Stefano De Martis
“Le scelte del legislatore adottate in periodo pandemico sull’obbligo vaccinale del personale sanitario” sono “non irragionevoli né sproporzionate”.La Corte costituzionale ha respinto, a vario titolo, tutti i ricorsi che le erano pervenuti in chiave “no vax” attraverso undici questioni di legittimità sollevate da cinque uffici giudiziari. Nel mirino dei ricorrenti soprattutto il decreto, poi convertito in legge, con cui nell’aprile dello scorso anno il governo Draghi aveva introdotto per il personale sanitario e altre categorie di lavoratori pubblici l’obbligo della vaccinazione contro il Covid. La pronuncia della Corte costituzionale era molto attesa sul piano pratico perché, anche se ormai l’obbligo è superato (tanto più con l’anticipo deciso dall’attuale governo), ci sono ancora in ballo le richieste di risarcimento da parte di coloro che sono stati sanzionati.
Ma, a livello più generale,l’interesse era dovuto al fatto che ancora una volta la Consulta era chiamata a valutare la costituzionalità delle misure adottate per contenere la pandemia, oggetto di critiche talora anche scomposte da parte di alcuni settori dell’opinione pubblica e del mondo politico.E ancora una volta il “giudice delle leggi” ha confermato che tali misure erano conformi alla Costituzione in quanto il bilanciamento tra interessi individuali e interessi collettivi era stato effettuato in modo equilibrato.Nella costante giurisprudenza della Corte, infatti, quando sono in campo diversi diritti meritevoli di tutela, il sacrificio di uno di essi – in questo caso quello dei singoli in nome del bene della salute di tutti – è ammesso purché risponda a criteri di ragionevolezza e proporzionalità.Ed è proprio questo che viene affermato nel comunicato con cui da Palazzo della Consulta si è soliti anticipare il contenuto della decisione in attesa del deposito della sentenza con le relative motivazioni. Motivazioni che sarà comunque molto interessante leggere per cogliere appieno il significato della decisione e anche le sue implicazioni.
Oltre alle questioni a cui si riferisce in modo specifico il passaggio citato in apertura, il comunicato si sofferma sinteticamente anche sugli altri due profili principali che sono stati esaminati.
Sono state ritenute non fondate “le questioni proposte con riferimento alla previsione che esclude, in caso di inadempimento dell’obbligo vaccinale e per il tempo della sospensione, la corresponsione di un assegno a carico del datore di lavoro per chi sia stato sospeso; e ciò, sia per il personale sanitario, sia per il personale scolastico”.
“Inammissibile, per ragioni processuali” è stata a sua volta dichiarata “la questione relativa alla impossibilità, per gli esercenti le professioni sanitarie che non abbiano adempiuto all’obbligo vaccinale, di svolgere l’attività lavorativa, quando non implichi contatti interpersonali”. Quindi su quest’ultimo punto non c’è stato approfondimento nel merito in quanto la Corte ha ravvisato un difetto nell’ordinanza con cui la questione è stata proposta al suo giudizio. Circolano varie ipotesi sulla natura di questo difetto, ma una risposta certa arriverà solo dalla lettura del testo integrale che sarà depositato dai giudici della Consulta.
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