“Don Primo Mazzolari aveva sperimentato nella sua esperienza personale di cappellano militare che la guerra è sempre un male, e insegnava che nessuno ha il diritto di comandare ad altri uomini di uccidere i fratelli in quella che Benedetto XV ha chiamato l’inutile strage. Per lui ‘rifiutarsi a simile comando, non è sollevare l’obiezione, ma rivendicare ciò che è di Dio, riconducendo nei propri limiti ciò che è di Cesare’”. Lo ha detto il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, dialogando in collegamento online con 140 studenti del corso di Laurea in Scienze del turismo della Facoltà di Lettere della Sapienza. “Il cristiano è un uomo di pace, non un uomo in pace”, ha detto Zuppi prendendo a prestito le parole del parroco di Bozzolo: “Non rinuncia a resistere, sceglie un altro modo di resistere, che può parere estremamente folle, qualora si dimentichi o non si tenga abbastanza conto dell’orrendo costo della guerra, la quale non garantisce neppure la difesa di ciò che vogliamo con essa difendere”. Per Mazzolari, “la guerra è sperpero di risorse, di beni, di vite umane”, e di fronte ad essa “il credente non può tacere o muoversi lentamente”. Inoltre, “chi ritiene in coscienza che ogni guerra sia un peccato, ha il dovere di agire di conseguenza e dunque di non collaborare in alcun modo con tutto ciò che ha a che fare con la guerra”: di qui “il dovere all’obiezione di coscienza nei confronti della guerra intesa sempre come peccato”. Secondo don Mazzolari – ha precisato Zuppi, secondo quanto riferisce Il Faro di Roma – “la nonviolenza non va confusa con la non resistenza. La nonviolenza è come dire: no alla violenza. È un rifiuto attivo del male, non un’accettazione passiva. La pigrizia, l’indifferenza, la neutralità non c’entrano. Il nonviolento, nel suo rifiuto a difendersi è sempre un coraggioso. La nonviolenza è un atto di fiducia nell’uomo e di fede in Dio; è una testimonianza resa alla verità fino alla conversione del nemico”. In don Mazzolari “vi è poi la condanna chiara e netta della corsa agli armamenti, definita ‘una follia: le armi si fabbricano per spararle. L’arte della guerra si insegna per uccidere’”.
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