Maria Elisabetta Gramolini
Sulla Terra c’è di nuovo voglia di Luna. Stavolta le motivazioni che portano gli astronauti a puntare al satellite non sono tanto politiche ma soprattutto scientifiche ed economiche. La Luna infatti potrebbe essere fonte di estrazione di sostanze e materiali vitali per l’industria. Per questo c’è molta attesa per il lancio del razzo Space Launch System della missione Artemis 1, in programma il prossimo 27 settembre dopo tre tentativi falliti. Per Umberto Guidoni, il primo astronauta italiano salito a bordo della stazione internazionale spaziale, tornare a studiare il nostro satellite sarebbe un banco di prova per arrivare a Marte. “Andare sulla Luna – dice – ci aiuterà a capire di più e sviluppare nuove tecnologie”.
Il lancio di Artemis dovrebbe partire il 27 settembre. Stavolta ci siamo?
Ci sono stati molti ritardi anche legati alla indecisione politica per un progetto che doveva vedere la luce già un paio di anni fa. Tutti gli occhi sono puntati sul lancio perché dopo 60 anni torniamo sulla Luna ma come capita spesso ci sono stati dei contrattempi.
Perché torniamo sulla Luna?
Siamo rimasti limitati all’orbita terrestre per 50 anni. Dopo il programma Apollo nessun essere umano si è spinto oltre lasciando in sospeso un lavoro. Oggi ci sono altri interessi maturati che hanno fatto sì che la Luna tornasse importante. Ci torniamo con una tecnologia più matura e obiettivi scientifici e economici.
Sulla Luna infatti ci sono materie prime importanti, a cominciare dal ghiaccio che potrebbe dare la possibilità di stabilire delle basi. Con il ghiaccio è possibile avere l’acqua per gli astronauti e il carburante in loco, visto che i razzi hanno bisogno di idrogeno e ossigeno. Poi ci sono le materie prime per l’economia.
Le sostanze che sulla Terra chiamiamo ‘terre rare’, importanti per i telefonini, le macchine elettriche, possiamo trovarle sulla Luna. Le tecnologie che ci porteranno sulla Luna saranno poi importanti nei viaggi successivi verso Marte.
Abbiamo abbandonato l’idea di arrivare su Marte perché abbiamo capito che è troppo difficile?
Sì. Marte è più lontano. La Luna è più vicina e avvicina Marte perché se si realizza una base intorno, e si trova il modo per avere il combustibile, in pratica si costruisce una stazione di servizio per i viaggi verso Marte. Dobbiamo ancora risolvere diversi problemi perché il viaggio dura sei mesi, atterrare l’ambiente è ostile, senza supporto e le radiazioni sono maggiori. Tutti problemi su cui stiamo lavorando. Ma
la Luna sarebbe il banco di prova per arrivare a Marte.
Andare sulla Luna ci aiuterà a capire di più e sviluppare tecnologie.
Nel frattempo, Samantha Cristoforetti sarà comandante della stazione spaziale internazionale. È la prima donna europea. Da italiano e da astronauta che effetto fa?
È il riconoscimento del ruolo dell’Italia, di Samantha e anche dell’Europa che ha costruito una parte importante del veicolo che ci porterà sulla Luna. Quella che è stata l’esperienza della stazione spaziale internazionale in qualche modo viene estesa al futuro e verso la Luna.
Lei è stato il primo astronauta italiano ed europeo a entrare sulla stazione internazionale spaziale agli inizi del 2000. Allora come era il rapporto fra Usa e Urss?
Ero alla Nasa già negli anni precedenti e ho assistito a un passaggio di fase. La stazione spaziale in origine si doveva chiamare Freedom, in contrapposizione alla Mir russa. Poi le cose sono cambiate con la caduta del muro di Berlino, la fase critica del passaggio alla Russia ha fatto sì che la Nasa e il governo degli Stati Uniti abbiano deciso di coinvolgere anche i russi nel progetto.
All’inizio le difficoltà sono state notevoli perché nessuno si fidava dell’altro dopo anni di contrapposizione. Poi ci sono stati diversi episodi che hanno fatto sì che la barriera di diffidenza crollasse. I due centri di controllo, Houston e Mosca, hanno lavorato molto ma adesso la situazione è cambiata.
Dal 2024 infatti la Russia farà un passo indietro dai progetti che riguardano la stazione internazionale.
Da quando è scoppiata la guerra in Ucraina, gli astronauti ovviamente hanno continuato a lavorare insieme ma si è incrinato un rapporto di collaborazione. Staccarsi dalla stazione sarebbe impraticabile e nessuno avrebbe da guadagnarci. Alla fine del contratto in vigore però è probabile che la Russia decida di finire la collaborazione.
I progetti che sono in cantiere e che dovrebbero prolungarsi oltre il 2024 sono dunque a rischio?
Sì. I russi non hanno un’altra stazione orbitale a differenza degli americani che stanno cominciando a pensare di costruire una stazione privata che dovrebbe partire dal 2024 usando la stazione attuale come punto di attracco. Se i russi volessero costruire una nuova stazione dovrebbero impiegare almeno 4-5 anni e per questo tempo non avrebbero un altro posto.
È stato nello spazio due settimane. Nella mente che immagine le è rimasta della Terra?
Dallo spazio, la Terra è come un’oasi azzurra circondata dal nero profondo che non viene scalfito nemmeno dal Sole. Sembra un gioiello incastonato in un oceano di vuoto.
Ti viene voglia di abbracciarla tanto sembra fragile.
Si ritorna con una maggiore consapevolezza, si capisce quanto sia delicata quest’oasi che ci ospita. Sarebbe bello comunicarlo a tutti: i viaggi nello spazio ci aiutano a comprendere anche questa realtà. Le giovani generazioni vivranno sicuramente una nuova espansione nello spazio, cosa che per la mia generazione è stato solo un sogno.
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