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Migranti. Il vescovo Suetta (Ventimiglia): “Ogni giorno i francesi riportano in Italia una ottantina di persone, a volte usano tattiche”

Di Patrizia Caiffa

Il pugno duro della Francia con l’Italia attraverso il rafforzamento dei controlli alla frontiera “è stato più una azione dimostrativa, una esibizione di forza. In questi giorni hanno intensificato leggermente i controlli ma senza eccedere. Purtroppo è una prassi che dura da anni: impedire il libero transito e riportare in Italia giornalmente circa una ottantina di persone con espedienti vari”. Queste le parole al Sir di mons. Antonio Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo, a proposito della querelle che sta opponendo i due Paesi sulla questione migranti. Uomini, donne e bambini migranti che vogliono andare in Francia o in altri Paesi del nord Europa non possono oltrepassare liberamente la frontiera per via del Regolamento di Dublino (prevede che il migrante rimanga nel Paese dove è stato identificato) e anche perché la Francia ha sospeso gli accordi di Schengen nel 2015 dopo gli attentati terroristici a Parigi. Così sono costretti a ricorrere alle vie illegali e ai passeur (in cambio di denaro) per varcare il confine. Ma quando vengono intercettati dalle forze dell’ordine francesi sono rimandati in Italia, perfino i minori, anche se il trattato di Dublino lo vieta. “In teoria dovrebbero avere le prove che provengono dall’Italia. Così a volte le forze dell’ordine francesi fanno trovare nelle tasche dei migranti degli scontrini emessi in Italia e con questa scusa li riportano indietro. Purtroppo anche tanti minori – riferisce monsignor Suetta, che ha queste notizie dagli operatori sul campo -. E’ una delle tattiche che usano. Un’altra è quella di cambiare l’età dei minori o riportarli indietro con auto civetta: entrano nell’entroterra italiano e lontano da occhi indiscreti ne scaricano qualcuno e lo lasciano lì”.

Situazione immutata alla frontiera. “La Francia ha voluto evidenziare questa situazione incrementando il numero degli agenti alla frontiera – racconta il vescovo -. Ma sostanzialmente la situazione rimane immutata perché oramai da anni aveva deciso unilateralmente di sospendere Schengen. Con questo pretesto ha poi creato in realtà i problemi per la frontiera italiana”. Qualche settimana dopo i periodi di sbarchi più intensi si crea a Ventimiglia e dintorni una situazione di ingiustizia e degrado, con persone accampate lungo il fiume o sotto un viadotto autostradale in condizioni pessime, in attesa di attraversare il confine percorrendo rischiosi sentieri di montagna. In questi giorni non c’è stato un aumento di presenze. “I numeri sono leggermente fluttuanti ma sono sempre quelli”, precisa il vescovo. “E’ una sorta di fac simile della traversata del Mediterraneo. Questa povera gente è costretta ad avventure terribili. E con l’inverno la situazione peggiora”.

L’accoglienza Caritas. La Caritas di Ventimiglia da due anni ha messo a disposizione un paio di appartamenti per ospitare almeno donne e bambini in transito, circa 10/15 persone, sempre al completo. Al centro di ascolto, invece, distribuiscono cibo, vestiti e coperte. Collabora anche con Caritas Intemelia, una associazione di volontariato che condivide stile d’azione e ideali. La diocesi, d’intesa con la prefettura, spera entro fine mese di avere una risposta per una accoglienza di emergenza per l’inverno.

“E’ bene che Italia e Francia si parlino in pace – afferma monsignor Suetta – e a livello di Unione europea si componga una buona regia per governare il fenomeno epocale delle migrazioni in un’ottica di solidarietà nei confronti dei migranti e di lealtà nei confronti delle diverse nazioni europee. Non credo sia opportuno gettare benzina sul fuoco di questa polemica, che non è mai la strada migliore per risolvere le questioni”. “Detto con serenità, senza voler infierire – aggiunge -, a me non pare che la Francia abbia tutte queste ragioni per puntare il dito contro l’Italia. Disservizi ed errori di gestione purtroppo capitano un po’ ovunque”. “I problemi – puntualizza – a volte vengono sollevati non tanto per essere trattati ma perché strumentali ad altre finalità, sia da una parte, sia dall’altra. La situazione andrebbe affrontata nella maniera più oggettiva possibile, liberandoci da convincimenti di parte”.

Il suo auspicio finale è che

“si colga questa circostanza spiacevole come un impulso a sedersi davvero intorno ad un tavolo, non solo Italia e Francia ma a livello europeo.

Ogni nazione europea assuma le proprie responsabilità di fronte a questo fenomeno”, magari “in maniera diversificata, perché ci sono Stati che possono accogliere in maniera più regolare”: “E’ ovvio che in Italia, a Malta, Cipro e Grecia, in relazione alla posizione geografica, prevale la dimensione dell’emergenza. Questa dimensione deve essere adeguatamente supportata e condivisa a livello europeo. Se la geografia non cambia gli interventi possono essere maggiori o minori, a seconda della necessità”.

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