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Carcere: il pranzo natalizio con le detenute di Rebibbia

foto SIR/Marco Calvarese

Marco Calvarese

La pandemia di Covid-19 e le restrizioni ad essa legate, hanno fatto sperimentare a tutti cosa significhi la limitazione della libertà, una situazione che detenute e detenuti vivono quotidianamente, spingendo Papa Francesco a numerosi appelli, come ad esempio l’ultimo inviato a tutti i capi di Stato, invitandoli “a compiere un gesto di clemenza verso quei nostri fratelli e sorelle privati della libertà che essi ritengano idonei a beneficiare di tale misura, perché questo tempo segnato da tensioni, ingiustizie e conflitti, possa aprirsi alla grazia che viene dal Signore”. Una vicinanza specifica che si ripete ogni anno anche grazie al pranzo natalizio promosso per la nona edizione intitolata “L’altra cucina… per un pranzo d’amore” da Prison Fellowship Italia, Rinnovamento nello Spirito Santo e Fondazione Alleanza del RnS, e vissuto ieri contemporaneamente in 21 Case circondariali di tutta Italia: Rebibbia di Roma, Opera di Milano, Lorusso e Cutugno di Torino, Firenze, Massa, Bologna, Modena, Castelfranco Emilia, Pesaro, Secondigliano di Napoli, Salerno, Avellino, Aversa, Bari, Palmi, Vibo Valentia, Pagliarelli di Palermo, Siracusa, Cagliari, Nuoro e Lanusei.. “Oggi diventiamo famigliari di queste detenute che non potranno festeggiare con le loro famiglie. Questo gesto che compiamo, questa visita speciale che offriamo gratuitamente, generosamente per un altro Natale, ci insegna che, se un’altra cucina è possibile, è possibile anche un altro modo di fare fraternità.È una prova di responsabilità civile, un gesto di chiara rilevanza spirituale e sociale”.

foto SIR/Marco Calvarese

Sono state le parole dette ieri da Salvatore Martinez, presidente di Rns, che ha vissuto il pranzo assieme alle 230 detenute della Casa circondariale femminile di Rebibbia a Roma, con i piatti preparati dallo chef Filippo La Mantia e serviti da Antonio Giuliani, Massimo Mattia, Lorella Cuccarini, Gabriele Corsi e Laura Pertici, Stefano Jurgens, Ottavia Pojaghi Bettoni, Valeria Fabrizi, Maria Grazia Schiavo, Giulia Fiume, Kim Rossi Stuart, Ilaria Spada e Beatrice Fazi. “È stato difficilissimo ma siamo felicissimi, perché parlano i numeri: più di 600 volontari, 6mila pasti da preparare, 25 chef”, ha dichiarato Marcella Reni, presidente di Prison Fellowship Italia, che ha spiegato come questo sia soltanto “la ciliegina sulla torta” di un impegno che dura tutto l’anno, come ad esempio il progetto di giustizia riparativa “Sicomoro” che serve per far incontrare detenuti e vittime di reati in un percorso di riconciliazione e riparazione, ma anche “Genitori dentro e fuori” che serve per rieducare ad un corretto rapporto di genitorialità.

foto SIR/Marco Calvarese

“Si esce di qui più ricchi di quanto si è entrati”,le parole di Lorella Cuccarini che racconto quanto le abbia “fatto bene al cuore” condividere un po’ di tempo con delle donne che hanno condiviso con lei scampoli delle loro storie, facendole scoprire tanta umanità e comprendere quanto si può fare per aiutare le persone detenute. “È un servizio che viene svolto a persone meno fortunate e che si trovano in una situazione socialmente svantaggiata, per cui hanno bisogno del nostro aiuto per uscire da un tunnel in cui possiamo trovarci tutti, nessuno escluso”, ha precisato Alessia Rampazzi, direttrice della Casa circondariale femminile di Rebibbia, che vede questo pranzo come un ponte con la società esterna. Presente alla giornata anche mons. Benoni Ambarus, ausiliare della diocesi di Roma con delega alla carità e alla Pastorale dei migranti, ed i cappellani di RnS don Andrea Carosella e don Sandro Spriano, che durante il pranzo hanno incontrato le detenute. “Ci vogliono le persone perché Dio si renda presente”, ha dichiarato mons. Ambarus che ha spiegato come ogni gesto che serve questo scopo, è un gesto di annuncio.

foto SIR/Marco Calvarese

“Nel 1986 sono stato 9 mesi in carcere all’Ucciardone per errore, poi Falcone mi ha scarcerato il 24 dicembre, facendomi questo regalo di Natale”,ha raccontato lo chef Filippo La Mantia che ricorda quel momento come l’evento scatenante di tutto il suo impegno nei confronti dei detenuti, per cercare di aiutarli in tutti modi possibili. “Una iniziativa che avvicina la società civile all’universo carcerario, alle sofferenze ed alle difficoltà dei detenuti, alla necessità di conferire loro speranza”, il saluto di Andrea Delmastro Delle Vedove, sottosegretario di Stato al ministero della Giustizia. “Ritorneremo ma vorrei non rivedere i vostri volti. Il migliore augurio che possiamo farci nel Natale di Gesù, è che la vostra ricominci più ricca d’amore e di valore fuori da questo carcere quanto prima ed al meglio”, le ultime parole di Martinez che ha ribadito come questa iniziativa metta a sfida le coscienze e serva per dire al Paese che c’è bisogno di discontinuità sociale e generazionale.

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