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P. Matteo La Grua, il francescano pieno di Spirito Santo, campione nell’arte di amare Dio

(Foto RnS)

Salvatore Martinez

“Dinanzi a noi giace un santo, che la storia presto venererà come un santo”. Con queste parole esordii, 11 anni fa, presso la cattedrale di Palermo, nel commiato esequiale a p. Matteo La Grua, francescano conventuale che lasciava questa terra dopo avere vissuto praticamente un secolo intero. Di oggi è la notizia chela Conferenza episcopale siciliana ha dato parere favorevole all’avvio della causa di beatificazione del sacerdote siciliano, tra gli iniziatori del RnS in Italia,con il quale ho avuto lo straordinario privilegio di collaborare fraternamente per tanti anni nel ministero di evangelizzazione, di formazione, di accompagnamento dei sofferenti.

Matteo è stato un campione nell’arte di amare Dio e di amare gli uomini con l’unzione dello Spirito.Un gigante della “carità”, in cui spirituale e sociale camminavano sempre insieme; come a dire: gli ammalati, non bisogna solo guarirli, ma assisterli; i prigionieri non bisogna solo liberarli, ma accoglierli.

Pochi come lui, nel mondo – ne sono testimone, non temo smentita – hanno instancabilmente e miracolosamente lavorato perché la gloria di Dio non venisse offuscata e potesse risplendere nelle carni martoriate dal peccato, dall’errore, dall’indifferenza, dall’insondabile mistero della sofferenza e del male. Centinaia di migliaia di persone, incontrate o anche soltanto salutate al telefono della Comunità, il suo amato “telefono preghiera”, possono darne conferma.

Matteo è stato come uno stratega, un vegliardo orante sull’alto monte, che mai si accontentava della vista di Dio,che trovava nell’ossigeno della preghiera comunitaria carismatica e nei doni profetici, la forza potente dell’annuncio di Gesù Liberatoreche ancora oggi passa beneficando e risanando l’umanità credente e incredula.

Matteo era un uomo dotto, che sommava sapienza teologica a esperienza comunitaria, che interpretava meravigliosamente il duplice profilo della Chiesa, sacramentale e carismatico, invocato dal Concilio Vaticano II. È stato al contempo Presidente del Tribunale ecclesiastico e Decano mondiale degli esorcisti (p. Gabriele Amorth lo annoverava tra i suoi maestri), accreditato da tanti segni miracolosi, guarigioni e liberazioni, che accompagnavano le sue predicazioni e le sue animazioni. Ne sono stato partecipe, nelle situazioni più incredibili e nei modi più fantasiosi con cui si manifesta la misericordia di Dio

Guardando al sacerdozio di P. Matteo, protagoniste sono le anime, la loro salvezza:che grande fortuna è un “prete santo” per la Chiesa e per il mondo! Il sacerdozio non è dignità e potere a vantaggio di chi lo riceve. La causa del sacerdozio è il popolo di Dio e la santificazione di ogni membro del popolo di Dio. Infatti: se il sacerdote rallenta, il popolo di Dio si ferma. Se si indebolisce, il popolo di Dio molla. Se si siede, il popolo di Dio si corica. Se dubita, il popolo di Dio si dispera. Se critica, il popolo di Dio demolisce.

Guardando a P. Matteo, noi possiamo gridare: “Non è la scienza che salva il mondo, ma la santità”. Una santità di genio, come quella che P. Matteo ci lascia in eredità. Di quale genio parliamo? Il genio creativo e rinnovatore dello Spirito, che rende la Chiesa sempre affamata di verità, assetata di carità, mai stanca di predicare, mai arresa dinanzi al male, mai immobile, una Chiesa che non teme gli anni, ma che si sente sempre giovane perché eterna.

Osservando P. Matteo una certezza affiora spontanea: Dio non vuole un cristianesimo mediocre! Cristo non vuole inerti al suo seguito!Il tempo in cui viviamo reclama santi! In un mondo che sta perdendo la capacità di comprensione delle cose spirituali, la riflessione sulla vita sacerdotale diventa un argomento decisivo. E giorni come questi, notizie come quella che ci giunge dalla Sicilia, riempiono l’anima di gioia e di speranza, perché il tempo si è fatto breve e la croce si è fatta grave.

Redazione: