DIOCESI – Si è svolto mercoledì 19 ottobre, alle ore 21:00, presso la chiesa San Pio X di San Benedetto del Tronto, l’evento dal titolo “A Betania con Marta e Maria”, un incontro di formazione rivolto ai laici tenuto dalla prof.ssa Emanuela Buccioni, illustre biblista ternana laureata in Teologia Biblica presso la Pontificia Università San Tommaso d’Aquino (Angelicum) di Roma. Presenti il vescovo Carlo Bresciani, il vicario generale don Patrizio Spina, il direttore dell’Ufficio Liturgico Diocesano e parroco della chiesa ospitante, don Ulderico Ceroni, e molti altri sacerdoti della Diocesi.
Dopo il saluto del vicario generale don Patrizio Spina e un momento di preghiera, così ha esordito la prof.ssa Buccioni: “È meraviglioso vedere una platea così nutrita di catechisti e operatori pastorali, persone che dedicano la loro vita ad annunciare la Parola. In questo secondo anno del cammino sinodale i vescovi hanno proposto come icona biblica la casa di Betania abitata da Marta e Maria tratta dal capitolo 10 del Vangelo di Luca. Pertanto stasera partiremo approfondendo proprio il tema della casa, un’immagine che l’evangelista Luca usa per indicare l’essenziale all’interno della comunità, non solo in questo brano evangelico, ma anche in altri passi.” La biblista allora ha illustrato e spiegato i vari passi in cui torna il tema della casa: partendo da quella di Maria, la madre di Giovanni detto Marco, in cui molti si riuniscono per pregare per Pietro che è in prigione, è passata poi alla casa di Lidia, che vive a Filippi, in Grecia, un posto che diventa il primo nucleo di comunità cristiana in Europa, utilizzata per incontrare altri fratelli ed esortarli ad una vita cristiana piena. In definitiva per Luca, dire casa significa dire luogo in cui la chiesa si riunisce, quindi dire comunità o chiesa è lo stesso. “Alla luce di questo – ha proseguito la Buccioni – le nostre chiese non dovrebbero assomigliare a dei templi sacri, bensì a delle case accoglienti che abbiano lo stesso calore delle case domestiche, quel calore che viene solo da una comunità viva, attenta, in ascolto, ospitale. Al tempo di Gesù le comunità non erano molto numerose: al loro interno avevano 30/40 persone al massimo, perché più di quelle in una casa non potevano essere ospitate. Erano comunità che consentivano relazioni vere, autentiche, di reale conoscenza. Anche Gesù adottava questo stile nella sua vita: se ci pensate, infatti, Egli girava per le strade, ma le cose più significative le faceva dentro casa, come, ad esempio, il primo miracolo e la narrazione delle parabole.”
Il secondo tema su cui la relatrice si è soffermata è quello dell’ospitalità. “In questo brano – ha affermato la Buccioni – Marta si dà tanto da fare per ospitare Gesù, rispettando le leggi dell’ospitalità che sono in vigore al suo tempo. La parola ospitare nel greco antico indica letteralmente ‘far entrare in casa sotto il proprio tetto’ e questa ospitalità riguarda tanto coloro che ospitano quanto coloro che vengono ospitati. Lo stesso verbo qui usato viene utilizzato anche nel Vangelo di Luca per indicare Zaccheo che ospita Gesù; poi negli Atti degli Apostoli, quando si racconta di Paolo e degli altri Apostoli che trovano ospitalità presso Zebedeo; infine viene usato anche nel racconto di Raab la prostituta, che ospita gli apostoli. In tutti questi tre casi, quattro con quello di Marta e Maria, l’ospitalità porta alla salvezza non tanto della persona ospitata, quanto di colui o colei che ospita. Così avviene per tutti i protagonisti delle vicende narrate.”
