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Terremoto in Turchia e Siria: dopo il sisma la guerra degli aiuti bloccati da regime e ribelli

(Foto: ANSA/Sir)

È di oltre 34mila il numero delle vittime del terremoto che il 6 febbraio scorso ha colpito Turchia e Siria. Il bilancio provvisorio vede 29605 morti in Turchia e 4.574 in Siria, di questi ultimi oltre 3.160 sono delle zone del nordovest controllate dall’opposizione al regime di Damasco. Nei centri più colpiti si continua a scavare nella speranza di estrarre vive altre persone come accaduto ad Hatay (Turchia) dove sono stati salvati un bimbo di 7 mesi, dopo 140 ore, un 35enne dopo 150 e una 55enne dopo 159.

(Foto Caritas)

La guerra degli aiuti. Non mancano le polemiche per il ritardo nei soccorsi soprattutto in Siria, dove l’aiuto umanitario è oggetto di strumentalizzazioni politiche da parte del Regime del presidente Assad e dei ribelli che controllano il Governatorato di Idlib. Ieri un convoglio di aiuti privati inviato dall’Italia, trasportato con mezzi militari italiani, è arrivato in Siria attraverso il Libano. Si è trattato del primo convoglio di aiuti di un Paese europeo a giungere a destinazione in Siria, ha riferito l’agenzia ufficiale Sana. Gli aiuti comprendono 4 ambulanze e tonnellate di materiale medico e sanitario. Non è andata bene invece la consegna di aiuti a Idlib da parte delle Nazioni Unite, come rivela al Sir Filippo Agostino, referente per la Siria della Fondazione Avsi: “le Nazioni Unite hanno dichiarato che un convoglio umanitario partito da Damasco, nell’ambito di operazioni transfrontaliere (Cross-line e cross-border operation), è stato bloccato dai ribelli”. Martin Griffiths, responsabile per le operazioni umanitarie delle Nazioni Unite ha ammesso, durante una visita nella zona di confine, che le Nazioni Unite non sono riuscite a fornire aiuto alle persone nella regione siriana controllata dall’opposizione. “Sarà nostro compito porre rimedio a questo problema il più velocemente possibile”, ha detto.

(Foto Caritas Siria)

Anche Medici Senza Frontiere, da tempo attiva in Siria nord-occidentale, lamenta, per bocca del suo capo progetto per l’intervento a Idlib, Ahmed Rahmo, “il pochissimo sostegno internazionale. Qui i bisogni sono immensi: oltre 2 milioni di persone vivono in campi per sfollati, hanno bisogno di tutto, cibo, acqua, indumenti, coperte. E adesso bisogna fare fronte anche ad una recrudescenza dell’epidemia del colera. Sono stati aperti centri di accoglienza per ospitare un maggior numero di sfollati. Per ora ce ne sono 15 nella regione di Idlib e in cinque di questi abbiamo attivato cliniche mobili per offrire cure mediche. Il trasferimento di forniture mediche dalla Turchia alla Siria era già una sfida, in quanto Bab al-Hawa era l’unico valico per il passaggio dei convogli umanitari verso la Siria nord-occidentale ed era soggetto a tensioni politiche prima del terremoto. Dopo il sisma il valico è rimasto chiuso per tre giorni ed è stato riaperto due giorni fa, con un traffico finora molto ridotto”. Problemi anche da parte delle forze governative del presidente Assad. A denunciarli è l’ong italiana “Un Ponte Per”, molto attiva nel nord est della Siria da anni. Secondo quanto riferito al Sir dall’ong, un convoglio di aiuti della Mezzaluna Rossa Curda (Krc) diretto dal Nord Est della Siria ad Aleppo, che doveva raggiungere anche i villaggi circostanti più colpiti dalle scosse, è stato bloccato nel tardo pomeriggio di sabato 11 febbraio dalle forze governative. “Il governo di Damasco – denuncia l’ong – pretende che la Mezzaluna consegni tutti gli aiuti per poter passare il check-point, nonostante gli operatori sanitari abbiano chiarito che intendono portare gli aiuti anche alle zone controllate dal regime. Le forze governative dichiarano che avanzeranno la stessa richiesta a tutte le Ong locali e internazionali che vorranno portare aiuti nel Nord-Ovest. Si tratta di un livello di strumentalizzazione politica degli aiuti assolutamente inaccettabile – dichiara Un Ponte Per – che tra l’altro apre le porte alla corruzione e priva gli umanitari della possibilità di controllare i destinatari degli aiuti, rendendo conto ai donatori”. Il convoglio della Mezzaluna Rossa Curda, sostenuto dalle campagne di raccolte fondi attivate anche in Italia da Un Ponte Per, si compone di tre camion carichi di tende, materassi, coperte, materiali per il riscaldamento e medicine, seguiti da due ambulanze e due auto con operatori sanitari e tecnici. “Chiediamo un immediato intervento delle autorità diplomatiche italiane ed europee con il governo di Damasco per consentire al convoglio di accedere ad Aleppo ed evitare che casi analoghi si ripetano in questi giorni con altre Ong” chiede con forza Un Ponte Per.

