Di Daniele Rocchi
Un terremoto, di magnitudo 7,8 sulla scala Richter, ha colpito questa mattina alle 4.17 ora locale (le 2:17 in Italia) la Turchia meridionale e il centro e nord-ovest della Siria. Si registrano enormi danni ovunque nelle zone colpite il bilancio provvisorio parla di centinaia di morti e feriti nei due Paesi. Il vicepresidente turco, Fuat Oktay, ha fornito un bilancio provvisorio che parla di 1.710 edifici crollati in dieci province del sud-est anatolico, con Gaziantep e Kahramanmaras le più colpite. I morti sarebbero almeno 284 morti e 2.232 i feriti. In Siria i morti sarebbero almeno 560 e 600 i feriti, la maggior parte ad Hama, Aleppo e Latakia, ma il bilancio resta provvisorio e i numeri si accavallano di ora in ora. L’agenzia governativa siriana Sana ha diffuso la notizia che il presidente siriano Bashar al Assad ha convocato per questa mattina, a Damasco, una riunione d’emergenza per coordinare gli interventi di soccorso. I primi soccorsi sono resi difficoltosi anche dal maltempo che affligge le zone terremotate.
Le testimonianze. “Ci sono macerie ovunque. Le prime notizie che abbiamo qui parlano di almeno 36 palazzi completamente distrutti con gente rimasta sotto le macerie. La parrocchia latina dove sono ha avuto anch’essa dei danni ma al momento non registriamo altre criticità”. È la testimonianza resa al Sir da padre Bahjat Elia Karakach, frate della Custodia di Terra Santa e parroco latino di Aleppo, con i primi momenti subito dopo il terremoto delle 4.17. “La scossa è stata tremenda – dice il parroco con la voce provata – la gente è scesa in strada in preda al panico, almeno chi è riuscito a farlo, tanti, come dicevo, sono rimasti intrappolati. Qui piove e fa freddo ho visto persone scalze e con indumenti leggeri, in pigiama, fuggire in cerca di un luogo sicuro. In parrocchia abbiamo aperto dei locali non danneggiati e offerto delle bevande calde e qualcosa da mangiare. Abbiamo anche pregato per chiedere la protezione di Dio. Adesso con le prime luci dell’alba la gente sfollata sta facendo rientro nelle abitazioni per fare la conta dei danni, non c’è energia elettrica, una situazione drammatica. Aspettiamo che i soccorsi arrivino ovunque, adesso è prioritario cercare di salvare quante più vite umane possibile tirandoli via dalle macerie”.
Morti e distruzione anche nella zona di Idlib, non controllata dal regime di Assad. A raccontare al Sir la situazione è padre Hanna Jallouf, parroco di Knaye, uno dei tre villaggi cristiani della Valle dell’Oronte, insieme a quelli di Yacoubieh e Gidaideh. Padre Jallouf si trova ancora a Damasco ma ha raccolto la testimonianza del suo confratello, padre Louai Sbai, rimasto a Knaye, distante solo 50 km. da Idlib: “Nei villaggi del nord, nella zona di Idlib si registrano tanti danni, morti e feriti – le parole di padre Sbai riferite da padre Hanna -. Le nostre comunità sembrano essere al sicuro, lamentiamo solo danni strutturali. Si stanno muovendo i primi soccorsi ma la popolazione sta cercando di vedere lo stato delle abitazioni e portare via ciò che è possibile. Fare un bilancio adesso è difficile se non impossibile per l’alto livello di distruzione”.
L’appello. “Confidiamo nell’aiuto internazionale, qui siamo tutti sotto shock per quanto accaduto. Non bastava la guerra, non bastava la povertà, ora il terremoto” dichiara padre Bahjat che lancia un appello alla comunità internazionale: “rimuovete o sospendete le sanzioni alla Siria almeno per permettere e facilitare l’arrivo e la movimentazione degli aiuti umanitari di cui abbiamo estremo bisogno. Tantissime persone stavano cominciando a riparare le loro case distrutte dalla guerra, adesso sono di nuovo a terra, possono raccogliere sono macerie. Una tragedia immane, non abbandonate il popolo siriano”.