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Bolivia: il Paese ripiomba nel caos, Santa Cruz di nuovo paralizzata dopo l’arresto del governatore Camacho

Solo dopo poche settimane la conclusione dello sciopero civico che ha bloccato per più di un mese Santa Cruz de la Sierra, la più popolosa ed economicamente strategica città della Bolivia è nuovamente paralizzata. La protesta è infatti ripresa, con esiti e modalità ancora incerte, a causa dell’arresto del governatore del dipartimento di Santa Cruz, Luis Fernando Camacho, grande oppositore del Mas, il partito socialista oggi al governo, e tra gli “ispiratori” delle proteste degli ultimi mesi. L’arresto di Camacho riguarda il suo ruolo nel presunto “golpe” che nel 2019 pose fine all’esperienza di governo di Evo Morales, che fu costretto a fuggire dal Paese dopo le accuse a lui rivolte di brogli elettorali.
Dopo l’arresto di Camacho, la popolazione di Santa Cruz è scesa in strada e ci registrano alcuni episodi di violenza, come l’incendio di edifici pubblici.
Durissimo il comunicato diffuso ieri dal Consiglio permanente della Conferenza episcopale boliviana (Ceb). “Con tristezza e impotenza abbiamo assistito, attraverso i media, a un sequestro senza precedenti, violento e feroce, da parte delle forze di sicurezza dello Stato Plurinazionale della Bolivia, del signor Luis Fernando Camacho, governatore del Dipartimento di Santa Cruz – si legge nella nota –. Questo atto, oltre a violare le leggi, l’istituzionalità dello Stato, i diritti umani e a mettere in pericolo la vita del governatore e delle persone che lo accompagnavano, ha riportato alla memoria collettiva i tempi duri delle dittature militari che si pensava fossero state sconfitte per sempre. Questo intervento abusivo assume una connotazione ancora più grave perché, nella persona del Governatore, è un ulteriore attacco, tra gli altri affronti, rivolto alla popolazione di Santa Cruz che lo ha legittimamente eletto per guidare le sorti del Dipartimento in questo periodo”.
L’episcopato, ancora una volta, contesta la “falsa narrativa” relativamente ai fatti del 2019 e afferma “di non poter tacere” di fronte a quanto sta accadendo. La Ceb chiede “il rispetto dell’autonomia dei diversi poteri dello Stato” e ricorda che “l’opposizione, il dissenso e la libertà di pensiero e di espressione sono parte dell’esercizio della democrazia, fondamento di una convivenza pacifica e armoniosa. Alla popolazione viene chiesto di “non cadere nella tentazione della rivalsa e della violenza”, e alla “comunità ecclesiale di unirsi in preghiera, perché sia superata questa nuova crisi”.

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