Paolo Morocutti
La terribile realtà dell’inferno e la sua eternità fanno certamente paura. Si è cercato di metterle in dubbio, ma i testi biblici sono inequivocabili e altrettanto chiaro è l’insegnamento costante della Chiesa. Oggi per ovviare a questo imbarazzo, dovuto alla forte secolarizzazione del pensiero occidentale, la predicazione sulle realtà escatologiche si è ridotta ai minimi termini. Parlare dell’inferno è poco di moda, poco attraente, addirittura secondo alcuni controproducente. Ebbene questo modo nichilista e superficiale di affrontare il tema è assai pericoloso. L’esistenza dell’inferno fa parte del credo cristiano ed è parte integrante della rivelazione, si tratta di saper affrontare il tema nel modo giusto e non di alienarlo dalla predicazione, prendendosi responsabilità gravissime in ordine all’annuncio integrale delle verità di fede. Ma se Dio è misericordioso perché esiste l’inferno? San Giustino, uno dei Padri e pensatori della Chiesa ebbe ad affermare che Dio è “misericordioso perché è giusto”. La misericordia non può mai prescindere dalla giustizia. Se tutti gli uomini avessero da Dio la stessa ricompensa a prescindere dal retto uso della propria libertà avremmo un Dio certamente misericordioso ma profondamente ingiusto. La nostra libertà ha una drammatica responsabilità: siamo chiamati alla vita eterna, ma possiamo cadere nella perdizione eterna. “Davanti agli uomini stanno la vita e la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà” (Sir 15,17). Dio vuole che tutti siano salvati e vivano come suoi figli, eppure per ciascuno c’è la triste possibilità di perdersi: mistero inquietante, ma richiamato tante volte nella Bibbia, con parole accorate di ammonimento. Il Catechismo degli adulti della Conferenza episcopale italiana al numero 1218 parla dell’esistenza dell’inferno e la definisce come una “tragica possibilità”
Si lascia intendere chiaramente come questa sia una possibilità, una libera scelta dell’uomo, un atto di libera volontà. Non si finisce all’inferno per sbaglio ma si sceglie. Papa Francesco esprime con grande chiarezza questo concetto fondamentale: “L’inferno consiste nell’essere lontani per sempre dal Dio che dà la felicità, dal Dio che ci vuole tanto bene. L’inferno non è una condanna, ma una scelta. All’inferno non ti mandano, ci vai tu, perché scegli di essere lì”. Ma in che cosa consistono realmente le pene dell’inferno? Quando la Sacra Scrittura parla di perdizione, rovina, distruzione, corruzione, morte seconda, si riferisce a un fallimento della persona, a una vita completamente fallita e il fallimento definitivo dell’uomo per la Sacra Scrittura è quello di essere separato da Dio.
L’inferno non è un luogo è uno stato in cui si trova l’anima che ha scelto liberamente e consapevolmente di separarsi da Dio.
Noi siamo esseri liberi, abbiamo la possibilità dell’autodeterminazione: se decidiamo di stare con Dio, si entra nella comunione e nella salvezza. Se decidiamo di odiarlo, di allontanarci, siamo nella perdizione. Vedere finalmente Dio, così come egli è, ed essere separato da lui per sempre è la pena più dolorosa e logorante che l’anima possa provare. In definitiva come ha ben affermato Dostoevskij: “l’inferno è la sofferenza di non poter più amare”.