Pietro Pompei
DIOCESI – Una volta l’albero di Natale si allestiva solo nella casa dei signori. Quando era difficile comprare il necessario per sopravvivere, il superfluo, come fili d’oro o palline luccicore e colorate, passava in second’ordine, anche perché i pochi doni erano compito solo della Befana. Nei ricordi rimane il grande e fantastico Presepio allestito dagli studenti dei Padri Sacramentini nel locale attiguo alla Chiesa; il primo ad iniziare gli effetti di luce e a movimentare alcuni personaggi. Quando non c’era ancora la televisione e al cinema si andava solo per vedere il film di Santa Bernardette, partecipando emotivamente all’apparizione della Madonna, la visita al presepio dei Sacramentini era quasi giornaliera.
Presso il teatro “S.Giovanni Bosco” venivano posti sul palco alcuni pupazzi alti un metro circa, con una grande capanna e un paffuto Bambinello. Tutti questi personaggi venivano coinvolti in alcune recite natalizie.
Nelle case il presepio, con personaggi avuti in eredità , si allestiva sopra il comò o in un angolo della scansia della cucina. Normalmente era ricco di erba vellutino (il muschio), che non costava nulla e si andava a cercare, fin dai primi giorni di dicembre, sulle colline vicine o lungo i fossi.
L’albero di Natale ebbe il sopravvento negli anni del boom economico e soppiantò il presepio che richiedeva tempo per l’allestimento: il richiamo poi alla povertà contrastava con la ricchezza che si voleva ostentare. L’albero diventò una forma di esibizione. Ci fu una vera gara a chi lo acquistava più grande e ben presto si arricchì di doni con un Babbo Natale che nulla aveva a che vedere con Gesù Bambino.
La tradizione stentava a tenere vivo l’allestimento del presepio che divenne più un impegno parrocchiale e cittadino che familiare. Si iniziò una gara tra Parrocchie e Paesi: da quelli allestiti in pubbliche piazze, come a Ripatransone, a quelli cosiddetti “viventi” con una sceneggiatura da autentici spettacoli. Con simpatia voglio ricordare quello allestito dagli Scouts di Grottammare presso il cortile di villa Azzolino (anno 2004). Da un momento di religiosità privata, il presepio è diventato manifestazione collettiva dove talvolta il folklore e la pubblicità hanno avuto il sopravvento.
Un ritorno al presepio familiare si è avuto con i vari “concorsi” promossi spesso nelle varie parrocchie dall’Azione Cattolica. Con grande soddisfazione assistiamo, in questi ultimi anni ad un ritorno al presepio domestico, magari limitato ad una capanna con i personaggi principali, presso la quale il Verbo viene meditato nel Mistero dell’ Incarnazione.
Con evidente contrasto, al Babbo Natale ora si sostituisce Gesù Bambino nel portare doni ai Bambini “buoni”. Sembra un paradosso. Forse le difficoltà di vario genere in cui si dibatte l’odierna società, ci sta portando a riconsiderare gli autentici valori che nello sfavillio delle feste spesso vengono dimenticati. In epoca in cui i nostri bambini hanno di tutto, chiedere loro qualche rinuncia assume un senso solo guardando quel Dio che si è fatto uomo, nascendo in una stalla, dove, in una facile, nei nostri tempi, proiezione globale, si possono ritrovare tanti volti di bambini dimagriti per la fame, per le malattie non curate, per la sporcizia in cui sono costretti a vivere, per le violenze a cui sono assoggettati. E’ l’invito che ci ha rivolto Papa Francesco in questo tormentone di guerre sparse.
Mi permetto di rivolgere un invito a visitare le varie “ Grotte di Betlemme”, dalle quali continuano a giungere “ quelle parole che troppo spesso siamo portati a dimenticare, parole che sanno di bontà, di pace e riconciliazione, di perdono, d’ amore”.