Di Ana Fron, Rubrica “Immigrazione”

Leggi la prima puntata: Quanti immigrati ci sono nel territorio della diocesi?
Leggi la seconda puntata: Immigrati e cure mediche – Informazioni utili
Leggi la terza puntata: Diocesi di San Benedetto, gli immigrati residenti sono 13.588, le nazionalità presenti nei vari comuni
Leggi la quarta puntata: Ana Fron: “La gratitudine”

In Italia in un passato non troppo lontano la struttura familiare “tipica” prevedeva la coabitazione di generazioni diverse ed era tale da permettere una sorta di mutuo soccorso generazionale nel quale gli anziani aiutavano i più giovani a crearsi un futuro, fornendo loro supporto economico e supporto nella crescita dei figli piccoli, ricevendone in cambio assistenza e compagnia.

Ad oggi quel tipo di famiglia non esiste quasi più. Il nuovo modello di società che ha portato maggior benessere economico ha al contempo, determinato una modifica nella struttura organizzativa dei nuclei famigliari. È sempre più raro che anziani genitori, figli e nipoti dividano la stessa abitazione e che lavoro ed impegni consentano ai giovani di potersi occupare degli anziani.

Considerando anche che l’evoluzione della medicina ed il miglioramento generalizzato delle attenzioni mediche hanno allungato l’aspettativa di vita (in Italia 84.01 anni), oggi è sempre più evidente il problema dell’aiuto o supporto alle persone anziane soprattutto se non pienamente autosufficienti.

Alla cura di chi sono dunque affidati i nostri anziani?

Una parte di loro trova ospitalità nelle strutture specializzate sia pubbliche che private, un’altra parte resta nella propria residenza assistita, da collaboratori a pagamento quali colf e badanti.

I badanti, destinati all’accudimento degli anziani sono in parte italiani (30% del totale dei collaboratori) ma soprattutto stranieri (70% – del totale, da dati Censis e Ismu per il Ministero del Lavoro)

Ma chi sono questi lavoratori stranieri, e quali condizioni di lavoro vengono riservate loro?

Le badanti e le colf della zona Marche Abruzzo arrivano soprattutto dall’Europa dell’Est, dai paesi come: la Romania, l’Ucraina, la Moldavia, la Polonia e l’Albania, ma anche dall’Africa: Marocco, Tunisia, Algeria; dall’Asia: Filippine e dall’America centrale e del sud.

Capita di vedere nelle nostre località piccoli gruppi di donne sedute sulle panchine della piazza, assorte in dialoghi nella loro lingua madre. Sono le collaboratrici domestiche, nel loro momento di svago, o meglio detto di stacco dal lavoro.

CONDIZIONE DI PARTENZA: STATO FISICO PSICHICO

Ma come è la vita di tutti i giorni delle badanti/colf? Cosa sappiamo di queste donne arrivate da sole, dopo aver lasciato indietro figli piccoli e compagno, a fare un lavoro gravoso e usurante, con lunghi turni, senza riposo, accanto ad anziani sofferenti?

La condizione psicologica di partenza, per aver lasciato figli e mariti a casa è tormentata, di continua preoccupazione. Inoltre, accudire un anziano, soprattutto se affetto da gravi problemi di salute è logorante. Capita spesso che l’anziano muoia e dunque ci si confronti con un’ulteriore perdita. Altre situazioni di disagio si presentano quando il lavoratore non beneficia di pause di riposo, sia per mancanza di sostituti, sia per necessità di guadagno maggiore. In questo modo viene ignorata la propria salute. La propria vita viene “sospesa”.

Queste situazioni portano le lavoratrici più deboli ad ammalarsi di ansia, depressione ed altri malesseri derivati, non avendo nemmeno sempre la possibilità di curarsi, in quanto, la loro copertura medica deve essere pagata dal datore di lavoro (non è sempre garantita dal Servizio Sanitario Nazionale).

