Di Michela Nicolais
(da Matera) “Il mondo coltiva la divisione, l’odio, il pregiudizio, quello raffinato e quello tragicamente violento dell’odio etnico, quello della parola e quello delle armi nucleari. Questo Pane ci aiuta a dare sapore alla vita e a lavorare nel grande campo di questo nostro mondo perché le armi siano trasformate in falci, per farci costruire un mondo finalmente di ‘Fratelli tutti’”. Il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha concluso la sua omelia dal palco di piazza Vittorio Veneto, luogo scelto per la celebrazione inaugurale del Congresso eucaristico nazionale di Matera, con un forte appello alla pace.
Anche la diocesi di San Benedetto del Tronto – Ripatransone – Montalto è presente con una piccola delegazione formata da Padre Mario Amadeo della comunità dei Padri Sacramentini e Don Patrizio Spina, Vicario generale della diocesi.
“Torniamo al gusto del pane”, l’invito sulla scorta del tema del Cen: “Nella pandemia ne siamo stati privati. Riscopriamolo e viviamolo in maniera più familiare.
Oggi viviamo una guerra in Europa che brucia i campi, che toglie il pane, creando fame”.
“Da Matera, tornando al gusto del pane eucaristico, intendiamo tornare al gusto della vita”, il saluto del “padrone di casa” del Cen, mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, arcivescovo di Matera-Irsina, agli 800 delegati, provenienti da 116 diocesi e accompagnati da 80 vescovi: “Da Matera, spezzando il pane eucaristico e adorando la presenza reale di Gesù Cristo, vogliamo dire a tutti che il contrario dello scontro è esattamente l’incontro, la mano tesa nell’atto, non solo di accogliere, ma anche di sostenere e appoggiarsi”. Dalla città dei Sassi, dopo la processione eucaristica in cui le varie componenti del popolo di Dio – compresi “i nostri fratelli e sorelle ucraini, che voi avete accolto e che hanno portato la loro sofferenza” – Zuppi ha esortato a riscoprire un gesto antico: quello dei capifamiglia che, qui a Matera prendevano il pane e lo offrivano ai diversi componenti della famiglia. Perché il pane genera una famiglia, che è la Chiesa, e rappresenta allo stesso tempo la famiglia.
“Chi si ferma davanti a Gesù, si ferma anche davanti ai suoi fratelli più piccoli”,
il monito del cardinale: “Più mettiamo al centro Gesù, nella nostra vita personale e nella vita della nostra casa comune, più saremo una cosa sola tra di noi”. L’immagine scelta per spiegare la sinodalità della Chiesa è squisitamente eucaristica: “L’ostensorio è tradizionalmente un sole dal quale partono tanti raggi, così diventiamo noi luminosi, perché illuminati dalla Sua luce, specchio di questa perché pieni del suo amore. E poi penso anche che, al contrario, questo Corpo raccoglie e rende uniti quei tanti raggi che siamo noi: Gesù ci attrae a sé, ci raccoglie e ci permette così di capire che non siamo isolati, che non possiamo vivere da isole, ma che raccolti diventiamo una cosa sola, come il grano sparso sui colli”. “Ecco dove si capisce la Chiesa sinodale”, ha rivelato Zuppi: “mettendo al centro Gesù e dando da mangiare, cioè preoccupandoci degli altri nutrendoci di lui e nutrendo del suo amore, ricevendo e donando. Se viviamo questo e se cambiamo per vivere questo, troveremo le risposte necessarie per una Chiesa madre di tutti”.
C’è la Chiesa madre, al centro delle parole del presidente della Cei: una madre che vuole raggiungere tutti i suoi figli, con la compassione di Gesù. A partire dagli ultimi: “È una madre e vuole proteggerli dalla solitudine, dalla povertà, dall’insignificanza, dalla violenza, dallo sfruttamento, qualunque esso sia”. Il segreto è l’amore: Se non amiamo tutto diventa impossibile, pesante, come nel Vangelo che abbiamo ascoltato. Se amiamo, forti dell’amore di Cristo, dare da mangiare ci fa essere sazi! Dare da bere ci fa scoprire che abbiamo una sorgente nel cuore, vestire un nudo ci fa indossare l’abito del cielo che è quello dell’amore”.
“Per questo non possiamo restare fermi a spolverare il museo di antichità preziose ma senza vita”,
ha attualizzato il cardinale: “L’Eucaristia è pane vivo, lo mediteremo in questi giorni, e l’altare ci insegna ad apparecchiare la carità”. “Riscoprire il gusto del pane per saziare ed essere saziati”, l’invito finale.
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