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Messico: ondata di violenza dopo l’arresto del figlio del “Chapo”

“Chiediamo che tutti i gruppi criminali riconsiderino il dolore e la sofferenza che infliggono ai loro stessi fratelli”. È questa l’accorata richiesta della Conferenza episcopale messicana, di fronte all’ondata di violenza che si è verificata in diverse regioni del Paese, dopo l’arresto di Ovidio Guzmán, figlio del noto narcotrafficante Joaquín Guzmán Loera, alias “El Chapo Guzmán”.
In un comunicato, la Chiesa messicana ha espresso il suo “profondo dolore e la sua indignazione” per la violenza che ancora una volta macchia la storia del Paese e indebolisce i processi di pace; sforzi che sono stati fatti negli ultimi mesi, basati sul dialogo e sulla consultazione come strumento di lavoro, coinvolgendo anche organizzazioni religiose. “Ci uniamo in comunione di preghiere e solidarietà con le comunità di Culiacán e Ciudad Juárez che stanno vivendo giorni di incertezza e angoscia”, hanno dichiarato i vescovi, nel denunciare vari episodi di morte e criminalità in tutto il Paese e invitando le autorità ai diversi livelli a mantenere la stabilità nazionale e lo stato di diritto, in mezzo alle azioni deliberate della criminalità organizzata.
La diocesi di Culiacán-Sinaloa si è unita a questo appello e “agli sforzi che i vari organi di governo a tutti i livelli e le istituzioni della società civile stanno attuando congiuntamente, per affrontare questa situazione lacerante che colpisce fortemente la nostra famiglia, la scuola, il lavoro e la convivenza sociale”.
Secondo i dati ufficiali del Governo messicano, le azioni avvenute nell’ambito delle azioni che hanno portato al ritrovamento di Ovidio Guzmán hanno causato almeno 29 morti, di cui 10 militari e 19 presunti membri di bande illegali. Altre 35 persone sono state ferite e altre 21 sono state catturate e consegnate alle autorità.

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