Paolo Morocutti
Nella società civile, a seconda delle diverse inclinazioni naturali, ciascun componente è chiamato a determinati compiti, tra i quali rientra la partecipazione all’universo politico.
La Chiesa, sull’esempio dei suoi Santi, afferma costantemente il primato della coscienza nelle varie opzioni, che dopo un ponderato processo decisionale, devono essere attuate per la realizzazione degli obiettivi. Quali debbono essere i pilastri di una condotta politica che sia anche moralmente lecita? Sicuramente il rifiuto di ogni compromesso, nonostante le pressioni massmediatiche e psicologiche di disgiungere Dio dall’uomo e etica dalla politica. Che il fine ultimo della scienza del buon governo sia il raggiungimento del bene comune da parte della classe dirigente sembra notorio, ma risulta impossibile senza l’apporto, ragionevole, disinteressato ed equilibrato di tutti i cittadini aventi diritto e chiamati “sia pure con diversità e complementarità di forme, livelli, compiti e responsabilità”, come riportato circa 21 anni fa nella “nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica coinvolgimento da parte di tutti” a firma dell’epoca Card. Joseph Ratzinger. Accanto al primo pilastro deve essere posto un altro: la guida di una retta coscienza cristiana, che può illuminare tutte le scelte, a seconda delle diverse problematiche oggetto di eventuali dibattiti. Già nel 1988 afferma l’esortazione apostolica di San Giovanni Paolo II “Christifideles laici” che “i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica”, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale, destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune. […], tutti e ciascuno hanno diritto e dovere di partecipare alla politica, sia pure con diversità e complementarietà di forme, livelli, compiti e responsabilità.”
In sintesi, una retta conoscenza basata sui principi cristiani e il rifiuto di ogni genere di corruzione costituiscono il fondamento di ogni individuo che, anche su piani differenti e con prerogative diverse, deve prendere parte all’edificazione della società civile. In conclusione, San Tommaso d’Aquino (IIª-IIae q. 47 a. 11 co) riporta “specificamente tre tipi di prudenza, […] la terza è la politica, la quale è ordinata al bene comune della città o del regno”, pertanto, come virtù cardinale, deve essere praticata da ogni fedele. Come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica al punto 1806 “la prudenza è la virtù che dispone la ragione pratica a discernere in ogni circostanza il nostro vero bene e a scegliere i mezzi adeguati per compierlo”. Solamente con una giusta riflessione, esaminando e analizzando, per mezzo di tale virtù cardinale, le sollecitazioni che pervengono dalla comunità in un ben preciso contesto storico, sarà possibile operare un voto o una partecipazione in prima persona per il fine ad bonum commune.
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