ACQUAVIVA PICENA – Piera Rossi, dell’Oleificio Bruni Rossi, ci ha raccontato la storia del suo oleificio che gestisce insieme al marito Maurizio e a tutta la sua famiglia e alla nuova socia Elisa Corazzini. Ci ha raccontato della produzione dell’olio, ricordando le tecniche passate e spigandoci le nuove tecnologie, sempre più all’avanguardia e sempre più nel rispetto dell’ambiente. Ci ha raccontato la “vita” di un’azienda al femminile e di quanto sia importante la vicinanza della famiglia.
Piera, ci racconti la storia del tuo oleificio?
Negli anni novanta ho ereditato un terreno in cui ho voluto investire piantando milleseicento piante di ulivo; ho deciso di mettermi in gioco e da questa mia scelta è nata la collaborazione con il socio Bruni Mattia, partita nel 1999 con la gestione di un frantoio pre-esistente nel centro di Acquaviva Picena. Negli anni successivi abbiamo ingrandito l’azienda, ci siamo spostati sotto il paese e abbiamo investito in nuovi macchinari che permettevano di ottenere una qualità migliore dell’olio prodotto. Dopo la morte del socio, abbiamo rilevato tutta l’azienda e successivamente una percentuale del frantoio è stata acquistata da Elisa, per investire un un’azienda tutta al femminile in cui le famiglie sono parte fondamentale perché è un’azienda a conduzione familiare.
Com’è cambiata nel tempo la molitura delle olive?
In passato la raccolta delle olive avveniva quando il prodotto era più che maturo perché questo garantiva una resa ottima in olio. Ad oggi con le nuove conoscenze in ambito scientifico molte cose sono cambiate: si cerca di unire all’ottima resa una qualità del prodotto in termini anche di proprietà organolettiche per cui la raccolta viene anticipata. Il periodo migliore è appena inizia l’invaiatura, ovvero l’inizio della maturazione dei frutti, quando le olive iniziano a cambiare colore e tutte le sostanze che ne determinano le proprietà organolettiche sono ancora nel frutto.
Per quanto riguarda la molitura delle olive, la tecnica del nostro frantoio è quella moderna a ciclo continuo che permette anche di controllare la temperatura della lavorazione e quindi di avere un’estrazione a freddo.
In passato si usava la classica molazza, la ruota che girando portava alla frammentazione dei noccioli; nel nostro oleificio invece siamo passati a sistemi di nuova generazione, con parti tutte in acciaio, che tramite un frangitore meccanico, frantumano le olive e permettono di ottenere una pasta uniforme che poi passa nelle gramole. Abbiamo quindi superato l’uso delle presse che si usavano molto in passato, ma che purtroppo portavano facilmente a una ossidazione dell’olio.
Quali sono gli ulivi autoctoni e qual è la qualità dell’olivo nelle Marche?
Gli ulivi tipici delle nostre zone sono principalmente l’ascolana tenera, quella dura, la carboncella…attorno agli anni cinquanta, però, ci fu una forte gelata nelle nostre zone e questo portò, purtroppo, alla perdita di molte piante. Successivamente si decise di piantare molte specie più resistenti, ma non del nostro territorio come ad esempio il leccino e il frantoio. Ad oggi si sta cercando di tornare a coltivazioni autoctone, ma non è facile.
Quanto è importante investire nell’agricoltura e soprattutto nella salvaguardia dei prodotti tipici?
La volontà di molte piccole aziende di investire nel territorio trova però un ostacolo in quella che è poi la realtà, è molto difficile investire in un territorio senza degli aiuti concreti che tutelino le piccole aziende del nostro territorio. Le Marche, soprattutto la zona del Piceno, sono fatte di tante piccole realtà locali che andrebbero aiutate e tutelate perché permettono di portare avanti le nostre tradizioni e di ottenere prodotti unici per la qualità e caratteristiche.