Tokyo – “Condividiamo la sofferenza e supereremo le difficoltà insieme. Forniremo il massimo supporto alle persone nelle aree colpite” così il ministro degli Esteri giapponese Yoshimasa Hayashi aveva espresso in una conferenza stampa del 10 febbraio la solidarietà e l’impegno del Giappone verso il popolo turco e siriano annunciando pochi giorni dopo, il 16 febbraio, lo stanziamento di 3613 miliardi di yen (circa 27 milioni di dollari) in “assistenza umanitaria d’emergenza” che sarà fornita a Turchia e Siria attraverso il Programma alimentare mondiale (Pam), Ong ed altre organizzazioni del Sol Levante ed i cui dettagli sono in via di definizione. Governo, enti ed associazioni nipponiche da subito mobilitati: hanno inviato nelle aree devastate aiuti e squadre di soccorso alla prima delle quali, partita già il 6 febbraio, se ne sono aggiunte nei giorni successivi altre composte da team dei Vigili del fuoco del dipartimento di Polizia e della Guardia costiera.
Makoto Hayasaka, comandante dei Vigili del fuoco, ha raccontato la sua esperienza alla stampa: “Abbiamo percorso più di 300 km via terra in Turchia e durante il tragitto c’erano molti edifici crollati e ci siamo resi conto subito della portata del terremoto e dell’entità dei danni. Nelle aree colpite, la temperatura dopo il tramonto scendeva a meno cinque gradi, rendendo ancora più difficile la situazione per i superstiti”. Ha quindi aggiunto: “Trovandoci di fronte ad un disastro su larga scala, siamo stati costretti a spostarci frequentemente da una zona all’altra, ma quando lasciavamo un posto, i sopravvissuti mettendosi le mani sul petto ci dicevano ‘Grazie Giappone’, cosa che ci ha commosso profondamente”.
Forte l’impegno anche in campo sanitario con l’invio di équipe di medici, infermieri ed altro personale paramedico del Japan disaster relief team, accompagnato dalla spedizione di 15 tonnellate di attrezzature mobili necessarie per allestire ospedali da campo e per eseguire interventi chirurgici, con destinazione finale Gaziantep, dove si è verificata la prima scossa che ha danneggiato e distrutto molti ospedali della zona e dove è attualmente ubicata la base logistica del team medico nipponico. All’aeroporto di Damasco invece sono arrivate forniture di soccorso, tra cui coperte e tende, da far pervenire attraverso la Società della Mezzaluna Rossa nelle zone occupate dai ribelli e l’Ambasciata nipponica ha chiesto ed ottenuto rassicurazioni in tal senso dalle autorità siriane.
Solidarietà non solo a livello istituzionale, ma espressa anche con piccoli gesti della gente comune. Studenti turchi e giapponesi dell’Università della Prefettura di Shizuoka lavorano insieme per raccogliere fondi da consegnare all’Ambasciata turca.
Uno studente turco ha detto della sua collega giapponese Hanan Ono che ha vissuto l’esperienza del grande terremoto del marzo 2021: “Hanan è sempre stata al nostro fianco e le siamo grati per aver pianto con noi guardando le immagini del terremoto trasmesse dalla televisione. Fin dall’inizio ci è stata sempre accanto”.
Certamente il sisma di questi giorni ha richiamato alla mente quanto accadde alle 14:46 di quell’11 marzo. Tuttavia il bilancio del terremoto di magnitudo 7,8 di questo 6 febbraio ha purtroppo eclissato rapidamente gli oltre 18.400 morti del triplice disastro provocato dal sisma di magnitudo 9.1, dal conseguente tsunami e dal danneggiamento della centrale nucleare di Fukushima. I sopravvissuti di Shichigahama, una delle città dell’area colpita, ricordano in questi giorni come soccorritori provenienti proprio dalla Turchia rimasero per più di sei mesi nella loro città e nelle zone circostanti, per alleviare le sofferenze dei superstiti impegnandosi in operazioni di ricerca e salvataggio.
“Ho pianto di fronte alle scene della Turchia che hanno riportato alla mia memoria il calvario di 12 anni fa della mia città” ha commentato un cittadino di Shichigahama ed il sindaco della città Kaoru Terasawa, ripensando a quei momenti, ha detto ai giornalisti: “Hanno camminato coraggiosamente tra le macerie per aiutare a trovare le vittime e restituire i loro corpi alle famiglie. Proviamo ancora grande gratitudine verso di loro e desideriamo fare qualcosa per restituire quanto ricevuto e mostrare la nostra riconoscenza”.
C’è chi va ancora più indietro nel tempo, al 1985, al culmine della guerra Iran-Iraq, quando gli aerei della Turkish Airlines salvarono circa 200 Giapponesi bloccati in Iran. Una mano tesa lascia il segno e come diceva Santa Teresa di Calcutta: “Chi nel cammino della vita ha acceso anche soltanto una fiaccola nell’ora buia di qualcuno non è vissuto invano”.