Filippo Passantino
“Nel momento in cui abbiamo osato sperare che il peggio della notte della pandemia da Covid-19 fosse stato superato, una nuova terribile sciagura si è abbattuta sull’umanità”. Poco più di due cartelle e cinque punti che oscillano tra due poli: la pandemia e la guerra in Ucraina. Così Papa Francesco sviluppa il suo messaggio per la Giornata mondiale della pace, che ricorre il 1° gennaio prossimo. Il Pontefice ripercorre i primi momenti della pandemia con i drammi e il cuore della notte attraversata dall’umanità. Un fatto che ha ribaltato “l’apparente tranquillità anche delle società più privilegiate, generando disorientamento e sofferenza, causando la morte di tanti nostri fratelli e sorelle”.
Nelle parole del Papa anche la doppia conseguenza della pandemia: “Assieme alle manifestazioni fisiche, il Covid-19 ha provocato, anche con effetti a lungo termine, un malessere generale che si è concentrato nel cuore di tante persone e famiglie, con risvolti non trascurabili, alimentati dai lunghi periodi di isolamento e da diverse limitazioni di libertà”. La sua consapevolezza si estende al fatto che “la pandemia abbia toccato alcuni nervi scoperti dell’assetto sociale ed economico, facendo emergere contraddizioni e disuguaglianze”. “Ha minacciato la sicurezza lavorativa di tanti e aggravato la solitudine sempre più diffusa nelle nostre società, in particolare quella dei più deboli e dei poveri”. Il riferimento è rivolto ai “lavoratori informali”. Una crisi che non ha escoluso nessuno:
“La pandemia sembra aver sconvolto anche le zone più pacifiche del nostro mondo, facendo emergere innumerevoli fragilità”.
Il tempo delle risposte. Il Papa indica una serie di domande alle quali dopo tre anni, è tempo di rispondere. Le indica una per una: “Ho già avuto modo di ripetere più volte che dai momenti di crisi non si esce mai uguali: se ne esce o migliori o peggiori. Oggi siamo chiamati a chiederci: che cosa abbiamo imparato da questa situazione di pandemia? Quali nuovi cammini dovremo intraprendere per abbandonare le catene delle nostre vecchie abitudini, per essere meglio preparati, per osare la novità? Quali segni di vita e di speranza possiamo cogliere per andare avanti e cercare di rendere migliore il nostro mondo?”.
Sullo sfondo, il Pontefice indica una certezza:
“La più grande lezione che il Covid-19 ci lascia in eredità è la consapevolezza che abbiamo tutti bisogno gli uni degli altri, che il nostro tesoro più grande, seppure anche più fragile, è la fratellanza umana, fondata sulla comune figliolanza divina, e che nessuno può salvarsi da solo”.
Da parte sua, Francesco sottolinea che “è urgente ricercare e promuovere insieme i valori universali che tracciano il cammino di questa fratellanza umana”. “Abbiamo anche imparato che la fiducia riposta nel progresso, nella tecnologia e negli effetti della globalizzazione non solo è stata eccessiva, ma si è trasformata in una intossicazione individualistica e idolatrica, compromettendo la garanzia auspicata di giustizia, di concordia e di pace”. “Nel nostro mondo che corre a grande velocità – aggiunge -, molto spesso i diffusi problemi di squilibri, ingiustizie, povertà ed emarginazioni alimentano malesseri e conflitti, e generano violenze e anche guerre”. Infine, le “scoperte positive” della pandemia: “Un benefico ritorno all’umiltà; un ridimensionamento di certe pretese consumistiche; un senso rinnovato di solidarietà che ci incoraggia a uscire dal nostro egoismo per aprirci alla sofferenza degli altri e ai loro bisogni; nonché un impegno, in certi casi veramente eroico, di tante persone che si sono spese perché tutti potessero superare al meglio il dramma dell’emergenza”.
La guerra in Ucraina. L’altro tema del messaggio è inevitabilmente il conflitto in Ucraina. “Abbiamo assistito all’insorgere di un altro flagello: un’ulteriore guerra, in parte paragonabile al Covid-19, ma tuttavia guidata da scelte umane colpevoli – ha evidenziato Francesco -. La guerra in Ucraina miete vittime innocenti e diffonde incertezza, non solo per chi ne viene direttamente colpito, ma in modo diffuso e indiscriminato per tutti, anche per quanti, a migliaia di chilometri di distanza, ne soffrono gli effetti collaterali – basti solo pensare ai problemi del grano e ai prezzi del carburante. Di certo, non è questa l’era post-Covid che speravamo o ci aspettavamo”.
Soffermandosi su questa guerra, il Papa ribadisce che “insieme a tutti gli altri conflitti sparsi per il globo, rappresenta una sconfitta per l’umanità intera e non solo per le parti direttamente coinvolte”. “Mentre per il Covid-19 si è trovato un vaccino, per la guerra ancora non si sono trovate soluzioni adeguate. Certamente il virus della guerra è più difficile da sconfiggere di quelli che colpiscono l’organismo umano, perché esso non proviene dall’esterno, ma dall’interno del cuore umano, corrotto dal peccato”. Lo sguardo è rivolto a cosa fare adesso. E la certezza è una:
“Non possiamo più pensare solo a preservare lo spazio dei nostri interessi personali o nazionali, ma dobbiamo pensarci alla luce del bene comune, con un senso comunitario, ovvero come un ‘noi’ aperto alla fraternità universale”.