Dopo aver parlato del contenitore, la casa, e dell’azione compiuta, l’ospitare, l’attenzione dell’illustre ospite si è spostata sul contenuto, ovvero le persone coinvolte nella vicenda, Marta e Maria. “Veniamo dunque a queste due figure protagoniste del racconto evangelico. La prima ad essere nominata è Marta, che probabilmente è la padrona di casa, più intraprendente di Maria, che, invece, fin da subito, viene descritta come seduta ai piedi di Gesù, una postura che è tipica dei discepoli. Maria ascolta con attenzione non le parole di Gesù, bensì la Parola che Egli porta, la Parola che Egli è. In questo brano Gesù non viene mai nominato con il suo nome, bensì viene chiamato sempre il Signore: gli viene riconosciuto il suo valore. Marta è presa da molti servizi. Il termine diaconie è molto importante, perché il servizio è una cosa preziosa. Perché qui invece sembra assumere una sfumatura, se non negativa, quantomeno incompleta? L’aggettivo che viene utilizzato per descrivere Marta è distolta, che in greco significa distratta, letteralmente estratta da sé, una persona che ha perso il baricentro. Marta ha tante qualità: è fedele alla legge dell’ospitalità vigente al suo tempo, fa molti servizi ed è cordiale. Però, allo stesso tempo, pure in un’attività buona e santa, Marta si sente sola ed incompresa. Quando si rivolge al Signore è come se ci suggerisse di non tenere dentro di noi l’amarezza, di non trasformarla in lamentela, bensì di offrirla al Signore. Questo brano ci invita anche a riconoscere che la generosità di Marta non è accompagnata dalla gioia. Capita anche a noi, qualche volta, quando svolgiamo un servizio in parrocchia, di non essere felici. La gioia che scaturisce dalla diaconia è un segnale importante: se collaboriamo con gioia, è segno che stiamo facendo bene; se, al contrario, lo stiamo facendo solo con fatica, non va bene. È bella anche la risposta di Gesù che la chiama per nome due volte, (Marta, Marta), come quando un genitore ammonisce il proprio figlio per farlo crescere. Gesù ha percepito l’ansia, ha visto una mancanza di serenità, ha compreso che Marta ha iniziato una competizione, spezzando un legame, quello della sorellanza. Quante volte succede anche nelle nostre comunità di andare in competizione, di non apprezzare fratelli e sorelle che sanno fare meglio di noi e, anziché riconoscere i meriti di chi sa fare di più o meglio e magari può essere una grande ricchezza per le nostre comunità, diventiamo piccoli e meschini. Sorda alla Parola, incapace di accoglierla, Marta ritrova il baricentro grazie a Gesù che mette in ordine le cose. Al contrario di sua sorella, Maria sta facendo quello che non si deve fare secondo le regole del tempo, ovvero si mette ai piedi dell’ospite prima di servirlo. Questo capovolgimento viene fatto dal Signore per far meglio comprendere il primato della Parola, l’essenzialità dell’ascolto. Noi riusciamo a dare spazio a questo nella nostra comunità? Come posso avere familiarità con la Parola di Dio se non la ascolto con assiduità? Noi siamo spesso non siamo abitati della Parola. Invece siamo chiamati a mettere, prima di ogni cosa, l’ascolto: solo così realizzeremo la compiutezza dell’essere Cristiano. Occuparsi di Dio viene al primo posto. Gesù lo aveva fatto capire anche a sua madre Maria. Quando i suoi genitori lo hanno ritrovato nel tempio, Gesù ha detto: ‘Non sapevate che devo occuparmi delle cose del Padre mio?’ Anche Maria, la madre di Gesù ha dovuto fare questa crescita. Anche Marta è chiamata a fare questa crescita. Tutti noi dobbiamo fare questa crescita e, quando dico tutti noi, intendo tutti noi cristiani, a prescindere dal ruolo che abbiamo all’interno delle comunità. Non deleghiamo gli altri: il vescovo, il parroco danno un indirizzo, ma anche noi siamo corresponsabili delle nostre comunità. C’è una Parola che abita il cuore dei credenti che non ha nulla a che vedere con il ruolo che abbiamo all’interno della comunità: ognuno deve fare la sua parte, solo così si costruisce il clima giusto per una casa accogliente, disponibile, viva.”
Al termine dell’approfondimento biblico, si è lasciato spazio agli interventi del pubblico il quale ha molto apprezzato le parole della prof.ssa Buccioni, in particolare quelle dedicate alla figura di Marta e al suo bisogno di essere rassicurata: “Quel bisogno di Marta è lo stesso di molti credenti che vivono difficoltà, incertezze, paure. Se imparassimo a condividere queste debolezze, riusciremmo a vedere che abbiamo lo stesso sangue, che siamo una famiglia, uniti da un vincolo di fratellanza vero.”
La serata si è conclusa con le parole del vescovo Carlo Bresciani: “Grazie prof.ssa Buccioni, perché stasera abbiamo fatto un passo in più sia nella comprensione del brano evangelico che lei ha magistralmente spiegato sia lungo quel cammino che dobbiamo percorrere per il sinodo. Sono anche contento di vedere una risposta così numerosa di uditori. A questo incontro abbiamo invitato i lettori, consapevoli del fatto che non basta saper leggere, bensì occorre avere passione per la Parola e comprenderla nel profondo per poi riuscire a proclamarla bene. Abbiamo invitato i catechisti, perché sappiamo quanto sia importante l’annuncio della Parola, una Parola che diventa vita attraverso l’esempio. Abbiamo invitato i ministri straordinari della Comunione: sappiamo bene, infatti, che essi portano Gesù nelle case non solo dal punto di vista eucaristico. Il testo di Betania è uno spunto su come vivere le nostre diaconie, su come fare spazio dentro di noi: ospitalità, infatti, non significa solo che l’altro ha bisogno di me, ma che io ho bisogno dell’altro. Allora devo essere io a fare il primo passo: Gesù ha fatto il primo passo entrando nella casa di Betania, Maria lo ha fatto mettendosi in ascolto, anche Marta lo ha fatto svolgendo i servizi. La consapevolezza che tutti abbiamo bisogno dell’altro è il presupposto di ogni comunità: solo così diverremo casa ospitale.”