Delle “Vite sospese” delle badanti si sono interessati, sin dal 2005 anche due neuropsichiatri ucraini. I due medici hanno riscontrato in molte pazienti, rientrate da varie zone del mondo dopo incarichi da badanti nell’Europa occidentale, sintomi comuni; cioè, stress e depressione. I due hanno indentificato una nuova “malattia” che hanno chiamato, Sindrome Italia; vista da altri specialisti piuttosto come un “fenomeno medico sociale”. Caso ampiamente studiato nella Clinica psichiatrica dell’Ospedale rumeno di Iasi, dove le pazienti si recavano per curarsi, in seguito ad una lunga permanenza in Italia o in un altro paese occidentale.

Tutte le pazienti valutate avevano caratteristiche comune, come: aver dato assistenza ad anziani non autosufficienti, mancanza prolungata di sonno, distacco dai figli piccoli – con le preoccupazioni continue che conseguono; distacco dal compagno e dagli altri affetti. Persone intente solo a mandare i soldi alle famiglie, dimenticandosi di vivere.

Al ritorno in patria, le lavoratrici, non supportate adeguatamente dallo stato, devono spendere i risparmi guadagnati così faticosamente per lunghe terapie. Non pochi sono stati casi di suicidio.

Tuttavia le vittime sono ancora più numerose se pensiamo ai minori abbandonati; chiamati “orfani bianchi”; la Moldavia ha il primato negativo in questo senso. Bambini lasciati a casa con i nonni oppure con qualche parente, non per volere ma, per necessità; tra rimanere insieme e trovare soldi per sopravvivere, la seconda soluzione ha determinato la scelta.

CHE COSA SI STA FACENDO IN ITALIA E/O SI PUÒ FARE?

La nostra cultura è caratterizzata da un forte senso civico, dalla solidarietà e dalla giustizia sociale. In effetti, i nostri bei sentimenti, di altruismo e giustizia, si misurano anche col comportamento verso questa categoria di lavoratrici; possiamo dire di essere giusti, quando gli assicuriamo assistenza sanitaria, quando riconosciamo loro un contratto di lavoro adeguatamente retribuito, quando gli rispettiamo le ore di riposo psicofisico. In sintesi, quando ci adoperiamo affinché la loro vita sia meno sacrificata.

Tuttavia, se da una parte bisogna riconoscere ai lavoratori dei diritti, allo stesso tempo bisogna pensare al benessere dell’assistito. Gli anziani devono avere accanto persone adeguatamente preparate e con vocazione; qualità indispensabili.

Un auspicabile progetto, in questa fase di nuovi investimenti e riforme, potrebbe consistere nel qualificare le badanti con un corso accelerato (magari gratuito) affinché acquisiscano le competenze necessarie allo svolgimento dell’attività: competenze che spazino, dalla sicurezza sul lavoro, al primo soccorso medico e ancora, alle nozioni di psicologia dell’età anziana, per arrivare all’alimentazione e all’attività fisica. Apprendimenti utili, per eseguire il lavoro in condizioni ottimali e per offrire agli anziani stessi una qualità di vita migliore.

Offrire giuste condizioni di lavoro ma anche di vita, per tutto il periodo del loro soggiorno è un dovere giuridico ma soprattutto morale. Dobbiamo riconoscenza a queste mamme per supplire alla nostra “mancanza” nell’assistere i nostri anziani; per l’affetto e la cura che danno loro, togliendolo a volte ai propri figli.

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2 commenti

  • Loveth
    24/09/2023 alle 06:14

    Non è così,Le ultime contratti di badante ti annulli completamente, il 36 ore di riposo diventa 24,Le famiglie pretendono una presenza costante senza pensare che le badante hanno bisogno di riposare anche la testa, Finché va avanti così ci sara sempre meno persone disposti a lavorare come badante, Ho smesso per questo motivo ed ne conosco tanti altri come me che hanno fatto lo stesso

    • Ana
      24/09/2023 alle 13:12

      Salve Loveth e grazie dell'intervento! Mi dispiace per le esperienze negative che avete vissuto, lei e le sue conoscenti. Infatti, io nel mio articolo ho voluto sottolineare la sofferenza delle badanti per il gravoso e di grande responsabilità lavoro; la condizione famigliare e sociale difficile che si vive. Speriamo che le persone che assumono le badanti prendano coscienza di tutto ciò e si comportino in modo giusto e solidale. La saluto!

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