Aleppo (Foto Avsi)

Da Aleppo. Sono 179 i centri di accoglienza aperti ad Aleppo in conseguenza dell’aumento del numero di terremotati che hanno perso la casa. Da venerdì sono arrivate nella città siriana anche la Nazioni Unite. “Avsi – informa Agostino – sta predisponendo aiuti da portare anche nelle zone interne e in quelle costiere dove maggiore è il bisogno. Ma le necessità sono molteplici: servono grandi mezzi meccanici per scavare tra le macerie, poi medicine e materiali sanitari per le operazioni, cibo e assistenza per l’inverno. Servono presidi medici per fronteggiare colera, tetano e polmoniti e per l’igiene necessari a tenere puliti i grandi ambienti come i centri di accoglienza. Una cosa da tenere presente è che in Siria non c’è luce. In alcune zone arriva solo per due ore al giorno. Nelle prossime due settimane – spiega Agostino – daremo alle famiglie più vulnerabili un sostegno economico per la riabilitazione delle case, laddove possibile, o per pagare un affitto (sei mesi). In questa settimana la municipalità di Aleppo e Unhcr stanno mappando i palazzi lesionati – quelli crollati ad oggi sono 54 – con l’ausilio tecnico di 100 ingegneri, la speranza e che molte famiglie possano fare rientro nelle loro abitazioni. La cosa da evitare, infatti, è che restino a lungo nei centri di accoglienza. In uno di questi – dice Agostino – è nato anche un bambino, una bella notizia in mezzo a tanta tragedia”.

Allarme orfani. Per uno che nasce, però, ce ne sono tanti che restano orfani. Ufficialmente i numeri sono bassi, 24 ad Aleppo e 14 a Latakia: sono solo i bambini ricoverati negli ospedali e dei quali non si sa nulla della famiglia. Ma le stime parlano di centinaia di orfani da prendere in carico nel prossimo futuro. E solo ad Aleppo”. “Come Avsi stiamo lavorando su due livelli: la sicurezza e la protezione di questi piccoli e la riconsegna dei documenti a quelle famiglie che li hanno persi nel sisma. I documenti sono necessari per ricomporre i nuclei familiari. Ovviamente ci sono le Istituzioni locali a vigilare su questi bambini. Stiamo passando al post emergenza e questo significa cominciare a prendere in esame le singole situazioni specialmente quelle riguardanti i più vulnerabili come donne e bambini”. Particolarmente impegnate nel campo del sostegno ai bambini nelle zone terremotate turche e siriane sono anche Unicef e Save the children. “I bambini – afferma Kathryn Achilles di Save the Children Siria – hanno perso dei membri della famiglia, la casa, non hanno cibo e indumenti contro il freddo. Hanno urgente bisogno di riparo”. “La nostra priorità immediata – dichiara Carmela Pace, presidente dell’Unicef Italia – è garantire che i bambini e le famiglie colpite ricevano il sostegno di cui hanno disperatamente bisogno. Abbiamo già inviato forniture di emergenza per le sale operatorie e forniture nutrizionali come biscotti ad alto contenuto energetico. Stiamo lavorando per identificare i bambini separati e non accompagnati e riunirli alla famiglia, oltre a fornire ai bambini un primo soccorso psicologico”.

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