avanti con il lavoro di pochi responsabili fra loro coordinati. Dal 1994 sono entrato a far parte del Comitato e man mano questo impegno mi ha assorbito sempre di più, in quanto la festa va preparata per tempo e i tempi dell’impegno si protraggono per mesi. Inoltre dal 1996 il Comitato ha organizzato anche una festa estiva per proporre la conoscenza del santo anche ai turisti in villeggiatura a Cupra. Spero a breve di passare il testimone a qualche figura più giovane, vigorosa e capace!
Oltretutto dal 1984, per compensare la sedentarietà del lavoro d’ufficio, ho preso a frequentare lo sport della bici da corsa, iscrivendomi al gruppo ciclistico del circolo aziendale Associazione Culturale Ricreativa Aziendale della Carifermo. Il gruppo non ha nessuna velleità di rincorrere successi sportivi, ma svolge un’attività attraverso la quale, oltre ai benefici fisici, riesce a creare un clima di amicizia e cameratismo fra colleghi appassionati di bici coinvolgendo anche le famiglie. Ogni anno si inizia la stagione delle uscite con un pellegrinaggio ciclistico a Loreto per raccomandarci alla protezione della Santa Vergine Protettrice degli aviatori (perché noi voliamo basso…!). Poi pellegrinaggio a San Gabriele dell’Addolorata con Confessione e Santa Messa in suffragio degli amici ciclisti defunti. Poi organizzazione di una gita di 4/5 giorni in bici con coinvolgimento dei familiari verso località meritevoli di attenzione per importanza turistica con visita a santuari e a monumenti ricchi di arte e di storia. In questo modo abbiamo girato quasi tutta l’Italia, isole comprese esclusa la Sicilia; due volte a Torino per l’ostensione della Sacra Sindone, due volte a Roma per l’Anno Santo salutati in piazza San Pietro dal papa! Assisi, Collevalenza, Firenze, Venezia, il Trentino sono state meta di gite memorabili! Mai trascurando la parte religiosa! E dal 2015 con la benedizione del diacono alla partenza! Si è cercato di arricchire lo sport di contenuti spirituali sviluppando cameratismo e amicizia fondati su un sentimento di fraternità. Dopo lo stop del Covid, speriamo di ricominciare, magari aiutati dalla pedalata assistita di una e-bike!
Ultimamente, poco prima dell’estate, è arrivata una telefonata dall’alto con la richiesta di un affiancamento, al Biancazzurro, alla persona del confratello diacono Giovanni Vai per aiutarlo nella gestione di quella importante struttura che svolge un servizio insostituibile a favore di una umanità sofferente e bisognosa di aiuto. La risposta alla richiesta non poteva che essere, alla garibaldina, “Obbedisco”.
Qual è oggi la sfida maggiore del diaconato permanente?
Il diacono, questo sconosciuto! La maggior parte della gente non sa chi sia il diacono e cosa sia il diaconato! Quando va bene, lo considera un mezzo prete e non capisce perché non possa amministrare tutti i Sacramenti, Celebrazione Eucaristica e Penitenza comprese! In parrocchia viene considerato un tuttofare che deresponsabilizza i laici impegnati dal contribuire in modo fattivo alla vita della comunità! Tanto c’è il diacono! Facciamo fare a lui! Questo è un modo negativo di presentarlo e forse conseguenza di un voler mettere le mani in pasta un po’ dappertutto nella vita parrocchiale, o almeno è quello che succede a me, che mi comporto e mi sento molto Marta e assai poco Maria. Del resto ritengo giusto che il diacono in parrocchia collabori senza riserve con il presbitero, togliendogli per quanto possibile tutti quegli impegni che lo sottraggono alla cura delle anime e che possono essere compiuti da una figura che lo affianca e che può sostituirlo validamente lavorando con spirito di umiltà e obbedienza. In presenza del presbitero, ritengo giusto che sia lui a celebrare Battesimi, Matrimoni ed esequie e ad amministrare i Sacramenti facendosi aiutare magari dal diacono. Altra cosa in assenza del presbitero, quando la gente in chiesa non vede la figura di riferimento del celebrante! Allora sì che il diacono deve impegnarsi a sostituire validamente il presbitero, anche nelle omelie e nella celebrazione della Parola, guidando l’assemblea dei fedeli nella preghiera. Con la mancanza di nuove vocazioni, purtroppo questo è il panorama che si presenta e allora in futuro non sarà una novità trovare comunità parrocchiali affidate proprio ai diaconi permanenti, come del resto papa Francesco sta già sperimentando in alcune parrocchie romane. In questo caso sarà bene che sia particolarmente curata anche la preparazione della consorte che dovrà svolgere un lavoro importante di affiancamento e di sostegno al marito diacono. Comunque il diacono, provenendo da un’esperienza di vita vissuta in famiglia e nel mondo civile, deve rappresentare la cinghia di trasmissione fra il presbitero e la comunità dei fedeli, in grado di raccogliere meglio le istanze e le richieste di intervento spirituale manifestate dal popolo di Dio. Sarà bene che la Chiesa si prepari ad una presenza sempre maggiore della componente diaconale del clero!
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