Stefano De Martis
Nelle ultime battute della legislatura il Consiglio dei ministri ha varato all’unanimità il terzo decreto-legge contenente misure di sostegno per fronteggiare gli effetti della crisi energetica. Con il decreto aiuti-ter vengono messi in campo per famiglie e imprese altri 14 miliardi, che “si aggiungono – ha spiegato Mario Draghi in conferenza stampa – ai quasi 50 dei mesi scorsi”. Nel complesso, ha sottolineato ancora il premier dimissionario (che a una domanda sull’ipotetica possibilità di un secondo mandato post-elettorale ha risposto seccamente “no”), il valore dei sostegni è pari al 3,5% del Prodotto interno lordo e quindi l’Italia è “tra i Paesi che hanno speso di più in Europa”.
Nel decreto si estende il credito d’imposta alle imprese più piccole e si assicura la garanzia statale ai prestiti alle imprese in difficoltà per il caro-bollette (in pratica si tratta della possibilità di rateizzare). Un bonus una tantum di 150 euro verrà erogato a chi ha redditi inferiori ai 20 mila euro lordi annui, compresi i pensionati (una platea di circa 22 milioni di cittadini). Altri stanziamenti riguardano il sistema sanitario, il settore agricolo e quello sportivo, il trasporto pubblico locale, il terzo settore e in particolare gli enti che gestiscono servizi per i disabili, le scuole paritarie. Prorogata la riduzione delle accise su gasolio e benzina.
Draghi ha tenuto a rimarcare che non è stato necessario fare nuovo deficit. L’indebitamento, gli ha fatto eco il ministro dell’Economia Daniele Franco, resta quello indicato a suo tempo nei documenti di programmazione (Def e Nadef) in quanto “le coperture del decreto derivano dalle maggiori entrate, dalla razionalizzazione delle poste di bilancio e dal meccanismo di compensazione applicato alle fonti rinnovabili”. È stata comunque necessaria l’autorizzazione parlamentare, con un voto a maggioranza assoluta espresso nei giorni scorsi da entrambe le Camere, dato che formalmente si è avuto un aggiornamento di bilancio.
La conversione in legge del decreto aiuti-ter (entro 60 giorni dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) sarà un compito del nuovo Parlamento eletto il 25 settembre. I decreti-legge, infatti, non decadono nel cambio di legislatura.
Sarà invece convertito in extremis il decreto aiuti-bis che scade il prossimo 8 ottobre e che non solo ha richiesto una gestazione molto faticosa per la controversa questione del Superbonus, ma è stato anche al centro di una sorta di giallo per l’approvazione semi-clandestina in Senato di una norma che introduceva una deroga al tetto di 240 mila euro attualmente previsto per le retribuzioni degli alti dirigenti pubblici. Norma di cui nessuno si è assunto pienamente la paternità ma che ovviamente ha scandalizzato l’opinione pubblica e ha suscitato la riprovazione di Palazzo Chigi e dello stesso Quirinale. Nel passaggio alla Camera la norma è stata soppressa, ma essendo stato modificato il testo licenziato dal Senato il decreto dovrà tornare in questo ramo del Parlamento il prossimo 20 settembre per l’approvazione definitiva.
Tra gli altri provvedimenti approvati dal Consiglio dei ministri anche due decreti attuativi della riforma della concorrenza, uno sul trasporto pubblico locale e l’altro sulla mappatura delle concessioni balneari.