Massimiliano Noviello
L’arco temporale – 1914-2012 – in cui è vissuta la venerabile Enrichetta Beltrame Quattrocchi abbraccia un secolo che dal punto di vista storico, sociale e religioso è molto articolato e complesso. Donna di raffinata acutezza umana e spirituale, offre al mondo attuale che sembra aver smarrito la bussola dell’essenza della persona umana– la fiducia –, stimoli di pensiero e di riflessione profondi e provocatori. La sua storia pubblica e privata smaschera una concezione dell’impegno dell’uomo sulla terra visto solo in termini individualistici, egoistici e antropocentrici.
Le pagine di questo testo biografico, nato ex abundantia cordis, dove ogni elemento del linguaggio chiama a raccolta ogni sua forza per dire cose che sono importanti, ove sono richiamati grandi maestri di vita spirituale, non fanno pensare a uno specchio, ma sono esse stesse uno specchio, che riflettono la profondità di un’esperienza umana e spirituale molto articolata, essenziale, prepotente, drammatica. Ci rivelano una figura speciale: non corretta, non smussata, non adattata, non omologata, non sorvegliata ma fedele alla sua immagine viva di donna che illustra il Vangelo, la vita di Gesù, a partire dalla vita quotidiana, mostrando i tratti essenziali del Cristo, della sua Santità, della sua divina bellezza. La sua vita assomiglia a un fiume in piena. Enrichetta ha sempre definito sé stessa come un semplice mestolino, – si fa riferimento allo spirito di dedizione a Dio e ai fratelli che segnò la sua lunga vita – una donna, dunque, che fa cronaca dell’accadere della grazia. Due elementi fondamentali colpiscono, in quanto colgono aspetti essenziali della vita di questa donna. Il primo è l’esperienza della fede. La venerabile, vive la sua fede in modo naturale, semplice, evidente, come cosa che corrisponde al cuore, che mentre accade illumina e rende evidente ogni cosa. È inizio di grazia. E questo riconoscimento, essendo frutto di attrattiva, quando accade, è la cosa più naturale di questo mondo, un fatto che si può solo raccontare, quando accade. Gesù ha detto: “Il mio giogo è leggero e il mio carico è soave”. Per questo l’esperienza di Enrichetta, consapevole di essere una povera peccatrice (come possono essere peccatori gli spiriti eccessivi e ardenti, gli spiriti accecati dalla luce), ha goduto troppo della salute che nasce dalla vicinanza con Dio, con i tesori della grazia di Dio, diviene una provocazione in un mondo, che cammina nei giardini della grazia con una brutalità terrificante, e non è più attrezzato a intendere parole come queste di Péguy: ‘Per sperare bisogna essere molto felici, bisogna aver ottenuto, ricevuto una grande grazia’. In una società che sempre più secolarizzata, urge l’educazione alla vita buona del Vangelo. Ella, dunque grida il primato della grazia, l’attrattiva Gesù, che fa meritare il paradiso nell’aldilà e ne dona già nell’aldiquà esperienza di stupore, precario sì, ma reale. Sono state tante e diverse le circostanze difficili della sua vita. A ogni passo la venerabile ha incontrato un ordigno capace di far saltare, di rimettere in discussione il suo progetto esistenziale. La sua più grande battaglia, l’ha combattuta misurandosi ‘con i fratelli che condividevano la sua stessa fede cristiana’. Giungendo così a quella fede grande che testimoniò con quella segreta ma tenace vocazione cristiana al sacrificio, alla sofferenza (se non al martirio) che arriva a sfiorare lo scandalo.
Quello della venerabile non è un cristianesimo urlato.
Un secondo elemento, affiorante dal dato biografico che si offre alla nostra riflessione, capace di conferire significati, accendere il desiderio, illuminare la conoscenza e muovere alla ricerca è il racconto, lo sforzo, il dramma umano-divino di leggere la propria vita, che è il ‘libro’ più prezioso che ci è stato consegnato, “un libro – come dice Papa Francesco – che tanti purtroppo non leggono, oppure lo fanno troppo tardi, prima di morire”, in cui si trova quello che molti cercano inutilmente per altre vie. Enrichetta rileggeva la sua vita, “notando in essa i passi silenziosi e discreti, ma incisivi, della presenza del Signore”. Questo ‘rileggere’ la propria vita è molto più di un esame di coscienza, è imparare a vedere gli indizi che il Signore semina lungo la nostra esistenza. La venerabile ha comunicato con Dio, sotto qualunque specie egli si presentasse. Una strada, la sua, fatta non solo di successi e gratificazioni, ma anche – e soprattutto a lungo – di difficoltà, un’infinità di ostacoli, di separazioni, di dolori e incomprensioni. Enrichetta si è trovata
al momento giusto, è lo stupore destato da un nuovo inizio di grazia, mentre l’oggi della storia, dell’uomo e della donna moderna, è sempre in ritardo. Radicata in una memoria ‘deuteronomica’ guarda con fiducia al futuro attingendo dalla dispensa della vita familiare il succo per crescere e praticare la fraternità, la condivisione e il perdono. Questa memoria della propria storia, della propria famiglia, la memoria delle meraviglie che Dio ha fatto nella sua vita, la fa sentire viva, la fa crescere, le conferisce forza e vita, capace di intraprendere un viaggio molto rischioso, rifuggendo un cristianesimo piacevole e sicuro, una fede addomesticata. La spinge fortemente all’eroico quotidiano per poter vivere nel mondo senza essere del mondo. Ella ha affrontato le cause, non i sintomi del male.
Attraverso questa biografia ho voluto spiegare, narrare ciò che ho visto e ascoltato di persona con l’esserci. È urgente approfondire, offrire chiavi di lettura, illuminandole con il Vangelo, che possano aiutare a situare il vissuto dell’altro in una logica soprannaturale, rispettosa del mistero. Raccontare significa lasciarsi colpire ma anche ferire dalla storia che incontriamo, per poterla narrare con umiltà ai lettori. Papa Francesco nel discorso del 13 novembre, incontrando nella sala del Concistoro, un gruppo di giornalisti disse: “Abbiamo tanto bisogno […] di comunicatori appassionati della realtà, capaci di trovare i tesori spesso nascosti nelle pieghe della nostra società e di raccontarli permettendo a noi di rimanere colpiti, di imparare, di allargare la nostra mente, di cogliere aspetti che prima non conoscevamo”.
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