Di Don Vincenzo Catani
Mi trovo come ogni anno a Lourdes con il pellegrinaggio nazionale dei malati organizzato dall’Unitalsi. Sono ormai cinquant’anni che vengo in questo angolo di paradiso che il Signore ha permesso ai piedi dei Pirenei. È il mio appuntamento fisso con la Bianca Signora, con l’Immacolata della Grotta di Massabielle. E ogni anno è diverso, con il suo carico enorme di emozioni vissute, di pensieri forti, di sguardi intensi, di silenzi ovattati, di canti corali, di passi senza numero, di lunghe sedute davanti alla Grotta cercando di penetrare il duro della roccia con la dolcezza di una preghiera appena sussurrata.
È ancora mattino molto presto: solo poche persone sotto gli ombrelli per ripararsi da una pioggia insistente, che pian piano spegne anche le candele accese nel grande candelabro ai piedi della nicchia. Vedo che gli occhi di tutti sono rivolti verso il volto di Maria: tutti hanno tante cose da dire alla Madre. A me invece non esce dal cuore un discorso decente e balbetto più volte un’Ave, adagio adagio. Non sono necessarie tante parole, perché è semplicemente e stupendamente bello star lì, buttare gli occhi su di lei e farsi accarezzare il cuore. E poi che cosa devo dirle se lei sa già tutto di me? Le ricordo invece tanti fratelli e sorelle che invocano il suo aiuto, e sotto il mio ombrello, troppo piccolo e gocciolante, si materializzano centinaia di volti precisi, di situazioni negative, di problemi inaspettati, di dolori nascosti, di speranze sfiorite, di corpi appesantiti. E al termine di questo lungo “cahier de doléances” mi viene spontanea una frase della antica preghiera dell’ “Ave maris stella”, là dove dice: “Mostrati d’esser madre e porta la nostra preghiera a Colui che è nato da te per soffrire con noi”.
Il tempo è passato veloce, anche se ancora è buio, e sta per iniziare la messa in tedesco. Lascio le mie povere preghiere ai piedi di Maria.
La pioggia continua, ma il cuore è leggero.
