107 organizzazioni e reti della società civile italiana hanno inviato in questi giorni una lettera a Papa Francesco, in vista della visita apostolica nella Repubblica democratica del Congo e in Sud Sudan dal 31 gennaio al 5 febbraio, per chiedere di dare voce al grido della popolazione congolese oppressa da 30 anni di guerra nell’Est del Paese. Nella lettera vengono spiegate le ragioni delle sofferenze, denunciate le “cause strutturali” e le responsabilità dell’Occidente, Europa compresa, nell’accaparramento delle risorse naturali tra cui coltan, cobalto, oro, diamanti, petrolio, legno. Lo hanno annunciato oggi durante una conferenza stampa a Roma organizzata per spezzare il silenzio di un conflitto dimenticato costato tra i 6 e i 10 milioni di vittime, migliaia di bambini soldato, innumerevoli stupri, violenze, saccheggi. “La sua venuta è stata lungamente attesa dal popolo congolese, di ogni appartenenza religiosa – è scritto nella lettera, che non è stata diffusa nella sua versione completa ma è stata fatta arrivare nelle mani del Papa –. Perché chi si sente fra i dimenticati della storia, trova un soffio di speranza presso chi gli si fa prossimo. Perché, attraverso di lei, il mondo potrà alfine guardare alla sofferenza senza fine di questo popolo, soprattutto all’est, e mettere in atto strumenti che sanzionino gli aggressori e scoraggino la guerra”. Le 107 organizzazioni – tra cui Libera, Associazione Comunità Papa Giovanni XXII, Stop the war now, Tavola della pace, Cipsi, Caritas diocesane, parrocchie e missionari – chiedono che vi sia una smobilitazione e smilitarizzazione della Regione del Nord e Sud Kivu: togliendo terreno al Movimento M23 e agli oltre 100 gruppi ribelli presenti nell’area con la realizzazione di un programma concreto di disarmo, smobilitazione e la reintegrazione dei combattenti nella società civile. Si chiede all’Unione europea di ripristinare e revisionare il Regolamento (Eu) 2017/821, entrato in vigore il 1° gennaio 2021, estendendolo al cobalto e rendendo concreta l’applicazione della legge sulla tracciabilità dei minerali, uno strumento concreto per bloccare l’uso di minerali che provengono da aree di conflitto. Si chiede inoltre di dare seguito a quanto indicato dal Rapporto Onu del Progetto Mapping relativo alle violazioni più gravi dei diritti dell’uomo e del diritto internazionale umanitario commesse tra marzo 1993 e giugno 2003 sul territorio della Repubblica democratica del Congo, nel quale vengono anche indicati i responsabili e si suggerisce una roadmap per l’uscita dal conflitto nell’Est del Paese. Il Rapporto promuove l’istituzione di un Tribunale penale internazionale per la Repubblica democratica del Congo e la creazione di una Commissione verità e riconciliazione.
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