Della dott.ssa Letizia Ferracuti

MONTEMONACO – Conosciamo più da vicino il Crocifisso ligneo di Montemonaco nella chiesa di San Benedetto Abate

Dati:
Autore: anonimo tedesco della cerchia di Giovanni il teutonico
Datazione. Seconda metà del XVI secolo
Restauro Andrea Simoni 2018
Tecnica: legno scolpito, dipinto, ingessato, dorato
Dimenzioni: 200 cm x 170 cm x p. 40

Agli inizi del XII secolo compare una nuova tipologia, quella del Chistus patiens d’ispirazione bizantina, la cui diffusione fu facilitata dalla coeva predicazione francescana. Il Cristo sofferente ha la testa reclinata sulla spalla e gli occhi chiusi e il corpo incurvato in uno spasimo di dolore, coi fianchi cinti dal perizonium e il fianco squarciato con un fiotto di sangue che sgorga dalla ferita. Il Chistus patiens (dal latino patiens-entis, participio presente di pati, che significa sia «soffrire» sia «sopportare»): dunque “paziente”, in quanto soffre e anche perché accetta il suo sacrificio. La prima rappresentazione è quella della Crone n. 20 di Pisa (1210-1230) di un anonimo artista bizantino operante in Toscana il Cristo viene rappresentato realmente. Deve mostrarsi sotto il peso del corpo, abolendo l’inarcatura e piegando le gambe, che venivano fermate da un unico chiodo. Pur restando fisse, dal medioevo in poi, le connotazioni figurative essenziali del Crocifisso sono le braccia stirate a forza sulla croce, le gambe che si incrociano sui due piedi trafitti da un solo chiodo, il capo, reclinato e sofferente, coronato da spine, la presenza del perizonium più o meno elaborato a seconda degli stili. Le interpretazioni stilistiche che ne vengono date differiscono a seconda della tecnica di esecuzione adottata, delle invenzioni artistiche e delle espressioni di devozione legate a specifici territori. Questo è il caso del Crocifisso della chiesa di San Benedetto Abate di Montemonaco.

Prima del Restauro
L’opera per quanto riguarda il supporto ligneo appariva in discreto stato di conservazione, si notavano comunque piccole fenditure, lacerazioni sul petto e sull’addome del Cristo sconnessioni distacchi e la perdita di elementi costituenti come alcune dita di entrambe le mani e l’indice del piede destro. Il perizoma realizzato in cencio con imprimatura a gesso e colla animale, evidenziava qualche lacerazione di cui una piuttosto estesa la quale aveva causato la perdita di una porzione dello stesso subito sopra la coscia sinistra del Cristo. L’intaglio sia della croce che del Crocifisso è stato seriamente attaccato da insetti xilofagi. Il Crocifisso ligneo è in legno di pioppo o di salice. Fatte salve le rettifiche ottenibili da future indagini di precisione, sembra di poter dire, che il Cristo sia stato scolpito in tre masselli distinti e poi assemblati uno per l’intero corpo, testa compresa, e due per le braccia. L’altezza complessiva è della figura è di 200 centimetri, mentre l’apertura degli arti superiori giunge a una larghezza massima di 170 centimetri la profondità è di 40 centimetri una grandezza come si vede, al limite del naturale, e quasi proiettata verso la scala monumentale. L’adesione del colore alla preparazione e di quest’ultima al supporto, appariva precaria in alcune zone; si riscontavano numerosi sollevamenti della pellicola pittorica e cadute di colore più o meno estese sulle braccia, sul perizoma, sul viso, sulle cosce e sui piedi. Sul perizoma si presentavano numerose fratture, probabilmente provocate, dai frequenti spostamenti subiti per motivi cultuali. Il restauro ha previsto una grande ripulitura da polveri e da vecchie vernici ossidate; col tempo avevano sempre di più occultato la superficie pittorica originale modificando le cromie ed impedendo un originale lettura dell’opera. Il Crocifisso è stato ridipinto forse con più mani a finto bronzo. Sotto lo strato di vernice si celavano generosamente il colore originario ad imitazione della carne e delle vene e le sue particolari formazioni epidermiche e con gli accidenti del martirio la ferita del costato. Tra Cinquecento e Ottocento nell’ambito peculiare dei Crocifissi lignei nella stragarande maggioranza ha portato la ridipintura monocromatica che ha preso di volta in volta l’aspetto del finto marmo, più raramente del finto avorio, e assai più frequentemente del finto bronzo soprattutto per il Cristo di misura naturale o meglio monumentale. L’adeguamento di basso costo in finto bronzo è una pratica non molto dispendiosa dedotta dal Gianbologna e dai suoi allievi ed imitatori. La pratica della bronzatura tra Settecento e Ottocento non ha risparmiato neanche i grandi marmi. Lopera di Montemonaco quindi non presentava veri e propri interventi di restauro ma solo forti rimaneggiamenti.

Dopo il restauro
Il Crocifisso si presenta con il capo reclinato sulla spalla destra sul capo ha un nimbo con quatripartito a ellissi e una grossa corda attorcigliata disseminata da forti aculei è una caratteristica die I Crocifissi tedeschi di Colonia e Bonn. I capelli scendono sulle spalle formando ciocche elicoidali. Il volto patetico è trattato calligraficamente, la bocca dischiusa e dolorosa lascia intravedere la lingua e i denti, gli zigomi acuti, le narici dilatate, gli occhi semiaperti fissi nel vuoto. La barba è stilizzata a ciuffetti arricciolati come grossi bitorsoli con i baffi nascenti all’indietro comune particolare delle sculture tedesche più remote come nel Crocifisso ligneo appartenente al Conservatorio di sant’Anna a Pisa databile alla prima metà del Quattrocento. Tutto l’ovale compete a descrivere il supremo transito.
Le braccia sono protese in avanti le dita delle mani aperte ed tese verso l’esterno sono inchiodate sui palmi sanguinolenti. Il torace e come se fosse quatripartito il petto è all’infuori, le costole sono rese a striature concentriche sotto una di esse sulla destra vi è la ferita della lancia che irrora di sangue tutta la parte destra del corpo, passando sotto il perizoma e finendo sopra il ginocchio destro, i sussulti dell’agonia sembrano aver disteso e allungato il torace e l’addome è rigonfio all’infuori pieno di liquidi corporei.
Il perizoma che cinge i fianchi, aderisce alle carni, ha un panneggio regolare è di azzurro con un motivo geometrico a stelle e strisce dorate, arriva fino a sopra le ginocchia; è costituito da garza e colla il nodo sul fianco desto è invece in legno.
Le gambe sono posizionate la sinistra sotto la destra e inchiodate con un chiodo solo sul l’avampiede, sono ripiegate dallo sforzo per sostenere il corpo. I piedi hanno le dita tirate all’indietro e l’avampiede inchiodato è anch’esso sanguinolento. Tutto l’incarnato dato con un pigmento sottile di colore rosa che lascia intravedere in trasparenza le striature bluastre delle vene date con il colore denotano il corpo assunto del Cristo morente.

Entra a far parte della Community de L'Ancora (clicca qui) attraverso la quale potrai ricevere le notizie più importanti ed essere aggiornati, in tempo reale, sui prossimi appuntamenti che ti aspettano in Diocesi.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *