M.Michela Nicolais
“Un cristiano triste è un triste cristiano”. Lo ha detto, a braccio, il Papa, nella catechesi dell’udienza di ieri in Aula Paolo VI, dedicata ancora una volta alo zelo apostolico e al centro della quale c’è stata la figura di Gesù “maestro” dell’annuncio. Al termine, un invito a non dimenticarsi di pregare, ogni giorno, per la “pace definitiva” in Ucraina e a non dimenticare l’orrore dell’Olocausto.
“Non si può parlare di Gesù senza gioia,
perché la fede è una stupenda storia d’amore da condividere”, ha esordito Francesco: “Testimoniare Gesù, fare qualcosa per gli altri nel suo nome, è dire tra le righe della vita di aver ricevuto un dono così bello che nessuna parola basta a esprimerlo”. “Un cristiano triste può parlare di cose bellissime ma è tutto vano se l’annuncio che trasmette non è lieto”, il monito del Papa:
“Chi annuncia Dio non può fare proselitismo,
non può far pressione sugli altri, ma alleggerirli: non imporre pesi, ma sollevare da essi; portare pace, non sensi di colpa”. “Ci sarà capitato di raccontare a qualcuno un bel viaggio che abbiamo fatto”, l’esempio citato: “avremo parlato della bellezza dei luoghi, di quanto visto e vissuto, non del tempo per arrivarci e delle code in aeroporto! Così ogni annuncio degno del Redentore deve comunicare liberazione. Quella di Gesù”.
“La vita dipende dall’amore,
dall’amore del Padre, che si prende cura di noi, suoi figli amati”, l’annuncio del Papa: “Avete pensato voi che la vita di ognuno di noi, la tua vita, la nostra vita, è un gesto di amore, è un invito all’amore? Questo è meraviglioso. Tante volte dimentichiamo questo davanti alle difficoltà, alle brutte notizie, anche davanti alla mondanità, al modo di vivere mondano”. Quale luce ci dona Gesù? “Ci porta la luce della figliolanza”, la risposta: “lui è il Figlio amato del Padre, vivente per sempre; con lui anche noi siamo figli di Dio amati per sempre, nonostante i nostri sbagli e difetti. Allora la vita non è più un cieco avanzare verso il nulla, non è questione di sorte o fortuna, non è qualcosa che dipende dal caso o dagli astri, e nemmeno dalla salute e dalle finanze”. Gesù, inoltre, dice di essere venuto a rimettere in libertà gli oppressi:
“Oppresso è chi nella vita si sente schiacciato da qualcosa che succede: malattie, fatiche, pesi sul cuore, sensi di colpa, sbagli, vizi, peccati”, ha spiegato Francesco, che ha proseguito a braccio: “Pensiamo ad esempio ai sensi di colpa: quanti di noi hanno sofferto questo!
A opprimerci, soprattutto, è proprio quel male che nessuna medicina o rimedio umano possono risanare: il peccato”. “La buona notizia è che con Gesù questo male antico, che sembra invincibile, non ha più l’ultima parola”, ha garantito il Papa: “Io posso peccare perché sono debole, ma questa non è l’ultima parola: l’ultima parola è la mano di Gesù che rialza dal peccato, sempre. Ogni volta che tu stai male, il Signore ha sempre la mano tesa: soltanto ci vuole aggrapparsi, lasciarsi portare. Dal peccato Gesù ci guarisce sempre e gratuitamente”. “Accompagnare qualcuno all’incontro con Gesù è portare dal medico del cuore, che risolleva la vita”, ha osservato Francesco: “È dire: ‘Fratello, sorella, io non ho risposte a tanti tuoi problemi, ma Gesù ti conosce e ti ama, ti può guarire e rasserenare il cuore’. Andare e lasciare con Gesù”.
“Chi porta dei pesi ha bisogno di una carezza sul passato”,
l’analisi del Papa: “Tante volte sentiamo dire: ‘avrei bisogno di guarire il mio passato, ho bisogno di una carezza su quel peccato che mi pesa tanto, ho bisogno di perdono’. E chi crede in Gesù ha proprio questo da donare agli altri: la forza del perdono di Dio, che libera l’anima da ogni debito”. “Non dimenticate”, l’invito sempre a braccio: “Dio dimentica tutto, tutti i nostri peccati, di questo non ha memoria.
Dio perdona tutto perché dimentica i nostri peccati:
soltanto ci vuole che ci avviciniamo al Signore, e lui perdona tutto. Gesù ci aspetta per perdonarci, per risanarci, sempre. ‘Io faccio le stesse cose sempre’: e lui farà le stesse cose , sempre: perdonarci, abbracciarci. E’ questo che fa Gesù, liberarci da ogni debito.
Dio è un maestro delle sorprese,
sempre ci sorprende, sempre ci aspetta”.
Nella Bibbia, ha ricordato il Papa si parla di un anno in cui si era liberati dal peso dei debiti: il Giubileo, l’anno di grazia: “Non era un giubileo programmato, come quello che stiamo facendo adesso, che è tutto programmato – ha sottolineato Francesco – ma con Cristo la grazia che fa nuova la vita arriva e stupisce sempre”.
“Cristo è il Giubileo di ogni giorno,
di ogni ora, che ti avvicina per accarezzarti, per perdonarti”, ha assicurato il Papa a braccio, che ha esortato infine a non dimenticare i poveri, “i prediletti di Dio”, destinatari privilegiati dell’annuncio: “Per accogliere il Signore, ciascuno di noi deve farsi povero dentro. Deve vincere, cioè, ogni pretesa di autosufficienza per comprendersi bisognoso di grazia, sempre bisognoso di lui. Se qualcuno mi dice padre qual è la via più breve per incontrare Gesù: ‘Fatti bisognoso di grazia, di perdono, di gioia, e lui si avvicinerà a te’”.