Daniele Rocchi
“La priorità adesso è sopravvivere, al resto si penserà dopo. È una situazione apocalittica”: padre Domenico Bertogli, cappuccino modenese di 86 anni, parla da Istanbul della sua Antakya, l’antica Antiochia sull’Oronte, dove, secondo gli Atti degli Apostoli, i seguaci di Gesù furono chiamati per la prima volta ‘cristiani’. Padre Domenico è stato per 35 anni parroco della piccola comunità cattolica locale e da subito dopo il sisma del 6 febbraio è in contatto, “non sempre possibile”, con padre Francis, suo confratello e attuale parroco della chiesa cattolica dedicata ai Santi Pietro e Paolo. Antakya è situata nella provincia turca sud-occidentale dell’Hatay, a meno di 200 chilometri da Gaziantep, una tra le città più colpite dal terremoto. Come Antakya. Il bilancio fornito dalle autorità turche vede almeno 12.391 morti e 63mila feriti. E le cifre sono in continuo aggiornamento.
Lotta contro il tempo. “Sotto le macerie ci sono tantissime persone – racconta al Sir -. Si lotta contro il tempo per salvare più vite umane possibile. La città, che conta almeno 200mila abitanti, è stata quasi del tutto cancellata dal terremoto, specie la parte vecchia. Ma non è l’unica perché analoga situazione si sta vedendo, man mano che passano le ore, anche in altri centri delle 10 province turche terremotate. Si stima – dice il cappuccino riferendo notizie dei media locali – che almeno 13,2 milioni di turchi siano stati in qualche modo colpiti dal sisma del 6 febbraio. Tuttavia la situazione peggiore è nel nord della Siria dove le abitazioni erano già indebolite dalla guerra”. Il colloquio con padre Domenico è anche una lunga serie di danni: “gli edifici sono tutti lesionati, le chiese ortodossa e protestante e le moschee sono crollate. Anche il minareto bellissimo del ‘600, che era proprio davanti alla nostra chiesa non esiste più. La chiesa cattolica locale è lesionata così come altre nostre case che pure erano state ristrutturate. Ma non conosciamo la vera entità dei danni e della tragedia. Ho saputo che la Prefettura della città è crollata e da Ankara hanno dovuto nominare un nuovo prefetto perché del vecchio non si hanno più notizie”. Anche perché, ammette, “le comunicazioni sono difficili”.
Conventi aperti. Con i due confratelli ad Antakya, padre Francis e padre Royston, non sempre è possibile parlare. “I due religiosi – fanno sapere dalle Missioni dei Frati Cappuccini dell’Emilia-Romagna – dormono in auto perché il convento non è sicuro. Da Mersin sono partiti due pulmini con aiuti vari da portare al convento di Antakya. Non sappiamo – dichiara padre Bertogli – se e quando potranno arrivare a destinazione. Portano anche benzina per alimentare il generatore. Infatti non c’è luce e acqua. Dopo il sisma si sono radunati con alcune famiglie vicine nel giardino del convento dove si sentono più al sicuro durante le scosse che continuano. Non abbiamo, al momento notizie di morti nella comunità cattolica, ne abbiamo invece per gli ortodossi”. Fanno fatica anche i soccorsi con le strade bloccate e piene di fango e detriti:
“In queste ore ognuno cerca di dare una mano agli altri, senza badare a etnia e religione. Siamo, infatti, tutti uomini e donne che soffrono la stessa sorte”,
“Dalla città arrivano in continuazione appelli per tende, coperte e viveri. La priorità adesso è sopravvivere, al resto si penserà dopo. Il sisma si è portato via tutto e la popolazione vive alla giornata”.
Le Missioni in campo. Per venire materialmente incontro alle richieste si stanno muovendo le Missioni dei Frati Cappuccini dell’Emilia-Romagna (https://www.centromissionario.it/wp/). Dalle Missioni arriva la notizia che “tutti i nostri missionari in Turchia stanno vivendo come tutta la popolazione turca momenti drammatici. Possiamo dire che stanno abbastanza bene, sono ovviamente molto impressionati per la forza del sisma, ma nonostante le difficoltà si sono messi a servizio della popolazione, portando viveri, acqua e aiuti di ogni tipo”. Oltre ad Antakya i cappuccini hanno aperto il convento a Mersin dove ospitano circa 60 persone che dormono e vivono nel salone, alcune vengono da Iskenderun.
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